direttore Paolo Di Maira

Immersive Competition: i pionieri e il mercato

From Dust dell’olandese Michel van der Aa è il progetto vincitore della seconda edizione della Competizione Immersiva al Festival di Cannes: un viaggio immersivo e personalizzato di 24 minuti all’interno di un’opera (musicale) non tradizionale e ricreata in realtà virtuale, con un ambiente sonoro elettronico che si fonde con le voci incantatrici dell’ ensemble vocale Sjaella. E dove ogni performance è ‘calibrata’ a misura dello spettatore, grazie a un uso avanguardisti dell’intelligenza artificiale. 

From Dust faceva parte di una selezione di 16 opere provenienti da 9 paesi e di cui 9 erano in Concorso, 2 Fuori Concorso e 5 parte del Focus sul Lussemburgo. A decretare il vincitore, una Giuria presieduta dal regista francese Luc Jacquet, e composta dalla musicista e scrittrice americana Laurie Anderson, dall’autrice e performer francese Tania de Montaigne, dalla regista, sceneggiatrice e artista britannica Martha Fiennes e dal video game creator giapponese Tetsuya Mizuguchi.

Jacquet ha parlato “dell’emergenza di una nuova forma narrativa, ancora imprecisamente chiamata arte immersiva, un termine troppo ampio per catturare la ricchezza e la diversità dei linguaggi che nascono dalla tecnologia. Come giuria siamo stati chiamati a confrontarci con queste voci avveniristiche e ambiziose e a selezionarne una, compito mai facile. Le abbiamo approcciate dalle nostre diverse prospettive e abbiamo condiviso la sensazione di essere parte di un settore che sta ancora prendendo forma, ma che è ricco di promesse.”

E anche per agevolare il compimento di queste promesse, quest’anno il Concorso è stato affiancato dal primo Immersive Market, che si è svolto sulla barca Art Explora e nell’Immersive Village (leggi qui)

L’Art Explora, cuore dell’iniziativa è stata la casa, dal 13 al 19 maggio, di sessanta curatori di musei, di spazi culturali e programmatori di parchi di divertimento di tutto il mondo, selezionati anche per valutare la potenzialità distributive e commerciali delle opere In e Fuori Concorso, che sono state oggetto di un’intensa attività di incontri one to one.

“Essendo il primo anno è difficile misurare l’impatto ma i feedback di curatori e produttori sono molto entusiastici perché è la prima volta che si sentono di avere in fronte persone che possono attivare progetti . La sensazione è che potrebbero essere firmati degli accordi nei prossimi mesi”. Rivela a Cinema&Video International Elie Levasseur, Head of the Immersive.

Se nella produzione virtuale le location cinematografiche possono essere riprodotte smarcandosi dalla necessità di portarci fisicamente i set, l’importanza dei luoghi torna di primaria importanza nel momento della fruizione di queste opere. Se è vero che, spiega Levasseur, sono essenzialmente due le modalità di distribuzione, online e on location, è altrettanto vero che “l’audience online di questo topo di lavori è piuttosto scarso, dato che il tasso di penetrazione degli ‘headsets’ (cuffie con microfono integrato, n.d.r.) è piuttosto scarso: chi li acquista sono soprattutto ‘hard core gamers’ ossia i fruitori di giochi in realtà virtuale.  
Quelli selezionati da noi sono invece progetti di tipo più narrativo, per questo abbiamo scommesso più sulla distribuzione ‘on location’, aprendo il mercato a questo tipo di curatori.”

Si tratta principalmente di  spazi culturali di tipo espositivo, di musei…le sale cinematografiche potranno costituire un’alternativa?
Per l momento non esistono veri e propri luoghi dedicati.
Il cinema è sì un’opzione, abbiamo un esempio a Parigi, dove MK2 aprirà a breve uno spazio dentro il cinema dedicato all’immersività, ma al momento sicuramente ci sono più opportunità nei musei e luoghi culturali.

