Va a Serena Gramizzi, produttrice con la sua BO Film de Il Processo di Bologna di Paolo Fiore Angelini il premio Doc/it Women Award, che Doc /it assegna allo sviluppo di un progetto: 4000 euro, messi a disposizione da Roma Lazio Film Commission, “per sottolineare il ruolo della produttrice in quella fase della realizzazione di un film in cui sostegni vanno di solito al regista o allo sceneggiatore”, spiega Adele Dell’Erario, innovation manager di Doc/it, che ha moderato l’incontro, preliminare alla consegna del premio, dedicato proprio alla centralità delle produttrici italiane, e svoltosi lo scorso 5 settembre al Venice Production Bridge della Mostra del Cinema di Venezia.
Un progetto prodotto da una donna ma con un regista uomo. Perché la cosa più interessante, come sostiene Massimo Arvat, consigliere di Doc/it, è ragionare su cos’è uno sguardo femminile, e sostenerlo. “Se c’è una produttrice che porta un progetto che ha un punto di vista tipicamente maschile, questa non è una vittoria. Io credo che è qui che sta il vero cambio culturale: fra due giorni alla Mostra del Cinema viene presentato il film Amor di Virginia Eleuteri Serpieri, un progetto passato da IDS che è portatore di uno sguardo femminile straordinario ed è esattamente il compimento di ciò di cui stiamo parlando. Mi piace l’idea che la nostra associazione possa essere di nuovo laboratorio di questo dibattito”
Il momento è di grande difficoltà e insieme vitalità per l’industria del documentario: “alla difficoltà di tutti i produttori indipendenti (paradossalmente oggi c’è un grande appetito per il documentario ma apparentemente è sparita la possibilità di fare business), si aggiunge quella delle produttrici donne di fare breccia in contesto prevalentemente maschile, -dice Enrica Capra, produttrice di Graffiti Doc. -Quando partecipo a degli incontri con un collega maschio, anche molto più giovane di me, immediatamente viene percepito lui come la persona di riferimento: una donna ha ancora un problema di legittimità quando si siede a un tavolo per discutere di lavoro.”
Questioni centrali anche nell’esperienza di Serena Gramizzi, che nel discorso di ringraziamento per il premio ottenuto ricorda “l’impegno produttivo e civile nel quale un regista uomo, Paolo Fiore Angelini, mi ha imbarcato, e dove ho dovuto combattere per parecchie udienze per il riconoscimento del mio ruolo di produttrice donna sia in ambito produttivo che giuridico, in un processo dove i protagonisti erano prevalentemente uomini.” E, racconta:
“Finora ci siamo auto prodotti, insieme all’associazione abc e alla società di produzione Ponte di Archimede con un aiuto del Comune di Bologna e di Regione Emilia Romagna, un archivio processuale, di memoria, che vorremmo utilizzare poi per realizzare una serie in 6 puntate. Questo archivio, assieme ad un piccolo aiuto dal fondo di sviluppo di Emilia Romagna Film Commission, e a questo premio, sarà probabilmente il vero supporto italiano a questa serie.”
Il panel ha visto anche la presentazione dei primissimi dati di una ricerca sul documentario che Doc it ha intrapreso, avvalendosi del sostegno di Sardegna Film Commission e Lombardia Film Commission e della collaborazione di Certa (il Centro di ricerca su televisione e audiovisivi diretto da Massimo Scaglioni) e della ricercatrice Federica D’Urso come ricercatrice, La Cattolica, La Sapienza e partnership di WIFTMI
Molte sono state le trasformazioni nel mondo del documentario, soprattutto negli ultimi anni, e soprattutto in termini quantitativi, grazie anche ai cambiamenti nello scenario delle politiche in Italia, dice Massimo Scaglioni: “siamo passati da 90 a 150 titoli prodotti negli ultimi 5 anni. La qualità del sistema industriale cambiata: fino a poco fa pensavamo al documentario come ad un prodotto destinato alla distribuzione in sala, oggi sappiamo, (sono i primi dati di una ricerca per APA che presenteremo al MIA) che quelli commissionati dalle tv e dalle piattaforme in termini numerici hanno superato decisamente gli altri. Piattaforme e canali hanno dato una nuova linfa vitale, aperto a nuovi pubblici e mai come oggi il documentario riesce a raggiungere pubblico così ampio. Per APA stiamo mappando tutto lo scenario del cosiddetto unscripted: abbiamo osservato, ad esempio, che c’è un vento di dinamismo e vitalità nel sottogeneri del DOCU, che sono fortemente richiesti: questo ed altri elementi positivi che adesso devono essere inquadrati in una ricerca ampia e di sistema”.
