direttore Paolo Di Maira

Vivace, autentico, fonte di scoperta: il cinema che piace alla GEN Z

Fra i premi del Berlinale Co-Production Market, c’è il nuovo Gen Z Audience Award, fortemente voluto dalla nuova direttrice di Berlinale Pro* Tanja Meissner, sponsorizzato dal Franco-German Youth Office (FGYO) e assegnato da una giuria composta da Billy Betulius, Charbel Habib, Constanza Schmidt, Juliette Bultel e Yusuf Celik (leggi qui).

Un premio che ha un forte valore simbolico in un’edizione del mercato che, in sintonia con il festival, è decisamente focalizzata sull’audience (leggi qui). E in modo particolare sul pubblico delle nuove generazioni, che è stato protagonista di molte delle discussioni del mercato, e che è sempre più al centro dell’attenzione del settore: è di questi giorni, ad esempio, l’istituzione del Youth Perspectives Award, istituito dal Sarajevo Film Festival con il Consiglio d’Europa, che verrà assegnato durante la prossima edizione del festival.

Abbiamo chiesto a Billy Betulius quali sono le motivazioni della scelta della giuria, che è caduta su due titoli: se il premio vero e proprio è andato a 30 Days of Summer diretto da Anastasiia Solonevych e prodotto da Aleksandra Kostina per Bosonfilm, la co-produzione Singapore-USA Crocodile Rock diretta da Kirsten Tan, e prodotta da Momo Film Co. & 10minuteslater Films, ha ottenuto una menzione speciale.

30 Days of Summer è la storia di due sorelle ucraine che si ritrovano in un campo militare, dove una lavora come traduttrice per soldati, mentre l’altra intende andare in guerra.

“Ci ha convinto perché ha un forte potenziale internazionale e al tempo stesso è molto personale, visto che si tratta di una storia a cui la regista è legata in prima persona e sa bene di cosa sta parlando: l’abbiamo trovato autentico.”


Crocodile Rock esplora la cultura lesbica underground degli anni ’90 a Singapore, un paese dove l’omosessualità è stata de-criminalizzata solo nel 2023: “ha vari selling points che lo rendono rendono speciale e unico, ad esempio il fatto di essere il primo  film storico LGBTQ+ a Singapore, e di combinare questo aspetto storico con un’atmosfera vivace e colorata.”

Un mix che rappresenta proprio quello che i giovani cercano al cinema, spiega Betulius: quello che a me manca è proprio l’equilibrio fra immergersi in un mondo nuovo, sconosciuto, e il poter imparare qualcosa, crediamo che ci siano tanti temi che possono essere affrontati con quest’ottica, soprattutto in questo momento così duro, dove sarebbe bello che il cinema spingesse il cambiamento.”

Se questo è vero per il contenuto, la forma non può che risentire dall’esposizione mediatica a cui i più giovani sono sottoposti, dominata dalla velocità dei social: “Non dovremmo sottovalutare come abbiamo imparato a ricevere i media: siamo molto abituati a immagini veloci, colorate. Questo deve essere riconosciuto per cercare di capire come intercettare il nostro interesse. Non dico che si debbano fare film che copino questa modalità, ma che in qualche modo ci entrino in dialogo, senza giudicarci dall’alto.”

Pur non dimenticando il fatto che questa è una giuria di giovani studenti di cinema, dunque particolarmente sensibili e sensibilizzati, è comunque un dato significativo metterla in relazione con lo studio sulle abitudini di consumo dei media che la Commissione Europea presenterà in primavera e di cui ha dato alcune anticipazioni all’EFM, all’interno del panel Media Consumption Habits of young people in Europe.

Due i campioni di riferimento dello studio: un segmento compreso fra i 18 e i 30 anni, e gli adulti (da 31 anni in su): i contenuti sui social media sono quelli più seguiti da entrambi i gruppi, dal 45% dei giovani e dal 25% degli adulti. Ma se per gli adulti subito dopo vengono film, serie e documentari (23%), questi sono al quarto posto per i giovani (9%), preceduti dalla musica (23%) e dai videogiochi (12%).
Fra i fattori chiave per la scelta di un film o una serie, entrambi mettono ai primi due posti il genere, seguito da trama-dialoghi-personaggi, ma mentre poi gli adulti guardano a attori, attrici e registi, i giovani sono attratti dal fatto che il prodotto in questione sia parte di un franchise o sia la seconda stagione di una serie amata, e dal fatto di averne molto sentito parlare online, in tv e sulle notizie.

La forza di quest’ultimo elemento, assieme all’attaccamento ai social media hanno fatto la fortuna di una piattaforma come Letterboxd, a cui l’European Film Market ha dedicato un workshop, nel quale l’head of Business della società, David Larkin, ha tracciato la storia e illustrato il funzionamento e le possibilità di questo social nato per connettere le persone esclusivamente attraverso la discussione sui film. Concepito come “una sorta di diario, dove tenere traccia di tutti i film visti o da vedere, condividendoli con gli altri”, e evolutosi negli ultimi anni fino a diventare una sorta di “educazione al cinema” per una nuova generazione di spettatori, nonché un notevole strumento di marketing per le distribuzioni. David Larkin era anche uno dei panelist dell’Industry Session Lost in Translation? Independent Cinema Can Speak to Youth! ulteriore spazio di discussione focalizzato sugli sforzi del cinema europeo per intercettare il pubblico del futuro.

Una delle battaglie più rilevanti del cinema europeo è quella per la diversità, contro l’appiattimento portato dai blockbuster USA e dagli algoritmi delle piattaforme: A questo proposito, Jutta Croll, presidente della Digital Opportunities Foundation, ha toccato un punto interessante, notando come i giovani oggi siano molto più esposti e dunque abituati alla diversità e che “se i giovani spettatori non possono fuggire gli algoritmi, gli algoritmi dovrebbero essere più diversi”.

In tutto questo, la scuola e l’educazione all’immagine giocano un ruolo cruciale, come sottolinea il presidente di Europa Cinemas  Mathias Holtz: “le cifre sulla frequentazione delle sale sono basse, e tuttavia mi sembra incoraggiante che il 38% del pubblico giovane dichiari di guardare spesso o molto spesso contenuto europeo. Circa il 35% delle iniziative che finanziamo con il nostro programma Collaborate to Innovate, che supporta approcci e strategie collettive e innovative per sviluppare il pubblico per il cinema europeo e promuovere la diversità, sono focalizzate sul pubblico dei più giovani, e realizzati anche in collaborazione con le scuole.” 

Fra questi, l’italiano C’ENTRO- Young Media Lab rivolto a sale medio-piccole che operano soprattutto in contesti non metropolitane, che agisce su due livelli: il miglioramento dell’esperienza cinematografica attraverso strumenti prodotti all’interno di laboratori per ragazzi dai 16 ai 25 anni che spaziano dal grafica al montaggio video e audio, alla programmazione web alla direzione di progetti; e la promozione di quattro programmi di proiezioni dedicati al pubblico giovane e alle scuole. Capofila è il Teatro Supercinema di Santarcangelo di Romagna, che coordina un network composto dal Cinema Eliseo Multisala di Cesena – Cinema Stensen di Firenze (e Cinema Astra) – Sala Truffaut a Modena – Astra a Parma – PostModernissimo di Perugia – Cineclub Arsenale a Pisa – Cinema Teatro M. M. Boiardo a Scandiano.

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