Emilia Perez è il film vincitore della 37° edizione degli European Film Awards.
5 i premi che gli sono stati assegnati dall’European Film Academy lo scorso 7 dicembre a Lucerna: oltre al già annunciato Miglior Montaggio Europeo a Juliette Welfling (leggi qui), Miglior Film, Miglior Regia e Miglior Sceneggiatura per Jacques Audiard, Migliore Attrice a Karla Sofia Gascon.
Quest’ultimo, consegnato dall’attrice Hiam Abbass, che dice:
“Sono europea e sono palestinese: il mio pensiero non può non andare a tutti i bambini di Gaza, e vi esorto a pregare tutti per la pace.” Abbass è, fra l’altro, protagonista di Bye Bye Tiberias, documentario con due candidature agli EFA, che racconta del ritorno al villaggio natale in Palestina, lasciato 30 anni prima per seguire il suo sogno di diventare attrice in Europa.
Altro appello, decisamente più incisivo per la Palestina, è quello di Yuval Abraham e Basel Adra, registi (assieme a Hamdan Ballal e Rachel Szor) di No Other Land, premiato come Miglior Documentario Europeo, che chiedono al governo europeo l’imposizione immediata del cessate il fuoco “quello che sta accadendo in Palestina è pulizia etnica, e non c’è più tempo”.
Un richiamo all’Europea della politica, che rimanda, come in uno specchio rovesciato, a quello di Wim Wenders, che nel ricevere l’ European Lifetime Achievment, cita la famosa frase di JFK, girandola al mondo del cinema “non chiediamoci cosa l’Europa può fare per noi, comunità del cinema, ma cosa noi possiamo fare per l’Europa.” Spiegando che: “dopo anni e anni, sono arrivato a capire che lo scopo ultimo di chi fa il nostro mestiere è quello di servire il film, che è qualcosa di più grande della somma di chi lo fa, proprio come l’Accademia è qualcosa di più grande di noi, ma che ognuno di noi può servire.”
Wenders, che è stato presidente dell’Accademia per 24 anni, ha ricevuto il premio dalla nuova presidente, Juliette Binoche. Anche lei, nel suo discorso d’apertura ha ribadito come l’Accademia debba rafforzare sempre di più il suo essere una comunità e “una riunione di artisti che include la Palestina, la Russia, Israele, l’Ucraina”.
Più tardi, rivolgendosi a Wenders, ha detto: “hai creato un stile cinematografico, proprio come un architetto, e sei diventato un mentore per molti giovani.”
Due temi toccati dal regista nel corso di un’intervista collettiva con i giornalisti poco prima della cerimonia di premiazione, in cui ha accennato al suo nuovo progetto, un film sull’architetto svizzero Peter Zumthor. Inoltre, interrogato sui nuovi formati dell’immagine, il 4 K, e la riedizione e riproposizione al cinema del suo Paris Texas, adesso nelle sale italiane, ha dichiarato che, nonostante la sua avversità ai nuovi formati risalga ai tempi in cui “mi vergognavo quando mi dicevano di aver comprato il VHS dei miei film”, è ben felice che la tecnologia dia modo ai giovani di riscoprire i vecchi film che mostrano un mondo diverso da quello che conoscono, dove, ad esempio, “c’è bisogno di una cabina telefonica per chiamare e si può riattaccare, a differenza di oggi che siamo sempre connessi senza, in realtà, comunicare mai veramente.”
Nel 1989 Wenders vinse l’European Film Award come miglior regista per Il Cielo Sopra Berlino. Allora presidente dell’Accademia, suo predecessore, era Ingamar Bergman: quest’anno Halfdan Ullmann Tøndel, nipote del grande regista e di Liv Ullman, ha vinto l’European Discovery (FIPRESCI) Prize è andato a per il suo Armand, che gli aveva valso la Camera d’Or al Festival di Cannes.
Fra gli altri premiati sulla Croisette che sono saliti sul palco del Kultur und Kongresszentrum di Lucerna (KKL) per ricevere anche il maggior riconoscimento del cinema europeo, Nebojša Slijepčević, regista di The Man who could not remain silent, Miglior Cortometraggio Europeo e Palma d’Oro 2024; Abou Sangare protagonista di Souleymane’s Story, Migliore Attore Europeo e Migliore Attore in Un Certain Regard (il film ha vinto anche il premio speciale della Giuria di UCR). E già citata in apertura, Karla Sofia Gascon, che a Cannes aveva ‘condiviso’ il premio alla miglior interpretazione femminile con tutto il cast del film.
