Se ne è parlato all’interno del Focus The Times They are a Changin’? Come rendere l’industria cinematografica più paritaria: Formazione? Risorse? Potere? Diversità?, organizzato da Laboratorio Immagine Donna durante il Festival Internazionale Cinema e Donne di Firenze diretto da Paola Paoli, la prima manifestazione di genere in Europa, nata nel 1978, (quest’anno la 38esima edizione al Teatro della Compagnia, dal 5 al 9 novembre).
La parità e molto più lontana di quanto si immagina, ed è proprio per questo che è un problema sottovalutato: “i dati sono fondamentali per creare la consapevolezza e poi passare all’azione” ha dichiarato Ellen Tejle, membro di WIFT (Women in Film and Tv) della Svezia, che assieme a Livia Podestà, Media Relations Manager allo Swedish Institute di Stoccolma, ha aperto il seminario partendo proprio dall’esperienza della Svezia, paese leader in Europa nelle politiche di pari opportunità, eppure, precisa Podestà “c’è ancora molta strada da fare prima di arrivare alla parità”.
C’è vitalità anche fuori dalla Svezia: dall’iniziativa di Geena Davis negli Usa (l’attrice premio Oscar ha fondato l’omonimo istituto che si batte per la parità di genere nei media), alle varie iniziative europee (dall’Inghilterra alla Norvegia, alla Spagna, fino ad arrivare alla costituzione del EWA –European Women’s Audiovisual, il network europeo con sede a Strasburgo e oltre 15 mila associate), tutte ‘figlie’ di Cinema e Donne, come riportato nell’ultimo rapporto sul Mercato e l’Industria del Cinema in Italia redatto dal MiBACT che cita il festival fiorentino come eccellenza europea.
Dallo studio condotto da Iole Maria Giannattasio e Federica D’Urso del Centro Studi del MiBACT che ha dato conto dell’Italia nella ricerca EWA, risulta che il 42% degli studenti di cinema italiani sono donne, ma che solo il 25% di coloro che poi lavorano nel cinema sono donne, sono donne solo il 7% dei registi, e solo l’11% del sostegno del governo al cinema è andato alle donne. Meno del 3% dei film che vediamo al cinema, infine, sono diretti da registe.
I numeri sono importanti, e bisogna partire da quelli.
Così ha fatto Ellen Tejle, che dirige la sala d’essai Cinema Bio Rio nel centro di Stoccolma, dove si proiettano film indipendenti di tutto il mondo, con un forte attenzione ai diritti umani. “Quando ho fatto il conto, però, ho capito che anche nei film del mio cinema mancava la parità…”, ha detto Tejle che si è inventata così A-Rate, il sistema di “classificazione di parità di genere” per i film, che ha ottenuto un successo planetario e la sta portando in giro per il mondo (anche grazie a uno studio americano, che prontamente ha dimostrato che i film che passano il test guadagnano di più al botteghino)
A-Rating parte dal test di Beckdel e Wallace del 1984, che ‘certifica’ la parità, o meglio un’adeguata rappresentazione femminile, basandosi su tre semplici quesiti:
1) Ci sono due donne con due nomi propri nel film?
2) Queste due donne parlano fra loro?
3) Queste due donne parlano di qualcosa che non siano gli uomini?
I film che per i quali si può rispondere sì a tutte e tre le domande, conquistano un A, stampato sulla locandina, e proiettato anche sullo schermo, prima dell’inizio del film stesso
Oggi l’A- rate è usato da quasi tutti i cinema in Svezia, e essendo anche open source (il logo è scaricabile gratuitamente dal sito www.a-rate.com) si sta diffondendo in tutto il mondo, anche in Cina e in Brasile, dove è già attivo in 20 sale brasiliane.