di Federica Donati
Da qualche tempo nel mondo del documentario italiano qualcosa si sta muovendo, anche se lentamente e in modo ancora impercettibile.
Si riscontra un gran fermento creativo e “reattivo” un po’ ovunque, ma soprattutto nelle zone meridionali che tradizionalmente sono le più ostiche in termini di reperibilità delle risorse.
Lo rileva bene il napoletano Nicola Giuliano della Indigo Film, un produttore coraggioso “” tra i più coraggiosi sul fronte del documentario insieme a Gianluca Arcopinto e Andrea Occhipinti.
“Il mercato del documentario non esiste in Italia. Eppure c’è una vitalità pazzesca. Io stesso non capisco perché, nonostante le perdite economiche garantite da ogni investimento sui documentari, continuo a produrne”.
E questa vitalità , si diceva, si concentra specie nel sud, in particolare a Napoli e dintorni.
“C’è un dato che testimonia l’entusiasmo dei napoletani verso il genere documentaristico “” continua Giuliano “” e questo è che il 70% di proposte di progetti di documentari che arrivano al Premio Solinas (che di recente ha finalmente aperto le porte anche al documentario, ndr) provengono da Napoli!”.
Non a caso nell’ultima edizione di Linea d’ombra Salerno Film Festival, nello scorso maggio, è stata organizzata una sezione di proiezioni e di rifl essioni dal titolo “Made in Naples”.
A Salerno sono accorsi documentaristi di un sud generalizzato che ha trovato in Campania motivo di ispirazione e aggregazione, con in testa il già citato Nicola Giuliano a cui si devono gran parte dei lavori ivi presentati.
L’ischitano Leonardo Di Costanzo (già autore del bellissimo quanto invisibile “Odessa”) ha portato il doc “A scuola”, il leccese Paolo Pisanelli (tra i suoi ultimi documentari, “Il sibilo lungo della taranta”) ha presentato “Don Vitaliano”, il sacerdote “disobbediente” al G8 genovese, il salernitano Andrea D’Ambrosio e il formiano Daniele Di Biasio con “Pesci combattenti”, Enrico Caria e il suo “Vedi Napoli e poi muori” ed infine Vincenzo Marra con la doppietta “Estranei alla massa” e “L’udienza è aperta”.
E tra i convenuti era presente anche Gianfranco Pannone, una delle più appassionate voci del panorama napoletano, che coi suoi tre episodi di “Cronisti di strada” ha messo in immagini il significato dell’autore che “si sporca le mani”.
“In Italia siamo in ritardo su tutto “” ha sottolineato Pannone “” sia nelle modalità produttive e distributive del documentario, sia negli aspetti linguistici, proprio a causa dell’inspiegabile senso di inferiorità che questo genere ancora incute fra gli autori del nostro Paese”.
Ed è la verità .
Pochi sono di fatto quelli che investono e credono nel documentario, molti sono “produttori a metà “, come definisce Pannone alcuni professionisti.
Quindi ha sempre più del “miracoloso” la messe generata nel sud documentarista, in cui è stata creata persino un’apposita scuola (La scuola del documentario) a Bagnoli nell’ex fabbrica dell’Italsider, diretta da Mimmo Calopresti.
Un’iniziativa, questa, che ancora però attende di capire fino a che punto riuscirà (o addirittura se ci riuscirà ) a realizzare la sua mission. Tra difficoltà ed entusiasmi opera su base nazionale l’associazione dei documentaristi italiani, Doc/it ideata sette anni fa e presieduta da Alessandro Signetto.
“Oggi il nostro primo obiettivo è riportare l’Italia tra i grandi produttori di documentari, e per farlo è fondamentale il ritorno delle televisioni come partner produttivi. Noi stiamo tentando da anni “” e ora forse qualcosa si muoverà “” di iniziare un dialogo in questa direzione con la Rai, visto l’aumento a 80 milioni di euro (contro i precedenti 50) del sostegno obbligatorio della tv di Stato alla produzione nazionale cinematografica previsto nel nuovo contratto di servizio.
E il documentario è un genere cinematografico, naturalmente”, spiega Signetto, che, dal suo Piemonte vuole ribadire quanto la sua regione stia già facendo per i documentari: “un fondo cogestito con la Film Commission regionale di 500 mila euro annui, che probabilmente saranno aumentati nel 2008”.
E Napoli non poteva rimanere senza una risposta: “Siamo partiti con un fondo di 60 mila euro annui per finanziare 3 documentari (20mila euro ciascuno)”, ha dichiarato Maurizio Gemma, responsabile della Film Commission Regione Campania. “Con un fondo per l’audiovisivo nel 2006 pari a 1,5 milioni di euro, il numero di documentari finanziati è poi aumentato a 10”.
Cinema&Video International n. 6-7 Giugno/Luglio 2007