Gascon ha riacceso i riflettori sull’Europa con il suo lungo vestito blu elettrico, tributo, ha spiegato, al suo sentirsi europea: “mi riconosco nei valori dell’Europa, che sono quelli, ad esempio, della difesa dei diritti umani, conquistata da paesi che hanno sofferto e superato feroci dittature e credo sono stati pionieri nel promulgare molte leggi che migliorano la vita delle persone.” E ha dedicato il suo premio “a mia madre, e a tutte le madri e al ruolo fondamentale che hanno nella vita dei propri figli.”
Altra madre ‘immancabile’ in una serata come quella di ieri è Ingrid Bergman, ricordata da Isabella Rossellini, premiata da Ralph Fiennes con l‘European Achievment in World Cinema Award:
“il motore della mia vita è sempre stata la curiosità. La benzina, l’ironia e il divertimento: tutte cose che ho imparato dai miei genitori. La curiosità spinge a guardare avanti, ma ricevere questo premio mi porta inevitabilmente a volgere lo sguardo indietro, con gratitudine, verso la babysitter dei miei figli, Lina, che mi ha permesso di fare il mio lavoro essendo madre, proprio come mia madre è stata per sempre grata alla babysitter mia e dei miei fratelli, Argenide.”
La difficoltà e il diritto di poter conciliare maternità e lavoro nel cinema è stata una questione sollevata da Maura Delpero, quando la Mostra del Cinema di Venezia l’ha premiata quest’anno con il Leone d’Argento, Gran Premio della Giuria per il suo Vermiglio, che ora punta ad entrare nella cinquina dei migliori film stranieri per l’Oscar. Con Vermiglio, Delpero era anche l’unica italiana candidata agli EFA di quest’anno, con doppia nomination (miglior regista e miglior film).
Sollecitata ancora una volta sulla questione, rivela, sorridendo: “non vedo l’ora di non parlare più di questo, o meglio di non dover rinunciare, nelle interviste, a una parte del discorso sul mio cinema, sul linguaggio, i personaggi, la sceneggiatura, proprio come fanno gli uomini. Lo faccio volentieri, perché è una battaglia politicamente rilevante e necessaria, ma spero che le mie nipoti non debbano perdano più tempo per questo.” (Leggi qui l’intervista a Maura Delpero)
Il cinema al femminile non poteva non essere un altro tema forte di una serata dalla decisa impronta politica come questa. Ed è interessante notare, per tornare alla questione della comunità europea del cinema, quanto sia legato alla co-produzione, come sottolinea la produttrice macedone Labina Mitevska, nel suo vibrante discorso di ringraziamento per l’ottenimento dell’ Eurimages Co-Production Award, che le è stato consegnato dall’attrice Noomi Rapace:
“Grazie Eurimages per averci mostrato la bellezza e l’importanza della co-produzione. 25 anni fa, quando ho iniziato, ero l’unica donna produttrice, e mia sorella (la regista Teona Mitsevska, n.d.r.) la prima regista, in un bellissimo e piccolo paese balcanico ancora molto machista: volevamo fare co-produzioni europee, coinvolgendo altre donne, fare film senza compromessi. E grazie a ognuno di voi, – ha concluso rivolgendosi alla platea – per fare film così belli. Che, cambieranno il mondo!”.
Per concludere la lista dei premiati, il Miglior Film della categoria Animazione, (i cui titoli da quest’anno, assieme ai film Documentari, concorrevano anche come Miglior Film) è Flow di Gints Zilbalodis. L’European Young Audience Award è andato a The remarkable Life of Ibelin di Benjamin Ree, mentre l’European University Film Award a Three Kilometres to the End of the World di Emanuel Pârvu.
Un’ultima nota, di politica questa, tutta interna (all’Accademia): nulla togliendo alla qualità dei film premiati, è impossibile non notare con un pò di dispiacere, che, almeno nei tre anni che Cinema&Video International ha seguito la cerimonia degli EFA, c’è sempre stato un titolo che ha fatto da “asso piglia tutto”: è accaduto nel 2022 con Triangle of Sadness, nel 2023 con Anatomia di una Caduta. Quest’anno con Emilia Perez.
I motivi possono essere molti.
Uno potrebbe ad esempio, che i votanti vadano sul sicuro, sui titoli che conoscono e stimano senza guardare tutte le opere proposte? Se così fosse, ci farebbe piacere vedere più apertura all’interno di un’istituzione nata per promuovere il cinema europeo nella sua diversità.