di Adriana Marmiroli
Pochi ma buoni i giorni dedicati ai TvExchanges all’interno del 49° Monte-Carlo Télévision Festival, a detta dei presenti.
Incontri fertili di riflessioni, di sviluppi futuri (leggi coproduzioni internazionali), un dibattito su questioni importanti che accomunano le produzioni di tutti i paesi in cui broadcast e loro prodotti hanno raggiunto una maturità di sviluppo, ma che in questo particolare momento si scontrano con le difficoltà di un mercato in rapida trasformazione per via della crisi che taglia un po’ ovunque i budget e di una trasformazione tecnologica che apre scenari nuovi ma incerti. Da questa parte dell’Atlantico, nella vecchia Europa, ma anche negli Usa.
Da qualunque punto si sia partiti nei tre incontri organizzati dai TvExchanges il 9 e 10 giugno scorsi, lì si andava a parare. Se era evidente e ovvio all’interno del dibattito tutto incentrato sulle nuove forme di finanziamento esistenti (le forze produttive transnazionali si possono coalizzare su progetti comuni, i produttori possono cercare fonti economiche anche all’estero girando in paesi diversi da proprio, che prevedono fondi appositi: e qui per l’Italia era presente Giulia Marletta, della Torino Piemonte Film Commission, amministratrice del fondo “americano” di cui si è dotata questa FC), meno ovvio che si finisse con il parlare di crisi economica anche quando l’argomento erano le nuove tecnologie e conseguenti nuove forme di serialità : qui si parlava di “matrimonio” tra la Tv e internet.
Se per lo più il web è visto solo come media ottimo per promuoversi e “rilanciare” produzioni di tipo tradizionale, in questa occasione sono state tuttavia portate a esempio produzioni franco-belghe “multi-piattaforma”, nate per il web, a bassissimo costo, poi richieste come contenuti adatti alla telefonia mobile e quindi ambite dalla tv classica. Tuttavia (ed ecco la crisi che s’affaccia) l’autofinanziamento e la remunerazione per queste produzioni innovative è ancora molto aleatorio. Dove la crisi ha fatto irruzione in tutta la sua gravità è stato nella terza tavola rotonda, quella sulle tendenze della fiction (intese come argomenti, tecnologie e formati) preceduta da uno speach di Dick Wolf. Il produttore del benemerito e fortunato Law & Order (20 anni la prima serie creata, 2 spin off ancora in vita, 3 franchise venduti in Francia, Russia e Gran Bretagna) è il primo a parlare del “grave malessere” che colpisce anche il ricco e potente mercato americano per via di un fattore d’ordine creativo, effetto ancora oggi dello sciopero degli sceneggiatori di un anno fa, e di un altro di ordine finanziario: il mercato si è frantumato a causa delle tante reti a pagamento e sono diminuiti gli introiti pubblicitari delle reti, che a loro volta investono meno e con minor coraggio.
Si comprimono gli investimenti, si ridimensionano le spese sul set, si chiedono format più conservativi e tradizionalisti (non è un caso che in quella appena finita e nella prossima stagione stiano moltiplicandosi i remake, che abbiano all’origine un film o una vecchia serie). Ed ecco che si torna a parlare di creatività . Wolf si dice fortunato, ma anche lui comprime i costi stando attento anche nei minimi particolari per risparmiare, mentre è costretto a tenere nel cassetto progetti che solo un paio di anni fa avrebbero almeno raggiunto la fase del pilot.
Immaginiamoci cosa questo significhi quando non si è di fronte al ricco mercato americano e non si ha la stessa ampia prospettiva di export. Basti dire che i francesi, finora capofila nella difesa del prodotto nazionale e della loro lingua, pensano con insistenza alle coproduzioni e alla possibilità di “abbracciare” la lingua inglese. Presente agli incontri di questi giorni erano i produttori italiani Carlo Bixio e Alessandro Iacchia.
In Italia, convengono, non è affatto meglio, anzi. Mediaset e Rai hanno tagliato di circa il 20 per cento i loro budget. Ma soprattutto “” spiegano “” stanno rivedendo gradualmente la struttura della prima serata, quella su cui si fanno gli investimenti veri. La tendenza sarebbe prolungare l’access primetime e anticipare la seconda serata, con l’effetto di contrarre la prima serata e quindi cambiare il formato della fiction che la occupa: non più circa 100 minuti (durata della puntata media di una miniserie o di due episodi abbinati di una serie lunga) ma 70. Questo significa la sparizione della miniserie-evento, costosa e ambiziosa, relegata a pochissimi titoli ogni anno (4-5 per network) e l’allungarsi del singolo episodio della serie di lunga durata.
I conti a questo punto sono presto fatti: dove prima producevi 26 per occupare 13 serate (13×2 da 50 min. è la “pezzatura” corrente), ora o fai solo 13 serate oppure con 26 puntate occupi anche lo spazio di un’altra fiction. In ogni caso i costi sono sostanzialmente dimezzati. In un mercato già impastoiato come quello italiano, significa che molte case di produzione sono a rischio e che le nuove faranno sempre più fatica a farsi avanti. Di creatività a questo punto si finisce con il parlare molto poco”¦
Cineshow Tv EDITION
Si chiamerà CineShow TV EDITION, e anticiperà le sue date a settembre, a Torino dal 18 al 20, la seconda edizione di Cineshow.
La manifestazione propone un focus sulla televisione e sul passaggio dei canali al digitale terrestre, previsto nel Piemonte Occidentale dal 24 settembre al 9 ottobre. Altra novità è il taglio “consumer” dell’evento, che quest’anno si rivolge agli appassionati di cinema e televisione e desiderano partecipare a casting ed eventi legati al piccolo e al grande schermo.
In calendario, il 18 settembre, il convegno, “Ciak: Business. Cinema e nuovi media in azione “” La nuova economia dell’entertainment: dai fratelli Lumière a You Tube” . Vuol essere una panoramica sui nuovi attori dell’entertainment sviluppati dalla rivoluzione digitale e dall’avvento delle nuove tecnologie.