direttore Paolo Di Maira

ESERCENTI/Riccardo Bizzarri, Cinema Zenith

“Nella realtà siamo ben lontani dalla possibile applicazione di un modello di multiprogrammazione. Specie nel caso del piccolo esercizio”. Riccardo Bizzarri, instancabile animatore del cinema Zenith di Perugia dove ogni anno vengono programmati decine e decine di titoli di qualità, punta il dito sul rapporto con la distribuzione e sulla necessità di rivedere gli accordi con l’esercizio, premessa imprescindibile per delineare nuovi scenari legati alla tecnologia digitale:
“Esistono condizioni prestabilite che l’esercente si trova a dover accettare o meno, senza negoziazioni. E questo vale per tutte le case di distribuzione che hanno un peso. A farne le spese sono soprattutto le monosale o le piccole multisale, strutture che non hanno potere contrattuale. Forse per le grandi catene i rapporti sono più equilibrati. Nei multiplex da 10 schermi la multiprogrammazione è facile, ma non per noi”.

A Riccione è stata annunciata l’apertura di un tavolo interassociativo dedicato al tema della multiprogrammazione, sul modello di quello avviato per la VPF.
Io non credo a questa possibilità, l’esercente e il distributore da sempre vivono un rapporto conflittuale. Guarda alla VPF, dal mio punto di vista un vincolo più che un’opportunità, perché il distributore paga, ma detta le sue regole. Il risparmio del distributore con l’introduzione del digitale andrebbe condiviso con l’esercente nell’ottica di una revisione delle tariffe di noleggio e non con l’introduzione della VPF. Anche la proposta di una VPF light è poco praticabile, perché presuppone che un film venga proiettato per 4 giorni, dal venerdì al lunedì. Ma devi programmare solo quel film, e per di più nei giorni decisivi per il box office. Molti esercenti rinunciano alla VPF, facendo le loro scelte di qualità in presenza di un pubblico che chiede cinema d’autore. Io sto provando a fare un ulteriore passo, restando aperto tutto l’anno. Per creare abitudine al consumo cinematografico anche in estate, bisogna tenere aperte le sale, possibilmente dalla mattina alla notte. Uno sforzo che dovrebbe essere ripagato con una riduzione delle percentuali di noleggio nella stagione estiva.

Qual è la programmazione ideale di una sala come lo Zenith?
E’ necessario fare una premessa. Il piccolo esercizio si divide in due tipologie: la monosala di provincia che proietta film commerciali e quella di città che fa programmazione d’essai. Le esigenze sono completamente diverse: in una cittadina come Marsciano, ad esempio, la programmazione ideale nel weekend è di un cartone nel pomeriggio e un altro film la sera, per ottimizzare. Ma, per contratto, se distribuisci il cartone lo devi proiettare anche allo spettacolo delle 22.30, pur sapendo che non verrà nessuno. Una sala come la mia, invece, dovrebbe poter programmare 2-3 titoli alla settimana, da alternare in base agli orari e al target di riferimento. Io ho un pubblico definito, disposto ad andare al cinema anche due o tre volte alla settimana se l’offerta esiste. Per me la varietà della programmazione è un arricchimento. E comunque rendo un servizio alla comunità.

La multiprogrammazione, dunque, diventa competenza dello stesso esercente, profondo conoscitore del suo pubblico.
Si è parlato di anno zero del D-Cinema, ma non si può ridurre tutto al solo cambiamento di supporto. Questa è una fase di transizione, dobbiamo darci del tempo per sperimentare e definire le politiche future, anche correndo qualche rischio. Ma sperimentazione significa libertà. E spazio di manovra per l’esercente.

Che ruolo giocano in questi nuovi equilibri i piccoli distributori indipendenti?
Un ruolo sempre più interessante. Penso a marchi come Movies Inspired – che ha recuperato ad anni di distanza un film come “Blue Valentine” – o a Good Films. Queste piccole realtà distributive rappresentano un fenomeno nuovo che andrebbe monitorato. In molti casi non prevedono VPF e abbassano le percentuali di noleggio. Acquisiscono i diritti di piccoli film presi ai festival che altrimenti non sarebbero mai distribuiti in Italia. A questo tipo di lavoro si potrebbe legare l’attività di marketing locale gestita dalla sala. Noi la facciamo da tempo: oggi si lavora sul web, con i social network la comunicazione del film è cambiata.

La chiave, insomma, sta nella creazione di piccole isole che sappiano intercettare la domanda di un pubblico locale e di nicchia. Magari con più fantasia del passato.
I piccoli cinema devono proporre modalità differenti, non fare concorrenza ai multiplex. Da noi si tengono lezioni, rassegne, incontri; c’è anche un piccolo ristorante. Proponiamo un’idea di Slow cinema che combatte i fast food e la fruizione da multiplex. Qualche tempo fa ci siamo inventati “Il cinema che ci pare”: quella volta sono stati i liceali a decidere la nostra programmazione.

 

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