di Adriana Marmiroli
Sono un tecnico “” dice il direttore di Filmitalia Carla Cattani “” ho difficoltà a capire in questo momento di polverone cosa accadrà veramente.
Per noi resta prioritario continuare a restare operativi.
La presenza italiana a Cannes si deve un po’ anche al lavoro da noi svolto nel tempo con il direttore del Festival e con quello della Quinzaine, con cui abbiamo costruito un rapporto di fiducia a confidenza.
L’Italia è uno tra i pochissimi paesi al mondo dove sono proprio i massimi vertici a spostarsi per visionare i film, e non noi che li inviamo “nel mucchio” a Parigi.
E’ ovvio che le proiezioni, se fatte a Roma, avvengono in un contesto e con la persona giusta per valorizzarle, capirle.
Ben diversamente sarebbe se il film si disperdesse nel marasma di titoli che pervengono ai selezionatori dei festival genericamente intesi”.
Insomma interrompere questa rete di rapporti sarebbe rischioso per il nostro cinema.
E quello di Cannes non è che uno tra i tanti esempi.
“Il nostro cinema “” come la moda – ha bisogno di sfilare, delle luci della ribalta dei festival per essere venduto all’estero.
E di un marketing culturale”.
Per questo il cinema è festival, ma anche manifestazioni che lo abbinino ad altro: allo sport, per esempio (vedi la rassegna cinema e sport che si terrà a Pechino per le Olimpiadi), o ai libri (essendo l’Italia paese “ospite d’onore” alla grande kermesse libraria internazionale di fine anno a Guadalajara, in Messico, non potrà non essere rappresentato il nostro cinema e già si sta lavorando in questo senso).
“In tutto siamo 14 persone “” spiega ancora Cattani “” 3 laureati in diritto internazionale, 10 in cinema, tutti bi-trilingue.
Insomma siamo superspecializzati e professionalmente agguerriti.
Non importa dove ci faranno operare.
Tuttavia non so che ne sarà di noi”.
Anche perché il cambio societario avviene a cavallo di un (molto) probabile cambio di gestione: del ministro ovviamente, degli organi societari di Cinecittà Holding e della direzione generale cinema quasi certamente.
La decisione sul futuro della società di promozione del nostro cinema è recente e ha vivacizzato il dibattito tra addetti ai lavori in questo scorcio di primavera.
Alessandro Battisti, presidente di Cinecittà Holding, e il CdA della società pubblica hanno a più riprese e molto ufficialmente assicurato che tale delibera, prevista dal piano di riassetto e risanamento della Holding del 2006, non prevede “alcuna penalizzazione dell’attività finora svolta da Filmitalia, perché la scelta di Cinecittà Holding non è quella di procedere alla messa in liquidazione della controllata.
E’ invece ferma intenzione della Holding di valorizzare tutte le professionalità e il patrimonio di esperienze e di lavoro presenti all’interno di Filmitalia, continuando e sviluppando l’attività fin qui svolta dalla società stessa che viene unanimemente riconosciuta come un’attività di grande valore e apprezzata in tutto il mondo.
Sono questi i motivi per cui il CdA ritiene che il marchio Filmitalia debba rimanere, seppure come divisione all’interno di Cinecittà Holding.
Il processo di fusione richiederà circa sei mesi di tempo, che verranno utilizzati per proporre a tutte le associazioni delle categorie del cinema un incontro per decidere insieme su un percorso condiviso”.
E a questo proposito si fa un lungo elenco di interlocutori, da “Anica, Api e Cinecittà Holding e tutti gli altri soggetti interessati, come le Film Commission” a “tutte le realtà del cinema, dai sindacati ai registi e alle associazioni di categoria” (si noti come ancora una volta Unefa non è compresa nel novero degli interlocutori direttamente nominati, se non all’interno di un generico “tutti gli altri soggetti interessati” e “associazioni di categoria”).
A titolo di rassicurazione della continuità dell’opera della struttura di Filmitalia si ricorda che al presidente Irene Bignardi è già stato richiesto di “dirigere l’attività di promozione del nostro cinema all’interno del Gruppo Pubblico”.
A monte di questa fusione, la riflessione che “fino a oggi l’attività di Cinecittà Holding si è concentrata nella promozione all’estero attraverso due soggetti distinti e separati: uno per il cinema classico collocato all’interno della stessa Holding e l’altro, Filmitalia, per il cinema contemporaneo.
Si è anche rilevato che i finanziamenti pubblici per la promozione del cinema italiano all’estero risultano, allo stato, frammentati e divisi tra vari soggetti, nessuno dei quali, però, è coordinato all’interno di un’unica strategia”.
Insomma: “Non è nostra intenzione diminuire o cancellare questa attività di sostegno al nostro cinema, al contrario la decisione nel merito di Filmitalia costituisce il primo atto necessario al fine di dare vita a una strategia più ampia e coordinata di promozione all’estero”, facendo in modo che non solo gli interventi non vengano più a sovrapporsi, ma che anche i risparmi di gestione si riversino nel settore. In soldoni: la semplice incorporazione di Filmitalia produrrebbe un risparmio di circa “500mila euro sulle spese di gestione, pari al 20% dei costi”.
Non poco, su un bilancio nel 2007 di circa 2milioni di euro (più qualche centinaio di migliaia di extrabudget con fonti di finanziamento diverse e non quantificabili con precisione), di cui 550.000 destinati agli stipendi lordi del personale (presidente escluso).
E le risorse complessive, “non solo quelle di Filmitalia”, per la promozione del nostro cinema, sono state quantificate dallo stesso presidente di Cinecittà Holding in circa 8milioni all’anno.
Ma sono sufficienti per vedere inceppata una delicata macchina che, dopo un lungo rodaggio, pare finalmente lanciata?
E intanto hanno iniziato ad alzarsi le voci di quelle categorie che si vorrebbero interpellare (Barbagallo, Tozzi, Giordana).
Da qui, oltre a posizioni di sostegno per Filmitalia, sono scaturite altre proposte, altre ipotesi di lavoro, come quella di creare una società mista pubblico-privato”¦
Insomma una fusione certa, certissima, anzi probabile.