direttore Paolo Di Maira

CNA / Le imprese di comunicazione chiedono indennizzi

  • L’aggravarsi della crisi sanitaria nazionale sta producendo l’effetto domino temuto: esercizio, produzione, distribuzione, festival, ma non solo. A risentirne è anche tutto un mondo parallelo ma strettamente legato all’industria dell’entertainment: editori digitali on-line verticali specializzati in cinema, uffici stampa, agenzie social, di comunicazione, eventi e promozioni specializzate in gestione dei lanci cinematografici. All’improvviso anche questa tipologia di imprese – tra loro eterogenee, ma tutte operanti in questa industria culturale e indispensabili allo sviluppo della stessa – si è ritrovata senza clienti e senza investimenti pubblicitari, con una situazione di totale blocco che dovrà poi ritrovare una difficilissima normalità quando l’emergenza sarà rientrata. Si tratta di decine di aziende e centinaia di addetti, dipendenti , liberi professionisti, a rischio sopravvivenza.

Un pool rappresentativo di questo vasto settore di supporto già a marzo – quando era scoppiata l’epidemia e la prima chiusura del sistema cinema – aveva deciso di comune accordo di portare all’attenzione del MiBACT e del Ministero dello Sviluppo Economico le proprie esigenze immediate e future, richiedendo tra le altre cose sgravi fiscali per incentivare lo smart working, sospensione dei versamenti tributari, contributivi ed assistenziali e fin da allora possibilità di rientrare nel perimetro di attuazione del Fondo straordinario(art. 89 del Decreto).

“In questa ritrovata emergenza – sottolinea il presidente di CNA Cinema & Audiovisivo Gianluca Curti –  il governo ha garantito con i Decreti Ristori e Ristori-Bis indennizzi a tutte le attività chiuse a causa delle restrizioni adottate per il contenimento della pandemia, ma purtroppo tutte le aziende in questione, non rientrando nei codici Ateco previsti dai Decreti, non hanno diritto a tale forma di sostegno mentre dovrebbero averlo perché sono equiparabili a tutti gli effetti alle sale cinematografiche. Se il governo chiude le sale cinematografiche di fatto parallelamente chiude il lavoro di aziende che vivono dell’uscita in sala dei film. Chiediamo, di conseguenza, che anche questa tipologia di imprese sia inclusa tra le aziende beneficiarie degli indennizzi indipendentemente dagli eterogenei codici Ateco di riferimento, essendo aziende specializzate verticalmente in un settore, la filiera cinematografica tradizionale, che dal primo lockdown non è mai realmente ripartita e che per le sue peculiarità – conclude Curti – rischia di rimanere sostanzialmente chiusa fino a primavera inoltrata”.Cine

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