direttore Paolo Di Maira

EUROPA/Una Road Map per il semestre italiano

Intraprendere opportune iniziative finalizzate ad adeguare e a rafforzare gli strumenti di promozione della diversità culturale alla luce del nuovo ecosistema digitale e della conseguente moltiplicazione dei canali di distribuzione dei contenuti e delle nuove forme di accesso e fruizione.
Questa la direttrice chiave che il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo e in particolare la Direzione Generale per il Cinema dovrà percorrere nel tentativo di fissare un’agenda di obiettivi chiari e realizzabili in grado di risolvere – non solo sul piano normativo e regolatorio – le criticità di un mercato ingessato sul fronte degli investimenti a causa della contrazione delle risorse provenienti dai broadcaster e affetto da patologiecroniche quali la frammentazione e sottocapitalizzazione delle imprese, lo scarso grado di internazionalizzazione, la stagnazione dei consumi in sala.
Problematiche che – con le dovute eccezioni – riguardano tutti i Paesi membri dell’Unione Europea.
Di fronte alla rapida evoluzione del settore, la Presidenza italiana dovrà farsi carico di promuovere un dibattito europeo e avviare un dialogo con tutte le parti in causa — autorità pubbliche e settore privato — sulla politica cinematografica in Europa, centrato su obiettivi condivisi quali una maggiore accessibilità del pubblico alla ricca diversità dei film europei, una maggiore competitività e una più elevata redditività del settore cinematografico.
Ricordiamo che alla fine dell’anno scorso la Direzione generale del Cinema aveva promosso una Conferenza Nazionale su questi aspetti, coinvolgendo tutti gli operatori del settore e dalla quale sono emerse numerose proposte di intervento, alcune delle quali hanno già trovato concreta applicazione (leggi tax credit esteso all’audiovisivo, raddoppio del plafond dei crediti di imposta a favore delle produzioni internazionali).
Sotto questo profilo, il programma di azioni che il nostro Paese dovrà metterein atto nel corso del semestre non potrà tener conto della recente Comunicazione della Commissione Europea denominata “European film in the digital era Bridging cultural diversity and competitiveness”.
Il documento propone alcune ricette per recuperare competitività e al tempo stesso per valorizzare la diversità culturale della cinematografia europea sfruttando le leve dello sviluppo digitale.
Il nuovo scenario implica due sfide: da un lato l’industria dovrà sperimentare nuovi modelli commerciali e strategie di ampliamento del pubblico; dall’altro i Paesi membri dovranno elaborare politiche pubbliche a livello regionale, nazionale ed europeo più appropriate al nuovo contesto.

