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direttore Paolo Di Maira

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SCENARI/La Sala ai tempi dello Streaming

Negli ultimi anni si è assistito a una forte crescita dei servizi non lineari, Video on demand e over the top, tanto in termini di distribuzione quanto in termini di consumo tra il pubblico. Netflix viene spesso citato come caso di successo: in Danimarca è il sesto maggior “canale tv”, mentre negli Stati Uniti rappresenta, nel 2014, il 35% del traffico internet nelle ore di punta.

Restando in Europa, nel 2014 l’Osservatorio Europeo dell’Audiovisivo ha quantificato in circa 2.500 i servizi on demand attivi, di cui oltre 500 dedicati ai soli film, per un fatturato complessivo che nel 2012 si aggirava sul miliardo di euro.
Secondo recenti stime di ITMedia Consulting il totale dei ricavi derivanti dall’offerta Vod in Europa sarà di 2,1 miliardi già a fine del 2015 e raggiungerà 3,9 miliardi nel 2018.
Il successo di tali servizi dipende dallo sviluppo di reti broadband sempre più veloci e dal graduale e inarrestabile passaggio di film e serie su tali reti, ma anche dal mutato atteggiamento dei fornitori dei contenuti tradizionali, sottoposti alla crescente competizione dei grandi operatori globali.

Proprio in questi giorni, forse il più celebre di tali operatori, Netflix, ha annunciato che a ottobre lancerà il proprio servizio anche in Italia.

Di recente l’azienda ha confermato il proprio impegno sui contenuti, ben $5 miliardi entro i prossimi due anni, di cui la metà per opere inedite, comprese quelle in 4K e alta definizione.
Si tratta di cifre importanti ma anche emblematiche: di fatto Netflix investe da sola quasi il doppio dell’intero sostegno pubblico europeo al cinema e all’audiovisivo (circa €3 mld), e quest’ultimo in pratica equivale all’impegno di Netflix nelle produzioni originali.
Tra queste si segnalano due serie pensate per i mercati locali: “Narcos”, destinata principalmente ai mercati latini, e “Marsiglia” per l’Europa e più in particolare per il pubblico francese.

Questa è una mossa dettata non solamente dall’intento di venire incontro alle preferenze del pubblico locale; investire in produzioni originali è indispensabile per superare la barriera dei diritti. La forza di Netflix infatti è legata alla sua library di fiction americane ma in Europa la maggior parte dei diritti delle serie americane di successo è già posseduta dai canali televisivi che le trasmettono.

Nel caso di “Marsiglia”, produrre una serie per la Francia premetterà al gruppo di allearsi con i produttori nazionali e al contempo di dimostrare al governo la propria volontà a investire nell’Esagono. Infatti il vero nodo sui contenuti è se e in che misura gli operatori OTT come Netflix saranno assoggettati agli obblighi di investimento e programmazione di opere eu- ropee e nazionali come le reti tv. In Francia la società ha dovuto scendere a patti con l’Eliseo, incontrando e accettando i suggerimenti dell’allora Ministro alla Cultura Aurélie Filippetti, e si è impegnata a titolo volontario al rispetto delle norme locali sugli investimenti nella produzione francese.

Avendo davanti agli occhi ciò che è accaduto in Francia, è lecito domandarsi se Netflix riserverà il medesimo trattamento all’Italia: produrrà serie tv rivolte solo al pubblico italiano? Parteciperà quindi al finanziamento dell’audiovisivo? Come detto, prima dell’arrivo in Francia, i vertici di Netflix incontrarono più volte il governo d’oltralpe per mettere in chiaro questo aspetto.
Ma in Italia? Il Ministro Franceschini ha incontrato qual- che rappresentante di Netflix? Aspetteremo l’arrivo del servizio per poi organizzare la levata di scudi?
A dire il vero, il mercato italiano è già cambiato moltissimo negli ultimi anni, e anzi, forse proprio le voci sull’imminente ingresso di Netflix nel nostro paese hanno accelerato questa evoluzione. Ci riferiamo in particolare ai servizi over the top di Mediaset e Sky, lanciati rispettivamente a fine 2013 e gennaio 2014, mentre Rai aveva già da tempo il suo portale di catch up tv, Rai.tv. Tra gli operatori web native, ricordiamo la success story di Chili tv, 430.000 utenti in tre anni. Dal lato telco c’è invece Tim Vision. Solo per citare i servizi più noti al pubblico.

Netflix quindi troverà già un mercato vivace e sicuramente agguerrito, pronto a contendergli l’interesse degli utenti.
Senza dubbio la presenza di Netflix determinerà una maggior pressione sulle finestre di distribuzione.
In Francia, dove il sistema delle windows è rigidamente regolato, l’operatore americano ha dovuto impegnarsi a non interferire con il sistema consolidato, ma in Italia già si sono registrati casi di sovvertimento delle finestre, pensiamo al film premio Oscar “La grande bellezza”,  trasmesso da Mediaset quando ancora era in sala.
Netflix ha già annunciato, negli USA, il rilascio day and date del prossimo episodio de “La tigre e il dragone”, da lei stessa prodotto. Pur tra qualche difficoltà e la contrarietà degli esercenti questa è ormai la tendenza, e la presenza di un gigante come Netflix non potrà che accelerare questa evoluzione. In passato il gruppo ha puntato il dito contro le finestre: la persistenza dell’attuale sistema, che garantisce un’esclusiva di tre mesi alle sale cinematografiche prima che un’opera sia resa disponibile su altre piattaforme, di fatto coltiva la pirateria, che si sviluppa quasi protetta da questo sistema distributivo.
Una maggior flessibilità del meccanismo infierirebbe un colpo alla pirateria e alla lunga favorirebbe l’intera industria, con più consumi -legali!- e più cultura cinematografica.

