Adesso più che mai è necessario “difendere il mercato audiosivo europeo affinché la diversità culturale non sia travolta dai modelli americani”: lo ha dichiarato Sabine Verheyen, parlamentare europea e presidente della Commissione per la cultura e l’istruzione del Parlamento europeo al Digital European Film Forum che si è svolto oggi, 22 giugno, al Marché di Cannes online, dedicato al ruolo dell’Europa nel riformare il futuro dell’ecosistema audiovisivo europeo: “siamo felici di avere introdotto l’obbligo che il 30% della programmazione sulle piattafome sia di contenuto europeo, e ci auguriamo che queste disposizione vengano trasposte da tutti gli stati membri. Ma tutto questo ha un costo ed è necessario investire: le cifre del Programma Media sono deludenti, e molto al di sotto di quelle che erano le aspettative create con le proposte del 2018.”
Più investimenti e una regolazione più stringente, sono d’accordo Taxto Benet, CEO di Mediapro e Marco Chimenz, CEO di Cattleya e membro dell’European Producers Club.
Il primo evidenzia la difficoltà per i produttori indipendenti di mantenere la proprietà intellettuale delle loro produzioni, che viene fagocitata dall’enorme potere delle piattaforme internazionali (e finché sarà così, fa notare Ed Guiney, CEO Element Pictures, in realtà non possiamo definirci indipendenti, perché dipendiamo dalle piattaforme”).
“La competizione è fuori portata quando si hanno davanti organizzazioni che capitalizzano oltre un trilione di dollari, ossia una quantità di risorse mai viste prima nella nostra industria, il treno per creare un campionato della distribuzione europea è andato da tempo, – rileva Chimenz.- E tuttavia, dobbiamo capitalizzare la ricchezza che ci contraddistingue, costituita da un ecosistema vitale e vibrante, fatto di passione per la cultura, di talenti, autori. I nostri produttori hanno contribuito decisamente al prestigio dell’Europa, esattamente come nel campo della moda hanno fatto Armani o Valentino. La recente crisi non ha cambiato i termini del problema, ha solo accelerato la transizione da un mondo all’altro: adesso ci siamo ed è necessario che l’Europa agisca velocemente per adeguarsi a tutto questo.”
Guiney mette l’accento anche sulla necessità che Europa Creativa investa in modo molto più consistente sullo sviluppo, perché “questa situazione ha aperto delle importantissime opportunità per i produttori, ci sono moltissimi buyer in cerca di contenuti di qualità, gli streamers, certamente, ma anche i boradcasters.”
Guiney lancia anche l’idea di creare una banca europea d’investimento specializzata nell’audiovisivo: “per chiudere il budget dell’ultimo film di Lanthimos, ad esempio, abbiamo dovuto ricorrere ai finanziamenti americani, ed è un grande peccato che non riusciamo a finanziarci i nostri progetti più ambiziosi: è un’opportunità culturale, economica e commerciale, ma al momento siamo troppo piccoli e frammentati per finanziare propriamente ciò di cui il pubblico ha fame.”
Tra l’altro, sottolinea Chimenz, produrre una serie tv da 4 mln ad episodio, ad esempio, costa molto meno in Europa che in Usa, ma c’è comunque un gap che, ipotizza, potrebbe essere coperto dal pubblico, per esempio con un fondo rotativo in modo che i produttori possano avere più influenza sui broadcasters e gli streamers.