La definizione della figura del nuovo produttore indipendente sarà una delle principali mission del nuovo corso di Doc/it, il cui direttivo è stato rinnovato lo scorso 14 giugno a Bologna, nel corso di Bio to B.
E non a caso a questo è stato dedicato anche un workshop, tenutosi sempre al Bio to B. in collaborazione con l’associazione dei Documentaristi italiani, dal titolo, The Independent Production Industry in the Age of Streaming.
É questione quanto mai cruciale nello scenario produttivo attuale caratterizzato da una biodiversità di proposte e soggetti produttivi e interlocutori che sono cambiati in rapida evoluzione. E dominato soprattutto dall’El Dorado degli streamers, che lavorano prevalentemente con gruppi multinazionali o strutture dotate di robusta composizione produttiva internazionale, almeno per quanto riguarda la produzione documentaria. Lo afferma Ruggero Di Maggio produttore di Mon Amour Films, definendo queste grandi società “collectors, di cui noi produttori indipendenti diventiamo fornitori di contenuti”. Collectors, cioè coloro che fanno da raccordo fra i piccoli e i giganti OTT.
E porta degli esempi, riferiti alle produzioni di serie italiane prodotte da Netflix e Amazon Prime. Prima fra tutti Vendetta, guerra nell’antimafia, che Mon Amour ha prodotto per Netflix, con l’inglese Nutopia, nel 2021. In quell’anno le serie italiane prodotte da Netflix e Amazon sono state Veleno (Fremantle), I Ferragnez (Banijay)
Altro grande gruppo inglese è Raw, che ha firmato Vatican Girl nel 2022, un anno ancora più dominato dai collectors con Wanna (Fremantle) Il caso Alex Schwartzer (Indigo), Giancluca Vacchi e Kobi- Una storia italiana (Indigo).

Pochissimi progetti totalmente commissionati dalle piattaforme da una parte. Che corrispondono, prosegue Di Maggio, ad un’implosione della bolla produttiva che era esplosa nel 2018 con l’inizio dell’avventura produttiva degli streamers. “Allora le serie documentarie commissionate erano di 6, 8 puntate e avevano un budget medio per puntata 1 mln di euro, complessivamente dunque si ci si poteva confrontare con i budget dei progetti di finzione. Ora, invece, per una puntata Netflix stanzia circa 750 mila euro, e il numero di episodi richiesti è sceso fra 3 e 4. Questo è dovuto a una contrazione del mercato in generale e, nel caso di Netflix, ad un restringimento dei profitti di Netflix, sia a causa dell’uscita di un fondo di investimento dalla loro struttura, sia ad altri fattori, fra cui ad esempio, l’interdizione della condivisione dell’account.”
“Una produzione artigianale o industriale che è un modello a tutti gli effetti anche se la sua organizzazione è diversa da quello delle piattaforme”. Dice Massimo Arvat, produttore di Zenit Arti Audiovisive che mette in guardia contro “il cambiamento di paradigma determinato da un modello di industria culturale che si sta globalizzando e mette a rischio la nostra biodiversità: l’industria europea si identifica con la cultura europea, ed è cresciuta portando a dialogare realtà che non si conoscevano, con le co-produzioni ad esempio.” E porta ad esempio due film da lui prodotti in questo modo che va difeso, pur necessitando di alcune modifiche, e che vede nei territori e nelle film commission regionali un fondamentale alleato: La Passione di Anna Magnani, e Dove Danzeremo Domani? Nello specifico, entrambi sostenuti dal Piemonte Doc Film Fund.
Dall’altra parte, ci sono i 297 documentari cinematografici e 250 audiovisivi prodotti in Italia nel 2022, da parte di una produzione più articolata e costruita su mattoni che devono incastrarsi.
Il nuovo consiglio direttivo di Doc/it è formato da: Francesco Virga (presidente), Massimo Arvat, Ruggero Di Maggio, Massimo Fantini, Cinzia Masotina, Mario Perchiazzi, Elisa Vittone.
Al Bio to B. Doc/it ha assegnato anche il premio alla migliore delle idee per storie non fiction presentate all’interno dello showcase Docs for real, andato a 41esimo parallelo nord di Benedetta Fiore (leggi qui)