La questione ha già solidi sostenitori: proprio riferendosi alle windows il presidente Agcom Angelo Cardani ha avuto modo di dire che “Bisogna far capire alle imprese che forse il costo dell’indirizzamento verso l’illegalità è maggiore del beneficio di certe tecniche di marketing”.
Ancora più drastico il senatore Felice Casson che nella sua proposta di legge sul diritto d’autore ha sollecitato l’abbattimento delle windows. Queste sarebbero responsabili di un’inadeguata offerta commerciale di contenuti televisivi e cinematografici online, che qui arrivano solo dopo considerevoli periodi di tempo.

Mentre i vari comparti della filiera si preparano ad accogliere Netflix, le soluzioni più recenti e innovative, e non solo in Italia, riguardano però la più tradizionale sala cinematografica. Sono infatti in corso iniziative e sperimentazioni che aggirando la rigidità della cronologia delle windows, creano l’insolita alleanza cinema-video on demand e danno visibilità alle produzioni minori.
Vale la pena di ricordare la scelta del distributore francese Wild Bunch, che ha messo direttamente a disposizione sulla piat- taforma VOD TF1 Vidéo il film “Adaline” per il noleggio online a €6.99, l’equivalente del prezzo medio di un biglietto al cinema. L’iniziativa, che i due partner chiamano e-cinéma, prende atto che il numero di sale fisiche non è sufficiente a proiettare tutti i film che vengono prodotti, e presenta internet come canale di diffusione parallelo al cinema. In Francia questo è però stato possibile solo con opere straniere, che hanno potuto eludere le windows.

Anche in Italia sono presenti iniziative interessanti, anche se limitate a un numero circoscritto di sale.
Il sito Movieday.it permette agli internauti di creare la propria proiezione al cinema, scegliendo la sala più vicina al proprio domicilio e il titolo preferito tra quelli messi a disposizione e catalogati sul sito.
I cinema che hanno aderito all’iniziativa, per il momento sono sei e coprono un territorio che va da Milano a Roma. Ci si iscrive, si sceglie il film da proiettare, il supporto preferito, dove e quando si desidera vederlo, e parte la sottoscrizione online all’evento. I titoli spaziano da alcuni classici a film indipendenti che stenterebbero ad affermarsi a causa della mancanza di una distribuzione seria e capillare.

La società di produzione Palomar di Carlo Degli Esposti invece sta tentando di utilizzare le sale cinematografiche come gestori di film in streaming. Il primo film a tentare questa via è stato “Una storia sbagliata” di Gianluca Maria Tavarelli, dopo l’anteprima gratuita per l’Europa nella sala virtuale di Nuovo Cinema Repubblica in collaborazione con MYmovies Live.

Secondo l’accordo tra Palomar, la piattaforma My Movies e un primo nucleo di sale cinematografiche, l’esercente delle sale incasserà circa €1,30 sui €3,99 pagati dagli utenti per vedere il film in streaming. Il gestore delle sale incasserà solo su quei film di sua competenza stabiliti in un’area di appartenenza di 15 km in parallelo con la programmazione in streaming. Grazie alla geolocalizzazione dell’utente, la piattaforma web riconoscerà la sua quota all’esercente che avrà in programmazione l’opera in quella macrozona. Quindi le sale cinematografiche cambierebbero la loro destinazione di mercato da sale fisiche a sale virtuali con significativo abbassamento dei costi.
Hanno aderito all’iniziativa circa sessanta sale. L’idea è convincere gli esercenti a diventare a loro volta distributori ottenendo una percentuale sugli altri sfruttamenti, in questo caso il download.

I tre casi sopra descritti sono operazioni win-win: business model semplici ma innovativi e coraggiosi sono la dimostrazione che sala cinematografica e video online possono convivere, e anzi, sostenersi a vicenda.
Nel nuovo ecosistema digitale, così, la moltiplicazione dei canali di distribuzione dei contenuti facilita l’emergere di nuove forme di accesso e fruizione, personalizzate, flessibili e persino in mobilità.

 

          Bruno Zambardino è Docente di Economia dei Media e dello Spettacolo alla Sapienza di Roma e Direttore Osservatorio Media di I-COM.
              Ha collaborato Giulietta Bruni 

 

IL SAGGIO/DAL POSSESSO ALL’ACCESSO

Il settore audiovisivo diventa sempre più il cuore pulsante della nuova filiera dei contenuti, mentre cresce la pressione competitiva tra soggetti tradizionali e nuovi operatori globali: i primi vedono entrare progressivamente in crisi i propri modelli di business; i secondi, agendo su scala globale, stanno spostando i propri investimenti dalla mera aggregazione e distribuzione di contenuti altrui, alla creazione di contenuti originali. Questo complesso scenario pone due importanti sfide che fanno da filo conduttore al nuovo libro di Bruno Zambardino “Dal Possesso all’Accesso L’industria Audiovisiva ai tempi dello streaming”(Edizioni Ente dello Spettacolo per la collana Frames).
Il saggio individua i percorsi di lavoro: da un lato l’industria dei contenuti audiovisivi dovrà sperimentare con coraggio nuovi modelli commerciali e distributivi e strategie di ampliamento di un pubblico diversificato e sempre più esigente; dall’altro le istituzioni dovranno essere capaci di elaborare politiche pubbliche a livello regionale, nazionale ed europeo più appropriate al nuovo contesto; favorire un maggior dinamismo in tutte le componenti della filiera audiovisiva, dallo sviluppo fino ai più sperimentali sistemi di distribuzione dei contenuti; valorizzare la produzione originale e stimolare la creatività e l’innovazione dei linguaggi.

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