La recente “rivoluzione digitale” dei Festival
La pandemia tuttora in corso ha comportato un improvviso e del tutto inatteso stravolgimento delle modalità di diffusione dei film, che hanno visto inibito l’accesso alle sale e, quindi, la possibilità di ricevere quel prioritario sfruttamento che ne connota l’essenza e li distingue dal restante prodotto audiovisivo (serie, tv movie, web movie, ecc.).
Ne è derivata la impossibilità di rispettare le tradizionali finestre di sfruttamento e l’opportunità per broadcaster e piattaforme di vedere arrivare prodotto inedito immediatamente disponibile, grazie alle deroghe ministeriali, senza dover attendere i tempi della finestra theatrical, dettata dal decreto Bonisoli, “congelata” – salvo brevi intervalli- per l’intera durata della crisi pandemica.
Ciò ha comportato la necessità in tempi brevi, sia per gli esercenti che le organizzazioni dei Festival – tradizionale vetrina culturale delle opere cinematografiche nazionali ed internazionali – di convertirsi rapidamente verso soluzioni alternative alla tradizionale modalità dell’offerta, soluzioni che permettessero di continuare a proporre prodotto filmico al proprio pubblico, raggiungendolo lì dove quel pubblico si era necessariamente spostato : sulle piattaforme on line.
Se prima della pandemia i siti dei vari Festival si limitavano a mettere on line il programma, la vendita dei biglietti, le foto degli eventi , i dati artistici delle opere, ecc., dallo scorso anno hanno dovuto trasferire la fruizione delle opere su proprie piattaforme/siti o su piattaforme/siti terzi(come Mymovies, Festivalscope, Vimeo), raggiungendo così un pubblico potenzialmente più ampio e comunque diverso da quello tradizionale.
E’ quindi cambiato, rivoluzionandosi anch’esso, lo scenario dello sfruttamento anche in termini di diritti coinvolti, passando dalla sede dei diritti cinematografici (proiezioni delle opere ad un pubblico presente in una sala fisica, ex art.15 L.D.A.) a quella dei diritti di comunicazione al pubblico (diffusione delle opere ad un pubblico distante, idealmente “riunito” in una sala virtuale, ex art. 16 L.D.A.).
Cambiando i diritti, sono quindi mutati gli interlocutori finali , ossia i soggetti titolari dei diritti di volta in volta coinvolti: dal broadcaster free o pay ai gestori di piattaforme svod/pay , cui richiedere direttamente ovvero, tramite il distributore incaricato, l’autorizzazione allo sfruttamento dei diritti interessati.
E nella richiesta di tali autorizzazioni, la limitazione temporale, territoriale (geolocalizzazione) e del numero di accessi massimi alla visione dell’opera (sia nei casi a pagamento che in quelli non a pagamento) sono stati comunque, seppur in un contesto emergenziale che ha visto saltare le finestre di sfruttamento, elementi chiave decisivi per ottenere i necessari nullaosta, contenendo la diffusione delle opere in un ambito geo-temporale sostanzialmente assimilabile alla partecipazione “fisica” degli utenti dei Festival, assimilando la sala virtuale a quella reale anche in termini di potenziale capienza.
L’offerta on line nel contesto normativo e di mercato: le opere cinematografiche di nazionalità italiana.
Se il contesto emergenziale può aver favorito la possibilità di conseguire le autorizzazioni dai titolari dei diritti, occorre capire se e come in prospettiva, nel ritorno allo scenario pre-pandemico, un Festival potrebbe accompagnare alla modalità di offerta tradizionale quella on line.
In primo luogo occorre precisare che l’opera cinematografica non è soltanto un bene culturale, ma rappresenta anche il risultato di una complessa attività industriale e, nel contempo, costituisce l’oggetto di una altrettanto complessa e delicata attività commerciale, basata su equilibri (esclusive) e finestre temporali e territoriali di sfruttamento volte a massimizzare i possibili rientri economici, fondamentali per consentire a produttori e distributori rispettivamente di realizzare e distribuire nuove opere, in un circolo economico (e culturale) virtuoso.
