I cambiamenti nel marketing e la crisi del prodotto medio sono stati alcuni dei temi più dibattuti all’interno dei panel del Torino Film Industry: “dal 1 gennaio 2022 nessun film italiano ha realizzato un box office compreso fra i 900K e 1,5K: solo in 12 hanno fatto di più, e centinaia meno” ha rivelato Gabriele D’Andrea, direttore marketing di Lucky Red, confrontandosi con Federico Mauro, direttore creativo di Vertigo, e Matteo Rovere, regista e CEO di Groenlandia all’interno del panel Marketing e comunicazione del cinema, dal set alla sala
“Le commedie incidono sempre meno in questa fascia di film italiani, il prodotto medio non è eventizzabile: la selezione va fatta a monte, ecco le ragioni della decisione di comprare Zlatan, ad esempio, che è andato molto bene perché eventizzabile. Ma è una scelta editoriale che purtroppo esclude ottimi film che oggi hanno difficoltà a connettersi col pubblico.”
Ma quanto costa distribuire un film al cinema? Continua D’Andrea: “il budget per fare uscire un film in sala va da 300K a 1,5K. Per Il Principe di Roma il budget di lancio è stato intorno a 1 milione di euro, grazie al tax credit, strumento che andrebbe utilizzato per questo, perché riduce il margine di rischio. Per un thriller indipendente come Watcher opera prima di Chloe Okuno, uscito il 7 settembre, abbiamo invece avuto a disposizione meno di 300K, e abbiamo scelto di fare due giornate di campagna su DZN, che hanno preso quasi tutto il budget ma che erano indispensabili per raggiungere il risultato sperato. Il genere si presta a questo tipo di operazioni.”
La tv ha un’importanza centrale nelle campagne, sui film importanti prende circa il 50% del budget, il che può essere molto oneroso: “un’idea buona è lanciarle durante il periodo estivo, quando i prezzi sono notevolmente inferiori perché gli spettatori calano”. L’estate è anche il periodo giusto per fare uscire certi film di genere, come gli horror, ad esempio.
E’ sempre più difficile però, individuare delle regole: anche l’eventizzazione non è più garanzia in sé, precisa Federico Mauro, e questo è legato anche alla crisi dello star system: “il film di Guadagnino, (Bones and All, n.d.r.), che è stato eventizzato e che ha una star di dimensioni planetarie, sta facendo fatica . Adesso non son più le star che ti spingono ad andare al cinema”.
La responsabilità è dei social, e del fatto che internet “ha avvicinato le persone famose: ora le star sono gli influencer, ma nessuno andrebbe al cinema a vedere un film su un influencer. – sottolinea Rovere- Internet, inoltre, ha reso anche le opinioni più prossime, per cui oggi è molto più difficile rispetto a prima andare a l cinema e prendere una fregatura, per cui devi puntare molto di più sulla storia.”
Tutto parte e finisce dal prodotto: sono i prodotti più di rottura quelli che poi consentono anche di pensare le campagne di comunicazione più creative. Ne è convinto Federico Mauro, forte della sua esperienza con film rivelazione come Lo chiamavano Jeeg Robot o Smetto quando voglio.
Mauro individua una differenza fondamentale fra distributori tradizionali e piattaforme nel rapporto con l’agenzia creativa: “con il distributore e il produttore di solito c’è una felice-infelice anarchia, mentre le piattaforme hanno le idee chiarissime sul film. Da loro ci arrivano indicazioni precise sulla targetizzazione, su cosa funziona, su cosa metter cosa non mettere”. E mette in guardia sull’insidiosa deriva di quest’ultimo approccio: “rendere la comunicazione sul cinema tutto fuorché creativa, rischiando di creare grandi scatole.”
“E’ il segreto di Pulcinella dello streamer che, mentre promuove il contenuto promuove sempre anche se stesso, – aggiunge Rovere.- Questo è senza dubbio il momento in cui le istituzioni si devono concentrare nel sostenere il cinema perché ne va del racconto del nostro paese: siamo al 5° o al 6° posto al mondo per quanto riguarda gli investimenti degli streamers, ma dobbiamo tenere botta sull’elemento creativo.”
D’Andrea sottolinea però, anche elementi di originalità nella comunicazione delle piattaforme, da cui prendere spunto, citando il caso di Netflix con È stata la mano di Dio: “hanno comunicato Sorrentino, con video dove il regista parlava del suo rapporto con Napoli. Noi abbiamo ‘copiato’ questo approccio con il film di Cronenberg, uscito ad agosto, decidendo di togliere dalla comunicazione i protagonisti e il festival di Cannes, e di concentrarsi su Cronenberg stesso, realizzando le magliette e riproponendo al cinema una maratona dei suoi film.”
Anche i social possono essere considerati un altro canale da cui trarre ispirazione, conclude D’Andrea, citando l’esempio di Medusa, che ha comunicato su Tik Tok Nostalgia di Martone, popolandolo della partecipazione a Cannes, agendo dunque su un target completamente diverso in maniera contro intuitiva. “Lo copieremo per Esterno Notte”.
O la pubblicità, sempre su Tik Tok della serie di Tim Burton, Mercoledì.