Fra i progetti del programma ScriptLab del TorinoFilmLab che sono stati presentati alla 17° edizione del TFL Meeting Event The Hallucinations era l’unico progetto italiano. Lo ha scritto e lo dirigerà Andrea Gatopoulos, regista e produttore italo-greco, basato a Roma.
The Hallucinations è un film in costume molto contemporaneo la cui idea nasce da una location: palazzo Yusupov a San Pietroburgo, il luogo dove è stato ucciso Rasputin, un edificio sfarzoso di richiamo tardo barocco occidentale.
“Visitandolo, ho avuto la sensazione di essere un effetto collaterale, non previsto nei piani di coloro che lo costruirono e che all’epoca erano onnipotenti. In una delle stanze da letto mi sono immaginato cosa sarebbe successo se avessi potuto avvertire la principessa che dormiva là, che la loro storia sarebbe finita, che avrebbero perso tutto e sarebbe diventato un museo, merce per gente comune.” Racconta il regista.

Da qui è nato il personaggio della principessa Elizaveta, le cui allucinazioni sonore (di cui ha ‘sofferto’ fin da piccola, quando la musica dei Beatles, ad esempio, si infilava nelle sue orecchie), diventano visive non appena sposa il re dello stato vicino e si trasferisce nel palazzo reale. Da quel momento inizia a vedere il museo che prenderà il posto del palazzo e capisce che dietro questo c’è un sistema in decadimento.
Un progetto ambizioso, “ad alto budget, che avrà à una gestazione lunga, e per il quale sarebbe ideale una co-produzione europea”. Spiega Gatopoulos, che di solito produce e distribuisce i propri lavori. L’incontro al TFL Meeting Event è anche l’occasione per parlare di The Eggregores’ Theory, il corto che ha recentemente presentato a Venezia, in apertura della Settimana della Critica, interamente realizzato con intelligenza artificiale.
The Eggregores’ Theory è realizzato interamente con stills pittoriche “a metà fra Henry Cartier Bresson e Francis Bacon, immagini che rappresentano il lavaggio del cervello a cui il narratore del film è stato sottoposto: lo spettatore si accorge piano piano che quello che racconta, una sorta di pandemia in cui una parola diventa velenosa e letale, è incoerente e poco affidabile”. Spiega il regista, che per realizzarlo, ha usato MidJourney, un programma che a partire da prompt testuali, produce immagini attraverso una tecnica chiamata “generative adversarial networks” (GANs)
“É difficile giungere all’immagine che hai in mente perché generalmente l’ AI ti riporta su cose molto standard, quindi devi cercare di farla ‘inciampare’ per condurla dove vuoi tu. Credo che per lavorare con l’AI e produrre qualcosa di bello ci voglia una competenza sulla semantica delle immagini, in realtà è un mezzo per tecnici puri. Penso che diventerà un genere parallelo, con i suoi festival e i suoi premi. La vedo come un qualcosa a metà fra il cinema d’animazione, una lampada magica, e un archivio paradossale, che ha tutte le immagini del mondo che noi tiriamo fuori con prompt.
L’Ai dunque come parte del cinema e non deus ex machina che lo controllerà ?
Interagendo con AI ti rendi conto che quella della macchina è una performance, la vita che ha è quella che tu ci soffi dentro. Non farà mai arte da sola, può solo copiare. Ma il pubblico non è interessato ad un’opera d’arte che non ha dietro l’umano. Credo che per come è pensata, l’AI non abbia il potenziale di rimpiazzare il cinema perché non è in grado di essere specifica: devi essere tu ad adattarti, è dunque un altro approccio al cinema. Fare cinema con l’AI è paradossalmente molto artigianale!
“A essere pessimisti, chi potrebbe soffrirne di più saranno le società di post o di mix perché strumenti ci faranno risparmiare moltissimo tempo e lavoro” conclude Gatopoulos.
A questo proposito, è interessante segnalare quanto è emerso dal l’incontro ospitato dal Torino Film Industry, La figura del doppiatore, tra Intelligenza Artificiale, nuove sfide e tradizione, che ha visto protagonista l’ANAD – Associazione Nazionale Attori Doppiatori insieme ad O.D.S. storica società di doppiaggio torinese.
“Il settore del doppiaggio è stato sempre aperto all’evoluzione tecnologica – ha spiegato Daniele Giuliani, presidente di ANAD dal 2020. -Noi oggi lavoriamo con il Pro Tools che è uno strumento meraviglioso che consente di fare qualunque cosa con le incisioni dei nostri doppiatori; ma non ci dobbiamo dimenticare che la scelta alla base che determina l’uso di questo strumento è sempre una scelta umana. Con l’ANAD stiamo portando avanti in questi anni un confronto con le Istituzioni italiane ma non solo, un anno fa abbiamo portato queste questioni all’attenzione anche della Commissione europea, perché le Istituzioni sono chiamate a tutelare le forme artistiche – ha proseguito Giuliani.

“Sarebbe molto utile, ad esempio, realizzare un ‘watermark digitale’ sulla voce, una sorta di impronta digitale elettronica che porti con sé tutte le informazioni distintive, diverse per ogni singolo individuo, ci stiamo lavorando ma è un processo complesso. Un altro pericolo sempre legato alla strumentalizzazione tecnologica è la microcriminalità, che è già in atto, come furti della voce e riproduzioni vocali non consentite.Oggi il vero tema – ha concluso il presidente di ANAD – è che le grandi società pensano che con l’Intelligenza Artificiale possano risparmiare sostituendo il lavoro dei professionisti con il lavoro artificiale. Ma se il pubblico si opponesse a questo uso sbagliato dell’AI sono sicuro che le grandi aziende cambierebbero atteggiamento perché il mercato è fondamentale ed è fortemente influenzato dall’opinione degli spettatori. Quindi il nostro compito è continuare a sensibilizzare il pubblico e far capire che il lavoro umano e artistico hanno un valore che nessun lavoro artificiale potrà mai avere e se ci si innamora di un personaggio di un film o di una serie è anche e soprattutto per alcune piccole sfumature nei suoi movimenti o nella voce, che nessuno strumento digitale sarebbe in grado di riprodurre, perché l’arte è meravigliosa nelle sue imperfezioni”.