direttore Paolo Di Maira

FIRENZE /Bong Joon-ho incanta il pubblico e promette che tornerà

Tornerà al Florence Korea Film Festival per presentare il suo nuovo film, Mickey 17: è questa la promessa con cui il premio Oscar Bong Joon-ho lascia il pubblico che ha riempito il Cinema La Compagnia di Firenze entusiasta di averlo ascoltato per due ore.

Non solo, “Sarei felice di girare da voi un giorno” ha detto Bong Joon-ho, rispondendo alla sollecitazione del presidente del consiglio regionale, Antonio Mazzeo, che consegnandogli il Pegaso Alato, simbolo della Regione, l’aveva invitato a considerare “certi borghi toscani che si presterebbero particolarmente bene a essere il set di uno dei suoi film”.

Il sindaco Dario Nardella ha invece consegnato una pergamena. 

E in effetti c’è un legame speciale che lega Firenze e la Toscana a Bong Joon- ho: proprio il festival di cinema coreano guidato da Riccardo Gelli dal 2002, aveva fatto da “apripista alla carriera del regista, organizzando la sua prima retrospettiva europea nel 2010, quando aveva realizzato quattro lungometraggi, e non era molto conosciuto. Siamo orgogliosi di ritrovarlo a 12 anni di distanza, dopo l’Oscar e tutti i suoi successi” Dichiara il critico cinematografico Marco Luceri, che assieme ai colleghi Caterina Liverani e Luigi Nepi ha condotto la masterclass.

Il regista ha parlato del grande amore per il cinema italiano, iniziato da giovanissimo con la visione Ladri di Biciclette, il film che assieme a Psyco, gli è rimasto più dentro: “Avevo dieci anni e non sapevo ovviamente niente di neorealismo, ma mi era stata regalata la mia prima bicicletta per il compleanno, che proprio un mese prima di vedere il film mi fu rubata!”

Sollecitato sulla difficoltà del cinema italiano di fare critica sociale attraverso l’uso del genere, cita il lavoro dei registi che più gli piacciono, dell’epoca in cui studiava cinema: Elio Petri e Marco Bellocchio, di cui ricorda una cena a Lione, in cui “ero emozionatissimo di sedere assieme a lui, ma lui era molto silenzioso e alla fine non ci siamo detti niente, limitandoci a fissarci al di sopra delle nostre zuppe”). Dei giovani, ribadisce la predilezione, già espressa in passato, per Alice Rohrwacher, di cui ha apprezzato molto Lazzaro Felice.

Ironico e schietto (a una ragazza che gli ha rivelato di avere smesso di mangiare la carne dopo aver visto il suo Okja, seguendo il suo stesso esempio, ha candidamente confessato “ma io ho appena mangiato carne a pranzo…”), ha poi parlato del grande sforzo che rappresenta per lui la scrittura delle sceneggiature (“il mio sogno è trovare un baule con dentro sei o sette sceneggiature già pronte..”) e del suo grande amore per il disegno, da bambino, che ha trasferito negli storyboard che realizza personalmente (“ne faccio tantissimi, un po’ per questa passione, un po’ perché non mi sento così sicuro, e questo mi tranquillizza al momento delle riprese”).
Dei set di Parasite, meticolosamente ricostruiti attraverso un grande lavoro con i set designer per veicolare al meglio l’idea di verticalità, e di quelli di Mother, che, al contrario, è stato prevalentemente girato in esterni. “Ho girato tutta la penisola per trovare la location giusta per questo film: volevo trasmettere l’ossessività, la possessività di questa madre non solo attraverso la recitazione dell’attrice, ma anche con i luoghi, e penso che questi aspetti risaltino ancora di più in banco e nero.”  

La versione in bianco e nero di Mother è stata poi presentata in serata, a conclusione della giornata dedicata a Bong Joon-ho, che sta facendo un lavoro di trasposizione al bianco e nero di alcuni suoi film.
Un amore che forse viene anch’esso dall’infanzia, dalla visione di Psyco, a nove anni “il sangue di Psyco, che ho visto a 9 anni in tv in bianco e nero, io lo ricordo rosso”.

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