La denuncia principale costituisce di fatto una ammissione di responsabilità da parte della Commissione europea.
Anche se l’Europa riesce a produrre un gran numero di lungometraggi di vario genere – si legge – la maggior parte dei film europei non raggiunge tutto il suo potenziale pubblico in Europa e ancor meno sul mercato mondiale.
I film rimangono prevalentemente sul mercato nazionale ma, anche in questo caso, alcuni di essi non raggiungono mai le sale cinematografiche o non riescono a trovare altri canali di distribuzione.
Nonostante venticinque anni di politiche di sostegno comunitario attraverso il Programma Media (ora Europa Creativa) e il fondo del Consiglio d’Europa Eurimages a sostegno delle coproduzioni, resta irrisolto il nodo legato alla debole circolazione transnazionale delle produzioni europee e alle difficoltà di una fetta consistente di produzioni a basso budget non solo di varcare i confini nazionali ma di riuscire ad avere sufficiente visibilità anche nel proprio mercato di origine a causa di dinamiche promozionali e distributive che, salvo rari casi, sono ancorate a vecchie logiche senza tener conto del mutato scenario tecnologico e della moltiplicazione delle forme di fruizione dei contenuti.
Se è dimostrato che le coproduzioni hanno una migliore diffusione delle produzioni puramente nazionali, la tendenza sembra essere quella di farvi ricorso soprattutto allo scopo di assicurarsi finanziamenti, in particolare nei paesi con una capacità limitata di produzione.
Il potenziale che offrono le coproduzioni per ampliare la diffusione di determinati film potrebbe essere sfruttato meglio: a troppe coproduzioni continua a mancare una chiara strategia di distribuzione nei paesi interessati e in altri paesi.
Sul versante degli schemi di finanziamento la sfida principale – secondo la Commissione – non consiste tanto nell’aumentare il livello di sostegno pubblico in questo settore, bensì nell’ottimizzare il valore aggiunto generale e
nel massimizzare la complementarità tra politiche e strumenti a diversi livelli.
Buona parte dei finanziamenti proviene spesso da sovvenzioni pubbliche nazionali o regionali e serve a sostenere la produzione di progetti con un orientamento regionale o nazionale. Solo una minima quota di finanziamenti
pubblici deriva da fondi sovranazionali ed è per questo che i progetti tendono ad essere rivolti a un pubblico locale.
Questo fenomeno sembra essere rafforzato dall’attenzione insufficiente prestata alla fase di sviluppo, quando il pubblico potenziale di una produzione può essere identificato e ottimizzato in modo efficace.
Occorre allora procedere ad una riforma degli attuali schemi di finanziamento che punti a porre maggiormente l’accento sulla fase di sviluppo per aumentare la qualità e la redditività dei progetti finanziati e a trovare l’opportuno equilibrio e sviluppare rapporti più efficienti tra il sostegno alla produzione e il sostegno alla distribuzione e alla promozione.
Accanto alla necessità di un nuovo approccio al finanziamento pubblico, la Commissione intende coinvolgere nuovi attori nella catena del valore, facendo espresso richiamo allo sviluppo del mercato del video on demand.
Nel corso del semestre occorre porre sul tappeto una proposta condivisa di adeguamento della direttiva sui Servizi Media Audiovisivi al mutato scenario conseguente allo sviluppo dell’ecosistema digitale e alla progressiva diffusione delle nuove piattaforme e device di distribuzione / fruizione dei contenuti audiovisivi, con particolare riguardo all’allineamento delle regole da applicare ai nuovi soggetti e ai nuovi canali, ed anche, eventualmente, mediante un’approfondita riflessione in materia di fiscalità di scopo (OTT) rispetto ai tradizionali operatori di sistema.
Potrebbe essere molto utile dar seguito alla consultazione pubblica lanciata a seguito del Libro verde “Prepararsi a un mondo audiovisivo della piena convergenza: crescita, creazione e valori” approfondendo le varie questioni emerse in quella occasione relative alle trasformazioni in atto nel panorama dei media audiovisivi.
La domanda centrale è capire se gli attuali obblighi previsti dalla direttiva sui servizi di media audiovisivi costituiscono il modo migliore per promuovere la creazione, la distribuzione, la disponibilità e l’attrattiva commerciale delle opere europee nel mercato unico digitale.

Altri due temi sui quali è opportuna una approfondita riflessione attengono da un lato ad una revisione della cronologia dei media ovvero la disciplina che regola le varie finestre temporali di sfruttamento che dalla sala arrivano fino alla televisione generalista e dall’altro ad un rafforzamento delle relazioni tra cinema e mondo della scuola.
Il primo argomento è molto delicato ed ha sempre scatenato forti discussioni e contrapposizioni.
Secondo la Commissione i rapidi sviluppi del settore richiedono oramai una flessibilità sufficiente affinché gli operatori possano sperimentare e provare nuovi approcci e nuovi modelli commerciali.
In particolare è necessaria una maggiore flessibilità rispetto alle “finestre” di distribuzione (da perseguire principalmente attraverso accordi tra le parti) per consentire la sperimentazione, lo sviluppo e l’uso di strategie di distribuzione alternative adatte a diversi tipi di film e per massimizzare la complementarità delle diverse piattaforme in modo da raggiungere il pubblico. Nel testo si evidenzia come si potrebbe valutare l’uscita simultanea o maggiormente coordinata nelle sale cinematografiche di più paesi oppure un accesso più rapido ai servizi on line.

Il semestre italiano potrebbe dunque essere la giusta occasione per riesaminare le modalità di funzionamento delle “finestre” di distribuzione alla luce degli sviluppi tecnologici e del mercato e dei buoni risultati delle sperimentazioni condotte proprio grazie al Programma Media negli ultimi anni.
Sul secondo punto, la cooperazione tra le scuole europee di cinema (sui curricula o sulla mobilità) e le partnership creative tra le scuole e le imprese devono essere incoraggiate
con l’obiettivo di promuovere una migliore corrispondenza tra formazione e competenze ed esigenze del settore (comprese competenze imprenditoriali, informatiche, pubblicitarie e di marketing).
Il fine ultimo è quello di aumentare il livello di diffusione della cultura cinematografica ed audiovisiva, in termini di capacità di lettura, analisi e selezione dei contenuti facendo tesoro dei risultati del rapporto della Commissione sulla Media literacy nell’educazione scolastica.

 

Bruno Zambardino è Docente di Economia e Organizzazione del Cinema e della Tv, Sapienza Università di Roma

 

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