Sul fronte commerciale, l’opera cinematografica, italiana quanto estera, di finzione quanto di genere documentaristico, di lungometraggio come di cortometraggio, è caratterizzata da una filiera articolata di sfruttamenti basata su finestre (windows) temporali di utilizzazione economica governate dalla continua evoluzione del mercato dei diritti, ma sostanzialmente riassumibile come segue: a) in primis, la sala , come sua sede di sfruttamento d’”elezione”; b) quindi, la vendita ed il noleggio, sia di copie fisiche (home video) nei diversi canali commerciali (rental, sell-through, edicola) che di copie digitali su piattaforme di comunicazione elettronica (TVOD/EST), di regola in “day & date” tra loro; c) quindi l’offerta all’interno di palinsesti o cataloghi a pagamento attraverso la sottoscrizione di un abbinamento (Pay/Svod); d) per finire con la televisione cd. FreeTv e l’offerta on demand gratuita (free Vod), normalmente sostenuta dalla pubblicità . Successivamente, l’utilizzazione delle opere prosegue pressoché parallelamente su piattaforme e televisioni, in modalità lineare e non lineare, sia Free che Pay.
Sul fronte normativo, se l’opera cinematografica ha nazionalità italiana ed ha avuto accesso alle agevolazioni di legge, a differenza dei film esteri, essa risulta soggetta al vincolo delle finestre di protezione dettate nel 2018 dal cd Decreto Bonisoli, che, dopo il caso del film “Sulla Mia Pelle” uscito in sala e contemporaneamente su Netflix, ha introdotto una protezione temporale ex lege a tutela dell’esclusività dello sfruttamento cinematografico (da un minimo di 10 gg ad un massimo di 105 gg), durante la quale ogni altro sfruttamento risulta per legge inibìto, pena la automatica decadenza dai benefici statali. Tale decreto ha espressamente abrogato il precedente Decreto 303 del 14 luglio 2017 che si era limitato a introdurre i requisiti minimi in termini di tenitura e di numero di copie per considerare soddisfatta la prioritaria uscita in sala dei film, prevedendo come sufficiente allo scopo la sola proiezione in festival nazionali e internazionali per determinate tipologie di opere, di più difficile sbocco nel circuito cinematografico (sostanzialmente documentari e cortometraggi, ma anche film di finzione).
In questo articolato contesto di regole di mercato e di disposizioni di legge, se si volesse ora abbinare la modalità tradizionale dell’offerta festivaliera “in presenza” con un’offerta on line, creando e strutturando nel tempo modelli “ibridi”, è evidente che ciò non sarebbe facilmente conseguibile per le opere cinematografiche italiane: l’offerta on line da parte del Festival , seppure circoscritta territorialmente e nel numero degli accessi, andrebbe in primis a scontrarsi con l’attuale sistema di regole.
Maggiori chances potrebbero avere le opere estere e le opere italiane prodotte senza accesso alle provvidenze di legge, per le quali l’unico ostacolo allo sfruttamento on line dei Festival sarebbe rappresentato dalla presenza di eventuali esclusive contrattuali legate a prevendite di diritti.
I possibili scenari per favorire l’offerta on line da parte dei Festival.
Seppur con difficoltà realizzative diverse, possono configurarsi prospetticamente diversi scenari possibili, uno coerente con l’attuale contesto normativo e commerciale (quindi immediatamente praticabile) e due, invece, che presuppongono modifiche al sistema attuale di regolamentazione, anche combinabili tra loro:
Scenario 1 (in linea con i vincoli di mercato e normativi delle opere filmiche italiane): acquisire preventivamente dal distributore/produttore, salve eventuali prevendite, unitamente ai diritti di proiezione cinematografica, anche quelli di messa a disposizione su richiesta a pagamento (cd. diritti transazionali) negoziando le revenues da ripartire tra i Festival e i titolari dei diritti. In tal modo, eventualmente anche attraverso una piattaforma unica dei Festival, che avrebbe maggiori potenzialità di attrazione e fidelizzazione del pubblico amante del prodotto festivaliero, i film presentati nei diversi festival aderenti sarebbero riproposti con la forma del noleggio e/o anche eventualmente dell’acquisto elettronico; il pubblico dei Festival, che volesse rivedere o vedere un certo film che non è riuscito a vedere in presenza, ma anche il pubblico delle piattaforme che fosse interessato alla visione di un determinato film, potrebbe noleggiarlo o acquistarlo dalla piattaforma del Festival cosi come da altre piattaforme ove il film fosse contestualmente presente. L’assenza tradizionale di esclusive per gli sfruttamenti transazionali potrebbe rendere possibile avere in licenza questi diritti, pur a scapito della contestualità con l’evento festivaliero, ma con il vantaggio di non avere restrizione di accessi (fatto sempre salvo il geoblocking).
