La buona notizia è che la circolazione internazionale di film e serie televisive italiane è in crescita; meno buone sono le previsioni, che avvertono del venir meno della carica propulsiva, nei prossimi 5 anni, degli elementi che hanno finora assicurato il trend favorevole.
E’, questo, il senso della ricerca “Le serie e i film italiani sui mercati esteri: circolazione e valore economico”, promossa da ANICA e APA, realizzata in collaborazione con l’istituto di ricerca eMedia con il sostegno di Agenzia ICE nell’ambito del MIA 2023, presentata ieri, 12 dicembre, al Cinema Barberini di Roma.
L’indagine abbraccia 6 anni, mettendo in raffronto il triennio 2017-2019 con il triennio 2020-2023 (che nomineremo, di seguito, primo e secondo triennio) registrando un incremento delle opere e ore prodotte pari, rispettivamente, al 28% e al 30%.
Principali responsabili della crescita sono le coproduzioni internazionali, considerate “il primo motore della circolazione estera delle opere audiovisive”, che aumentano, dal primo al secondo triennio, del 51%, passando da una media di 47 titoli a una media di 71 titoli per anno, per la maggior parte film destinati alla sala (189 contro 24 opere tv nel secondo triennio). Cresce anche, significativamente, il numero di Paesi coproduttori: 25all’anno nel triennio 2020-2022, contro i 16 del triennio 2017 – 2020. In testa rimane la Francia con 73 titoli, seguita da Svizzera (31), Germania ( 24) Belgio (25) Spagna (12). Molto meno sviluppate le coproduzioni con i Paesi extraeuropei, in testa il continente americano con 18 contratti.
L’insistenza della ricerca sulle coproduzioni si giustifica nei dati sulla circolazione estera di serie e film italiani: 166 titoli per anno nel secondo triennio, contro i 101 del primo triennio, con un incremento del 64%. Qui l’incidenza delle coproduzioni è decisiva, rappresentandone quasi la metà ( una media di 71 titoli sui 166 e di 47 sui 101).
Trend in crescita anche del valore economico complessivo delle coproduzioni (cinema e tv) che balza da 69 milioni di euro del primo triennio a 103 milioni del secondo, mettendo a segno un + 49% .
Particolarmente positivi i dati del 2022, che complessivamente, e sulla base di dati in continuo aggiornamento, stimano il numero di serie e film italiani prodotti “con una qualche circolazione estera”, tra i 183 (stima minima) e i 203 (stima massima), per un valore complessivo legato all’export che si attesta fra i €106 milioni (stima minima) e i €156 milioni (stima massima), in netta crescita rispetto ai dati relativi al 2017, quando la circolazione estera valeva quasi solo un terzo del valore attuale.
Le componenti che contribuiscono al flux export sono prevalentemente le coproduzioni internazionali, leggermente superiori alle international sales (minimo garantito, preacquisti e vendite estere); marginali i diritti esteri di opere VoD e i fondi sovranazionali ( come Eurimages).
Nell’indagare i fattori che hanno contribuito alla crescita, lo studio individua 4 elementi: il tax credit, l’ingresso nel mercato italiano degli operatori globali VoD, la “spinta” data dall’ingresso di capitali esteri in aziende italiane , e la crescita della domanda di titoli a livello internazionale.
Sono gli stessi elementi il cui effetto, nel prossimo futuro, è destinato a una riduzione “fisiologica”.
La ricerca preferisce porre l’accento sulle carenze storiche del sistema italiano, che soffre della scarsità di risorse da parte delle tv lineari e della conseguente scarsa propensione ad investire su titoli mirati alla circolazione internazionale, del tradizionale, prevalente, orientamento di film e serie tv al mercato domestico. Punta poi il dito sulle imprese di distribuzione internazionale, la cui “scarsa disponibilità di investimenti nelle fasi di selezioni dei titoli (acquisizione dei diritti di sfruttamento, minimo garantito), ne riduce al minimo la capacità competitiva e, di conseguenza, impoverisce il segmento produttito”. L’integrazione tra funzioni distributive e produttive, annota la ricerca, è alla base del successo degli operatori globali delo SvoD, che hanno così il controllo dell’intera filiera.
Che fare allora?
Tornano al centro i distributori internazionali italiani, che possono svolgere un ruolo decisivo, “trasferendo l’intelligenza distributiva a monte del pocesso produttivo”, come ha proposto a conclusione dell’illustrazione dei dati Emilio Pucci, ricercatore e fondatore di e-Media.
La necessaria crescita delle international sales companies può svilupparsi a tre condizioni: una maggiore capacità d’investimento, un’architettura dei diritti esteri che liberi opportunità di sfruttamento per produttori e distributori, e un maggior sostegno a promozione e marketing.
Nella sostanza: senza “investimenti” l’”intelligenza” funziona poco.
Il cammino appare dunque in salita (la considerazione è di chi scrive) essendo attualmente, le international sales companies, l’anello debole del processo di internazionalizzazione del cinema e dell’audiovisivo italiani.
Oltre a Emilio Pucci hanno partecipato all’evento del cinema Barberini, condotto dalla “padrona di casa” Gaia Tridente, direttrice del MIA, i presidenti di APA e ANICA, Chiara Sbarigia e Francesco Rutelli, il presidente e il direttore generale ICE, Matteo Zoppas e Lorenzo Galanti, e il presidente Commissione Istruzione del Senato Roberto Marti, in rappresentanza delle istituzioni e del sottosegretario al MiC Lucia Borgonzoni, la quale ha affidato il suo positivo commento ad una nota: “La corsa allo sviluppo culturale ed economico dell’Italia – recita il comunicato – può contare sull’energica spinta del sistema cinematografico e dell’audiovisivo: coproduzioni internazionali e serie e film italiani con circolazione estera rappresentano infatti uno straordinario motore di crescita. Lo studio Anica-Apa non fa che confermare l’importanza dell’impegno profuso dal Ministero della Cultura a sostegno della filiera. Avanti così, per una sempre maggiore valorizzazione del settore e quindi dell’intero Paese”.