Si è svolto a Firenze, all’interno del Festival dei Popoli (1-7 dicembre) Doc at Work. Il workshop con cui il festival quest’anno si è aperto all’industry aveva come punto focale i 2 giorni di pitch, uno dedicato ai progetti in fase di sviluppo e l’altro ai rough cut di sette nuovi documentari. E ad ogni presentazione faceva seguito il commento, pubblico, degli esperti (buyers e commissioning editors), che poi potevano ‘approfondire il discorso’ con registi e produttori negli incontri individuali.
Molti degli esperti hanno espresso il loro apprezzamento per la selezione dei progetti, ampia e diversificata come diversificata era la platea degli interlocutori-professionals coinvolti: dai canali generalisti (Rai 2) quelli più sperimentali (La Lucarne) passando per vari distributori, la neonata Sky Arte (1 anno il 1 novembre), la tv nazionale croata, France 3 Corse dedicata al Mediterraneo…
“Auntie” di Manu Gerosa e “Mr Gaga” di Tomer Heymann sono stati i progetti che hanno riscontrato più interesse.
“Auntie” racconta come la decisione del regista di filmare il rapporto tra due sorelle (sua madre e sua zia) porti le due a aprirsi in modo inaspettato, e a confrontarsi con le loro paure più nascoste e con un segreto inconfessabile.
“Mr Gaga”, suggestivo ritratto di uno dei coreografi più innovativi, Oda Naharin, è uno dei pochi progetti “papabili” per Sky Arte, rivela il suo rappresentante Guido Casali, mentre Luca Macciocca di Rai Due, alla ricerca di “un impianto narrativo molto forte un’ immediata presa sul pubblico” cita (oltre a “Auntie”) “Rainbow Farm”: storia una coppia hippy e gay, e del loro tentativo di costruire una comune nel Michigan, finito in uno scontro violento con le forze di polizia subito prima dell’11 settembre.
Altre televisioni pubbliche sono invece sensibili ai cosiddetti film ‘d’atmosfera’ : la croata TV HRT (rappresentata da Robert Tomić Zuber) è molto tentata da “Lika” di Zrinka Matijevic. Forse perché in Croazia gli spettatori sono molto abituati a vedere i documentari in tv, o perché “Lika” è un progetto croato, fatto sta che, chiosa Zuber “si tratta di una cosa nuova, un mettere in immagini la poesia, una cosa che il mio canale non fa, ma che potrei tentare come esperimento, perché in progetti come questi non si deve pensare all’audience ma alla possibilità di ‘educare’ il pubblico e dare all’arte una chance in più”.”
Fra i preferiti di Zuber, anche “Auntie” (che definisce “un caso particolare dove è il film stesso che fa scaturire il dramma”) e l’iraniano “Wedding” (in cui il regista Mohammadreza Farad ripercorre con noi il suo viaggio malinconico e dolce amaro fatto rivedendo i video dei matrimoni nei giorni della separazione).
Gli stessi tre progetti sono citati anche da Jean –Emmanuel Casalta (France Télévision/France 3 Corse Via Stella), che dice: “’Aunty’ mi ricorda quelle commedie tragicomiche italiane degli anni 70: trattandosi di un documentario è molto interessante”
“Aunty” è citato anche da Luciano Rigolini di ARTE-France/La Lucarne, un‘faro’ per gli autori, sia per la sua forte personalità e per le critiche, decise e costruttive, sia perché, come spiega egli stesso:
“Siamo rimasti praticamente l’ultima spiaggia per i documentari di creazione. Cerco l’impossibile perché lo spazio che ho è unico, è un’utopia aperta all’avventura del linguaggio. Cerco lavori che rinnovino il genere; per me un film non è un soggetto ma un rapporto forte fra una forma e un contenuto e vorrei trovare forme impertinenti di narrazione della realtà. Qui a Firenze ho visto che ci sono delle risposte, ho conosciuto dei giovani talenti”.
Questo botta e risposta immediato fra autori e esperti è più tipico del mondo del documentario che di quello dei lungometraggi di finzione, come spiega Stefano Tealdi, produttore e moderatore del workshop. Ed è molto legato alla volontà di realizzare coproduzioni: “negli anni 90 si sono cominciati a fare i pitching forum per volontà delle televisioni che cercavano una via per le coproduzioni (non si co-producevano i documentari prima di allora), e il pitching pubblico era funzionale a questo. Credo che la selezione fatta da Manuela Buono sia stata particolarmente azzeccata, c’è molto bisogno di progetti di questo tipo cioè non direttamente rivolti alle televisioni, di stampo più cinematografico.”
“L’ho trovato un esperimento di mix interessante fra pitching frontale classico e presentazione di rough cut perché di solito, nei mercati più piccoli si sceglie di fare una delle due cose.” Afferma Stefan Kloos di Rise and Shine World Sales. “La fase del rough cut è molto delicata, richiede sforzo e coraggio perché è il momento in cui l’autore decide di uscire dalla ‘stanza del montaggio’ per presentarsi al mondo, può implicare il dover tornare indietro e perdere altro tempo. Ne vale la pena, però, perché si ha l’opportunità di ripensare e rimodellare i progetti, potenziandoli. “Mr Gaga”, ad esempio, lo conosco da tempo, e due anni fa l’ho rifiutato, ma adesso è cambiato molto ed è stato sviluppato deliziosamente. Un progetto che mi è piaciuto molto è anche “Just Kids” di Tamara Tal, una filmmaker di talento abbiamo distribuito il suo film “Life in Stills”.
A conferma dell’utilità dei rough cut, è emblematico il ricordo di Stefano Tealdi della presentazione del progetto di Malik Bendjelloul agli esperti, a Bardonecchia: “tutti chiedevano all’autore dove fosse l’interesse di una storia come quella”. Che poi, anche grazie alle loro critiche, e ai loro suggerimenti è diventata…“Searching for Sugar Man”.