Scenario 2 (de iure condendo cd. Norma Festival ): ottenere una modifica del contesto normativo di riferimento (in sostanza una deroga al decreto Bonisoli), per cui l’offerta ibrida da parte dei Festival dei film italiani che rispetti certe caratteristiche (accessi a pagamento, circoscritti e limitati al territorio, con utilizzo di adeguate tecnologie antipirateria) sia equiparata all’uscita fisica in sala, purchè essa avvenga in concomitanza alla proiezione al Festival (evento) e sia il Festival stesso a raccogliere i pagamenti del biglietto “virtuale” (in analogia con le piattaforme create in piena pandemia dagli esercenti, in cui i biglietto è venduto all’utente direttamente dalla singola sala). La equiparazione allo sfruttamento cinematografico ai fini di legge consentirebbe, dal punto di vista formale, di superare il vincolo normativo del Bonisoli, introducendo una espressa deroga al decreto senza far incorrere i produttori e distributori nella decadenza dai benefici di legge ed eliminando la problematica del rispetto della finestra theatrical , ma non garantirebbe, sul piano sostanziale, l’effettiva acquisizione di tali diritti, ove i titolari non volessero pregiudicare la successiva filiera degli sfruttamenti o non potessero violare esclusive /garanzie contrattuali già concesse.
Scenario 3 (anch’esso de iure condendo): reintrodurre la disciplina precedente al decreto Bonisoli (con l’uscita cinema soddisfatta dal solo passaggio festivaliero), almeno per certe tipologie di opere con più modeste prospettive commerciali (corti, documentari, opere a basso budget, come quelle rientranti nella più recente categoria delle “opere di ricerca e formazione” regolata dall’ultimo decreto sul tax credit n.70/ 2021 cui si rinvia, per le quali, pertanto, l’anticipazione dei diritti on line al tempo della proiezione cinematografica festivaliera – in assenza della finestra theatrical di legge, che verrebbe esclusa espressamente per tali opere –non sarebbe vista come una potenziale “minaccia” alla loro futura commercializzazione, ma, al contrario, come un’opportunità per massimizzarne la visibilità e aprire la possibilità ad utilizzi commerciali successivi. La particolare disciplina riguarderebbe in sostanza opere che faticherebbero probabilmente a trovare una distribuzione in sala e avrebbero proprio nei Festival e nella loro offerta on line, se non l’unica, probabilmente la principale vetrina di visibilità. Peraltro, proprio il recentissimo decreto su citato sembra prefigurare una possibile apertura verso questo scenario, prevedendo che le “opere di ricerca e formazione”, per beneficiare dell’agevolazione fiscale, debbano avere entrambi (“congiuntamente”) questi requisiti: 1) essere presenti in concorsi e rassegne in festival nazionali e internazionali di primaria importanza (allo stato si tratta degli stessi elencati nel decreto relativo ai contributi automatici, ma auspicabilmente tale elencazione potrebbe essere estesa ad hoc a Festival ulteriori) e 2) offerti on line da fornitori di servizi lineari e non lineari e da “altri fornitori” previsti per legge (tra questi potrebbero essere per l’appunto individuati gli stessi Festival con la loro offerta on-line).
Carla De Carolis Avvocato, senior legal specialist, area Business Affairs, Legale e Contratti di Rai Cinema