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direttore Paolo Di Maira

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EMILIA ROMAGNA/Cultura è crescita

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“Il bilancio della trascura legislatura per la cultura, 17,5 milioni di euro, – è la somma equivalente al costo di 700 metri lineari di autostrada”.
Il paragone, spiazzante ma efficace, fu fatto qualche anno fa da Massimo Mezzetti, assessore alla cultura, politiche giovanili e politiche per la legalità dell’Emilia Romagna: è un buon avvio per commentare con lui i dati della ricerca “Economia arancione in Emilia Romagna. Le industrie culturali e creative”, ora che il bilancio, nella legislatura in corso, è più che raddoppiato .

Il dato più evidente che emerge dalla ricerca è che l’industria culturale e creativa in Emilia Romagna cresce più di altri comparti economici, e che questa crescita è guidata dal cinema e dall’audiovisivo.
Premetto che quel + 18% di occupazione nel settore dell’audiovisivo rilevato si riferisce in realtà solo al primo anno e mezzo successivo all’operatività della Legge, tra il 2015 e il 2016. Sono convinto che l’incremento risulterà molto più alto nel 2018.
Il paragone con i costi di un’autostrada – costi che verificai personalmente – era l’unica risposta possibile ai soliti luoghi comuni sulla spesa in cultura.

Tornando alla ricerca, abbiamo avuto la conferma che l’investimento in cultura e creatività è un investimento produttivo. La differenza l’ha fatta il percorso intrapreso dall’amministrazione regionale, concretizzatosi nella legge sul cinema: avere la firma di 4 assessorati ha consentito di mettere in moto interventi sinergici che dalla cultura si irradiano ad altri comparti, dalla formazione al lavoro al turismo, generando ricadute su tutta l’economia del territorio. Ammetto che il raggiungimento di questo traguardo è stato facilitato dalla continuità d’impegno per due legislature consecutive

Dunque, la cultura crea lavoro e occupazione. Il rapporto verifica e conferma indicazioni già presenti nei maggiori think thank internazionali
Già alle soglie del duemila nei bureau europei c’era la convinzione che si sarebbe usciti dalla crisi economica soltanto se si fosse avuta la lungimiranza di investire anche nella cultura e nella creatività, che avrebbe dovuto non sostituire ma affiancare l’industria manifatturiera.
Cultura, ambiente e welfare erano indicati quali settori su cui puntare, gli stessi su cui purtroppo l’Italia ha disinvestito, condannandosi ad essere, ancora oggi, fanalino di coda della ripresa.
Nel 2015 ER firmava con tutte le categorie sociali ed economiche un patto per lo sviluppo dell’economia e del lavoro dell’Emilia Romagna: per la prima volta si metteva nero su bianco che uno dei vettori fondamentali per lo sviluppo doveva essere quello culturale e creativo.

Altro dato che emerge è che le ICC sono concentrate tra Bologna e Modena, la stessa area dove c’è la maggior densità di industrie meccaniche. E’ un caso o esiste una connessione?
Credo che il perimetro dell’industria creativa sia ampio, abbracciando vari mestieri e comparti.
La creatività investe trasversalmente anche settori non direttamente culturali, e contribuisce allo sviluppo di quei settori, perchè genera idee, cioè innovazione. Perciò l’industria creativa, che si colloca a fianco dell’industria manifatturiera , può influenzare e condizionare in termini di innovazione l’industria classica. In altre parole, può contribuire a costruire quell’ambiente intelligente dentro il quale anche l’industria tradizionale può trovare spunti, ricchezza per crescere e innovarsi.

Vuol dire – semplificando – che il cinema e l’audiovisivo fanno crescere anche l’industria manifatturiera?
Le rispondo con un esempio: quando l’Italia esporta un prodotto made in Italy – sia esso moda, cibo o auto – esporta prima di tutto un un marchio dove è prevalente la componente emozionale, che evoca il genio creativo italiano. Leonardo da Vinci, di cui il prossimo anno si celebrano i 500 della nascita, ha coniugato l’arte con la scienza e l’artigianato. Investire sulle ICC in Italia e in Emilia Romagna in particolare, è un tentativo di ricreare questo clima di grande umanesimo in cui la capacità manifatturiera dell’industria si coniuga con l’invenzione e la creatività italiana.

L’industria manifatturiera avrebbe quindi buone ragioni per investire sulle ICC e sull’audiovisivo in particolare?
Ricordo che l’impulso a dotare la Regione di una Legge Cinema venne anche da parte di soggetti privati che sollecitavano l’amministrazione regionale ad un maggior coraggio. Dicevano: se il pubblico investe, anche noi siamo disposti a mettere risorse sul piatto.
Raccolsi la sfida e proposi di creare due Fondi paralleli e autonomi con una cabina di regia condivisa, ritenendo che un fondo non partecipato dal pubblico avrebbe consentito loro di usufruire di incentivi fiscali.
Noi il nostro Fondo pubblico l’abbiamo creato, per quello privato stiamo ancora aspettando. Ma rimango fiducioso…

All’interno dei 133 progetti finanziati dal Fondo nel triennio 2015/2017, nel primo anno è stata privilegiata la produzione regionale, nel secondo e terzo anno si nota invece una progressiva crescita delle produzioni nazionali e internazionali
Dopo un anno di rodaggio c’è una decisa apertura all’esterno, anche se l’attenzione al nostro territorio rimane costante: manteniamo sempre 2 bandi, l’uno regionale e l’altro nazionale/ internazionale.

E’ una notizia che la regione abbia recente- mente ospitato le riprese della nuova stagione di “Gomorra”, ma forse è più interessante l’insediamento di Palomar al Tecnopolo di Reggio Emilia
Il progetto Palomar se, come mi auguro, andrà avanti, apre nuove prospettive: non più soltanto ospitare le produzioni che vengono a girare sul nostro territorio, ma sviluppare un insediamento produttivo, attraverso una collaborazione pubblico privato che spero si riesca a raggiungere nel più breve tempo possibile.

Set di “Gomorra 4”, regia di Francesca Comencini.
Foto di Gianni Fiorito.

La Film Commission, braccio operativo della Regione , a differenza di altri analoghi organismi regionali non è una Fondazione ma un dipartimento interno alla Regione. Questo ne limità la capacità d’azione?
C’è un vincolo di legge regionale che non permette la creazione e la partecipazione a nuove Fondazioni esterne.
Il lato positivo di questa via “obbligata” è che l’avere la Film Commission al nostro interno ci ha consentito di concentrare tutte le risorse sul prodotto, la formazione e la promozione.
Inoltre, disponendo di ottime professionalità interne, sotto la guida di Fabio Abagnato abbiamo potuto imprimere una forte accelerazione al nostro lavoro.
Eravamo in ritardo rispetto alle Film Commission di altre regioni, ma in tre anni devo dire che – per usare una meta- fora ciclistica – siamo riusciti a raggiungere il gruppone e forse anche a superare qualcuno.

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