“Qualcosa si sta muovendo, ma c’è ancora molto da fare”. Riccardo Tozzi non ha dubbi: l’industria audiovisiva italiana deve ancora sviluppare un proprio modello di esportazione. Gli ultimi dati utili sull’argomento rilevano un volume d’affari sul mercato estero del cinema nazionale prodotto nel quinquennio 2006-2010 pari a 45 milioni di euro (fonte Ufficio Studi Anica), con una forte penetrazione nell’area europea e un andamento essenzialmente costante, mentre la fiction tv registra un calo del 58% delle esportazioni tra il 2006 e il 2012 (fonte Rapporto Fondazione Rosselli), a fronte di pochi titoli italiani campioni di vendite.
“In Italia non abbiamo mai fatto una politica di promozione né adottato strumenti specifici per l’accesso ai mercati internazionali, a differenza della Francia, che con UniFrance rappresenta un modello. Ma qualcosa negli ultimi mesi è cambiato”. Segnali incoraggianti, “che indicano una direzione e lasciano intravedere un possibile cambio di rotta”.
Cosa è accaduto?
Per la prima volta l’audiovisivo è stato riconosciuto dal Ministero dello Sviluppo Economico come una delle categorie industriali del Made in Italy, conferendogli un’identità di eccellenza italiana. Questo significa che non ci si limiterà a organizzare retrospettive sul cinema italiano all’estero, ma che si farà un lavoro di penetrazione nei diversi mercati. Per rendere l’idea, si passerà dai 700-800mila euro di stanziamento ai 4 milioni di euro: un bel salto di qualità.
Come verranno ripartiti questi fondi e chi li gestirà?
Parte dei fondi saranno destinati ai distributori stranieri che distribuiscono film italiani, come già accade in altri Paesi. Spetterà all’Ice il compito di fungere da canale di erogazione dei finanziamenti.
Sarà importante lavorare parallelamente sul prodotto?
Assolutamente si, quello che dobbiamo fare è ragionare soprattutto sul prodotto, studiando bene il caso francese. La Francia si è conquistata una fetta di mercato sulla commedia, mentre noi facciamo commedie poco esportabili. Non serve esportare il singolo titolo, perché quella che si deve portare all’estero è una cinematografia. Dobbiamo farci un’immagine forte e riconoscibile. I francesi ci sono riusciti: quando esce una loro commedia, il pubblico sa cosa aspettarsi e va in sala. Lo dimostra anche il successo dei tanti remake di commedie francesi realizzati in Italia, da “Benvenuti al Sud” in poi. Noi siamo ancora sull’esportazione occasionale, il cinema che vendiamo all’estero è quello autoriale, i film che passano al festival di Cannes, per rimanere in tema.
Sorrentino, Garrone e Moretti ne sono la dimostrazione…
Certo, sono autori riconoscibili e tre su quattro fra i titoli italiani selezionati a Cannes sono stati girati in inglese. Chiaro che avranno maggiori chances sui mercati internazionali. Però va sottolineato anche un altro aspetto: i film esportabili sono normalmente ad alto budget – i “piccoli” film-fenomeno sono più che altro meteore – e la media dei budget cinematografici in Italia è più bassa di quella degli altri Paesi. Detto questo, veniamo da 15 anni di crescita continua sul mercato nazionale, il che si è tradotto in una crescita industriale che non può che giovare all’intero settore, con ripercussioni sul prodotto.
Le vendite internazionali dei tre film italiani in concorso a Cannes sono affidate ad imprese europee, di origine inglese e francese: una tendenza non nuova per il nostro cinema.
Nel corso degli anni i venditori esteri italiani si sono indeboliti, così le vendite vengono assegnate a marchi internazionali.
Come motivare, invece, il netto calo dell’esportazione di fiction tv?
La produzione generalista in tutto il mondo è domestica, mentre quella targata reti specializzate o pay tv ha più opportunità all’estero.
Ma solo in Italia esistono sette canali generalisti. L’avvento di Sky nella produzione ha significato lo sviluppo di una nuova serialità, mentre gli accenni di riforma della Rai lasciano intravedere la possibilità che una delle reti del servizio pubblico venga destinata a questo tipo di produzione.
Se il servizio pubblico, come ha dichiarato Renzi, sarà l’entità deputata all’esportazione della fiction tv italiana nel mondo, sta di fatto che quel tipo di prodotto andrà realizzato. Sono sintomi di un cambiamento in atto, che potrà dirsi tale quando la produzione “esportabile” aumenterà di volume.
Quello audiovisivo è un settore strategico per l’economia nazionale e per l’immagine dell’Italia all’estero. Quattro film selezionati a Cannes, alcune serie tv che circolano nel mondo (“Montalbano”, “Romanzo criminale”, “Gomorra” in prima linea), l’avvio di una politica del Made in Italy e la riforma Rai, fanno pensare all’inizio di un nuovo corso, ma il lavoro non manca.