Due delle opere sono co-prodotte da France Televisions: Battlefield, che immerge lo spettatore nella battaglia di Verdun, e In The Current of Being, che fa rivivere l’esperienza di Carolyn Mercer, sottoposta a terapia di conversione volta a correggere con l’elettroshock il suo desiderio di cambiare sesso. L’utente, seduto su una sedia di legno, indossa guanti e giubbotto tattili attraverso cui, mentre ascolta le parole di Carolyn, viene connesso al ritmo del suo cuore, alla cadenza del suo respiro, e alle scosse delle procedure a cui è stata sottoposta.
France Tv al momento costituisce un’eccezione in Europa: per i broadcster è un po’ difficile pensare di distribuire queste opere sul loro canale o in un’applicazione, non esiste per loro un modello di business. Eppure France TV è intenzionata anche ad auto-produrre opere location-based e a distribuirle attraverso France Tv distribution.

In the current of Being (©️Michael-Jan)

Veniamo ai costi di realizzazione e di fruizione di queste opere
Siamo intorno a “300 mila euro per un’opera di 10 minuti in VR, anche se ce sono alcune che costano anche 1 milione di euro. Certo, rispetto al cinema si tratta di lavori low budget, ma anche la durata è più contenuta.

Levasseur traccia un paragone con il cinema delle origini:

“Mi sento come negli anni 20 quando il cinema è stato inventato: È un medium ancora in progress, a cui si avvicinano e sperimentano artisti di diversi background, dal teatro, ai giochi al cinema stesso. Forse un mezzo non ancora maturo, ma d’altra parte anche il cinema ha avuto bisogno di essere fissato come linguaggio e come tecnologia. Abbiamo circa 10 anni di vita, e forse ne dobbiamo aspettare altrettanti, artisticamente e anche per quanto riguarda il business model.”

Come il cinema pre-Lumiere, uno dei suoi limiti tecnici  è il fatto che si tratta spesso di opere che prevedono uno spettatore alla volta…
Nel mondo del cinema tradizionale si dice che il cinema è collettivo, la VR è individuale. Sicuramente era così all’inizio ma sempre di più artisti, produttori e distributori stanno abbracciando esperienze collettive e si sta lavorando a quelle che si definiscono ‘large scale immersive esperiences’. Come la mostra sugli impressionisti al Museo d’Orsey di Parigi che poteva ospitare 100 persone alla volta. 
Proprio per combattere questa credenza l’anno scorso in Concorso avevamo solo multi-users experiences. Quest’anno invece ne abbiamo avute sia stand alone che collettive ma il trend è di andare più verso queste ultime.” 

From Dust, però, prevede uno spettatore alla volta (n.d.r.)

Ma se nel cinema delle origini  l’attenzione era più sull’artificio tecnico che sulle storie, la fase dello stupore tecnologico per le opere in mostra a Cannes è superata a vantaggio della narrazione. 

“E la sensazione è proprio quella di essere di fronte ad un’opera audiovisiva, dove a emozionare è prima di tutto la narrazione. Battlefield ad esempio, è un’opera in costume, che ti catapulta all’interno della battaglia di Verdun con attori, scenografie, costumi pazzeschi. E la sensazione è proprio quella di essere di fronte ad un’opera audiovisiva, dove l’immersione narrativa prevale sullo stupore tecnologico.”

Lo asserisce Cristina Priarone, Senior Curator delle attività audiovisive per Opera Digitale, una divisione di Opera Laboratori, che gestisce 89 locations in Italia (su uno spazio espositivo globale di 10 mila metri quadri) e dispone di un budget annuale di 5 milioni di euro dedicati all’immersività. 

Cristina Priarone

Priarone era una dei 60 curatori del mercato: l’unica a rappresentare l’Italia assieme a Maria Grazia Mattei, fondatrice e presidente del MEET Digital Culture Center di Fondazione Cariplo.

“In questi giorni abbiamo visto a Cannes Stories of Surrender, il documentario di Andrew Dominik dove lo spettatore è immerso in una visione a 180° che lo colloca idealmente sul palco, accanto a Bono. Lo distribuisce Apple TV +. Nel frattempo in questo mercato, che per la prima volta ha portato  un’opera immersiva all’interno della catena audiovisiva, vediamo intervenire sempre più marcatamente players come France Television: segnali molto interessanti su dove ci stiamo muovendo.”

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