Il cambiamento del ruolo del documentario nell’industria audiovisiva è l’oggetto del primo anno di ricerca, spiega Federica D’Urso: “oltre a questo vorremmo focalizzarci su dove ci troviamo adesso anche dal punto di vista tecnico-istituzionale. La legge 2016 ha finalmente dato al documentario una definizione ufficiale: è un genere tutelato da tutti i livelli territoriali e il suo mercato è strettamente connesso alle politiche pubbliche del suo finanziamento in quanto è espressione della cultura. Il confronto e il confine con l’intrattenimento, più che con la fiction, sarà uno degli argomenti che affronteremo.
Il secondo anno sarà dedicato all’analisi dell’industria in Italia, dove i protagonisti non sono più solo i produttori storici ma anche molte grosse società che si affacciano e mettono in crisi modelli di business tradizionale. Il terzo alla riflessione sull’ internazionalizzazione del settore, su esportazioni e importazioni.”
D’Urso ricorda anche gli inizi di Doc/it di cui era collaboratrice: “gli argomenti di discussione erano le co-produzioni il lavoro su linguaggio e l’innovazione dal punto di vista dei contenuti, della produzione, della tecnologia…Cose che poi sono state ‘scoperte’ anche da settori più rilevanti del doc. Per sua natura, dunque, il documentario è luogo di sperimentazione e innovazione, e osservare questo mercato ci darà strumenti per capire cosa accadrà anche negli altri comparti.”
Parole condivise da Francesco Virga, presidente di Doc/it: “come associazione di categoria riscontriamo che, alla partecipazione molto forte delle produttrici nel documentario, non ne corrisponde una altrettanto forte nel resto dell’ecosistema dell’audiovisivo italiano, nonostante i progressi fatti. L’incontro di oggi ha lanciato interrogativi che si devono allargare: i dati su produzione femminile accorpano, ad esempio, funzioni di produzione che prevedono situazioni di potere molto diverse: fra le line producers ci sono molte donne, ma: quanto potere decisionale gestiscono?
Il Ministero ha svolto un lavoro di ricreazione del sistema importante, anche se con segnali contrastanti. Ci dicono che si producono troppe opere che non si vedono e che bisogna lavorare sulla qualità. Ma cosa vuol dire qualità? Su questo tema siamo coinvolti in un’interlocuzione politica con il Ministero della Cultura Spesso passa il concetto, secondo me errato, che la qualità coincide con un alto budget . Doc/it dice che ci sono processi per raggiungere la qualità, e che questa passa necessariamente per lo sviluppo, che è una centrale. Responsabili dello sviluppo sono i produttori e le produttrici: molte produttrici hanno dimostrato di essere capaci di produrre la qualità, e in questo hanno sicuramente aiutato anche i percorsi di formazione avviati da Doc/it”
E a proposito dello sviluppo de Il Processo di Bologna, Gramizzi ricorda “il lavoro eccellente svolto dall’autrice, Antonella Beccaria, una delle giornaliste più preparate sulla strategia della tensione.”
Questa la motivazione con cui la Giuria, composta da Domizia De Rosa, presidente di Women in Film, Television & Media Italia (WIFTMI); Graziella Bildesheim, membro del board di European Film Award, le produttrici Enrica Capra e Stefania Casini e la regista Maria Iovine, ha assegnato il Doc/it Women Award a Serena Gramizzi:
Per aver saputo governare un processo di sviluppo articolato, lungo, costoso e rischioso, relativo ad un progetto di vasta portata; Per la capacità dimostrata nel tracciare – ed essere riuscita a mantenere – la rotta per arrivare in porto; Per la presentazione impeccabile e meticolosa di un dossier capace di restituire con chiarezza le scelte tecniche, l’accesso ai materiali, le strategie di sfruttamento e di audience engagement; Per le doti e la lucidità con le quali viene trattata una materia incandescente, dalla valenza storica e politica fondamentale per il nostro paese; Quindi per l’urgenza etica del tema trattato, per il coraggio e la determinazione delle scelte produttive e per un percorso di sviluppo affrontato con grande spessore e qualità, il premio Doc/it Women Award 2023 va alla produttrice Serena Gramizzi con il progetto documentario Il Processo di Bologna