Il 1° Luglio inizia il semestre italiano di presidenza dell’Unione Europea.
Pubblichiamo un intervento in cui Bruno Zambardino, in esclusiva per Cinema & Video International, anticipa le iniziative che il governo italiano si propone di intraprendere in materia di audiovisivo.
Nell’orientare gli argomenti che saranno oggetto di confronto tra i paesi membri , l’agenda della Direzione Generale Cinema del MiBACT dovrà tener conto della comunicazione della Comunità Europea denominata “European Film in the Digital Era Bridging Cultural and Competitiveness”, il cui senso è riuscire a valorizzare la diversità culturale del cinema europeo all’interno di un mercato che cambia.
Il nodo maggiore che finora i meccanismi di sostegno attivati dall’UE (MEDIA e Eurimages) non sono riusciti a sciogliere, è la scarsa circolazione del prodotto europeo nei paesi dell’Unione che non siano quello di provenienza.
L’intervento in oggetto si sofferma su questo aspetto (non soltanto: anticipa le altre principali questioni sul tappeto, dalla “digitalizzazione” del mercato, alle “finestre” nello sfruttamento dei film, alla necessità di una maggiore cooperazione tra il mondo della scuola e quello del cinema), individuando la nuova sfida in criteri di sostegno che privilegino la fase dello sviluppo rispetto a quella della produzione. Come dire: se vogliamo un cinema europeo dobbiamo partire da storie che interessino un pubblico europeo.
La scommessa è alta, e se la DG Cinema riuscirà ad “aprire il cantiere”, avrà fatto fare un grosso passo in avanti non solo al cinema europeo, ma anche (e soprattutto) a quello italiano.
Quello italiano è un mercato sostanzialmente chiuso, anche se questo è un anno felice per l’immagine del nostro cinema all’estero, ben avviato con l’Oscar a “La grande bellezza” di Paolo Sorrentino, e il Grand Prix di Cannes a “Le meraviglie” di Alice Rohrwacher. Tali riconoscimenti hanno confermato che nel cinema italiano c’è ricchezza.
La “ricchezza”, però, si disperde se non viene trasformata in “potenza”.
E’ un limite, questo, che è parte della storia italiana, di cui il cinema è solo un aspetto. Ma torna in mente quando il DG cinema Nicola Borrelli dice (lo ha detto in occasione di un incontro a Cannes) che ci sono “elementi di cui essere fieri, eppure persistono molti fattori che ancora strozzano il sistema”
Provo a entrare nel concreto con un esempio.
Nel “Decreto Cultura”, approvato il 22 maggio dal Consiglio dei Ministri, è contenuta un’importante misura che eleva da 5 a 10 milioni di euro il limite per il tax credit alle produzioni esecutive dei film stranieri; misura studiata per aumentare l’appeal dell’Italia sulle grandi produzioni internazionali.
Perché non aver colto l’occasione del Festival di Cannes – come è noto appuntamento privilegiato delle mega produzioni, e dove il Ministro Franceschini è stato, intervenendo alla cerimonia d’apertura – per creare un evento che comunicasse con efficacia la “migliorata offerta” italiana? Perché non aver colto quest’occasione per affrancarsi dal vizio dell’autoreferenzialità che troppo spesso caratterizza le iniziative italiane a Cannes?
E’ questo, a mio avviso, un piccolo esempio di come la ricchezza potrebbe essere trasformata in potenza.
Il “semestre”, ne siamo tutti consapevoli, rappresenta un momento importante per co- municare che l’Italia sta cambiando, anche nel cinema.