direttore Paolo Di Maira

DIGITALE/Avanti adagio

di Marco Spagnoli


Gli Incontri sul cinema digitale promossi dall’Anec il 26 e 27 marzo alla Multisala Savoy di Roma hanno avuto il merito di fare confluire in un’unica sede la maggior parte degli operatori del settore, ma anche di mettere sul piatto i tanti nodi irrisolti in questa fase di passaggio della filiera cinematografica da “˜analogica’ a “˜digitale’.


“Da molti anni si parla di digitale.”
Dice Paolo Protti, Presidente dell’Anec:
“Il cosiddetto “˜roll out’, ovvero il momento dell’espansione, è vicino, e noi dobbiamo essere preparati a questo evento, caratterizzato da non poche incertezze.
Al tempo stesso bisogna chiarire alcune questioni economiche: quanto è stato fatto ad oggi lo hanno fatto soprattutto gli esercenti.
Il modello di sviluppo digitale porta, però, grandi vantaggi principalmente alla produzione e alla distribuzione.
E’ un problema non solo nostro, ma che riguarda il mondo intero e che è stato affrontato in vari modi a livello internazionale.
Adesso gli esercenti italiani hanno avuto modo di conoscere una serie di proposte presenti sul mercato prima di decidere che cosa fare”.


Il presidente Protti sottolinea come soprattutto in questa fase sia necessario creare delle sinergie:
“Una vecchia regola del mercato è quella dell’unione che fa la forza. Mettersi insieme consente di fare non solo dell’economia di scala, ma anche di acquisire una maggiore forza contrattuale con la controparte, rappresentata dalla distribuzione, dai fornitori tecnici e dalle società  intermediarie.”


Numerose le aziende tecniche che hanno presentato i loro ultimi prodotti agli esercenti: Qubo, Opensky, Digima, Microcinema, Cinemeccanica, Kodak, Nec, Christie.
 
La parte del leone, però, l’hanno fatta Arts Alliance Media, XDC e D2Digital Darwin che hanno illustrato all’industria italiana il modello di finanziamento chiamato “˜Virtual Print Fee’, ovvero quello della cosiddetta “˜Copia virtuale’ secondo cui distribuzione ed esercizio instaurano, tramite un intermediario, un rapporto di partnership economica per il rinnovamento del parco macchine e l’innovazione digitale della sala.
Un principio di cui sono state illustrate dai tre rappresentanti delle società  coinvolte Gwendal Auffret (Arts Alliance), Fabrice Testa (XDC) e James Troch (D2) anche alcune variazioni da adattare alle differenti realtà  del mercato italiano.
Le tre aziende, infatti, si propongono in modalità  diverse:non solo come intermediari economici tra distribuzione (in particolare le Majors americane) e gli esercenti, ma anche come società  di servizi cui affidare in toto ( sotto il profilo tecnico ed economico) la transizione al digitale.

Un elemento, quest’ultimo, che sembra non convincere, almeno per il momento, la maggior parte degli esercenti.
Da un lato, infatti, qualcuno teme l’ingresso di un terzo soggetto nella mai facile contrattazione tra esercizio e distribuzione.
 Dall’altro, le regole imposte dalla sottoscrizione di contratti con le società  di leasing spaventano la maggior parte degli operatori delle sale.
La non proprietà  dell’impianto installato fino alla fine di un contratto decennale, la negoziazione separata delle percentuali tra distributori ed esercenti, il dover pagare le aziende di leasing in caso di utilizzo dell’impianto digitale per la proiezione di contenuti alternativi come concerti, eventi sportivi e opera lirica, lasciano perplessi tantissimi operatori del settore.


“La realtà  è che non c’è più “˜grasso’ da condividere con altri soggetti esterni al nostro settore “, commenta Piero Fumagalli, pioniere del digitale italiano e fondatore in Lombardia dei due Cinema Arcadia da molti considerati l’eccellenza tecnologica dell’esercizio italiano.
“Gli esercenti non devono cedere, e l’Anec deve prendere posizione perchè  l’esercizio non sia frammentato e possa avere i distributori come interlocutori diretti.
Bisogna sedersi ad un tavolo senza la presenza di altri soggetti che impongono regole e vengono, di fatto, a comandare all’interno delle nostre strutture.
O, nella migliore delle ipotesi, a intromettersi nel rapporto tra esercizio e distribuzione.”


 Fumagalli insiste sul potenziale elemento di disturbo di un terzo soggetto, ma anche sui problemi di gestione dei Multiplex, dove diventerebbe impossibile spostare una proiezione da una sala all’altra, in quanto il distributore non fornisce la seconda chiave digitale necessaria per portare un film da un proiettore all’altro.
“I contratti per il virtual print fee avvengono solo con le sale dal box office più alto e non con tutti gli esercenti.”
Puntualizza Fumagalli: “Se così fosse, la transizione di tutto l’esercizio verso il digitale sarebbe ancora meno omogenea. Questo appuntamento tecnologico – inevitabile e auspicabile – non sarebbe più un’ opportunità , ma una discriminante tra chi può accedere al digitale e chi non se lo può permettere o non viene nemmeno preso in considerazione. I rischi sono troppo alti e dobbiamo poter immaginare un’altra strada per arrivare al cambiamento senza bisogno di coinvolgere nuovi partner.”

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