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direttore Paolo Di Maira

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CINEMA DI GENERE & PRODUZIONE GLOBALE /Rinascita o Superamento?

Il fenomeno cinese Creation of the Gods, una trilogia epica, ambientata nella Cina antica di 3000 anni fa e  il cui primo capitolo è uscito con successo nei cinema cinesi lo scorso luglio, è stato al centro del panel Genre Trends in Global Film Production, che si è svolto oggi, 3 settembre alla Mostra del Cinema di Venezia, presso l’Italia Pavillion, organizzato da DGCA- Cinecittà come parte del Focus China, che, come ha ricordato Roberto Stabile, responsabile dei progetti speciali per DGCA- Cinecittà, “è arrivato all’8° anno con grande successo proprio nell’80° anniversario della Mostra del cinema, un traguardo che raggiungeremo anche noi se la collaborazione proseguirà così felicemente”. Creation of the Gods è un buon esempio dell’ascesa dei film di genere in Cina e in Asia in generale, sottolinea Peggy Chao, produttrice e critica cinematografica, che ha moderato l’incontro.

Di Creation of the Goods ha parlato il suo regista Wuershan, che ha sottolineato come si tratti di una storia molto conosciuta dal popolo cinese, “fin dalle scuole elementari la leggevo sui fumetti e ne sono stati realizzate varie versioni, animate, teatrali, televisive.”

Questa è la prima cinematografica: un progetto molto ambizioso, mai realizzato in Cina prima d’ora e che ha richiesto un enorme lavoro di sviluppo (“la sceneggiatura è tratta da un’opera composta da 20mila ideogrammi e 100 capitoli”), la ricreazione di una foresta in uno studio di 10 mila mq, l’utilizzo di 20 teatri di posa, il coinvolgimento,  per riprese e post-produzione, di circa 10 mila persone provenienti da 21 paesi.

“La tecnologia usata era di una portata tale che abbiamo deciso di affidarci a molti professionisti internazionali: dal produttore de Il Signore degli Anelli, che ci ha fornito tutta la sua expertise, ai consulenti per gli effetti visivi americani, che hanno creato una società dedicata e hanno lavorato con nostri concept artists. E ancora, consulenti per il movimento, l’equitazione, la recitazione: l’intento era creare un universo (i prossimi capitoli usciranno a luglio 2024 e 2025) che riuscisse a superare i confini della storia cinese e diventasse godibile a livello internazionale.”

Il riscontro al box office è stato molto buono, non il migliore però, di quest’estate, rivela Kris Philipps, attore e star del film, che cita i due titoli cinesi che l’hanno superato: Lost in the Stars e No more Bets, due film che danno indicazioni interessanti su cosa spinge il pubblico cinese in sala: “è brutale l’influenza dei social media e l’abitudine di guardare contenuto di tipo gossip o sensazionale, omicidi rapimenti…non a caso questi due film sono entrambi basati su fatti reali: uno racconta di una frode digitale, l’altro di un uomo che uccide la moglie durante una vacanza all’estero. Creation of the Gods è un film tradizionale, per un pubblico che vuol essere trasportato in un altro mond: in questo senso un film più antiquato, di quelli che Hollywood faceva una volta. Il lavaggio del cervello a cui siamo sottoposti con i nostri telefonini si muove in senso contrario: invece di catapultarci in un mondo lontano ci spinge sempre di più nel nostro proprio circolo, ed è questa, secondo me, la vera sfida che i creativi di tutto il mondo devono affrontare oggi: c’è ancora un futuro per i film che ci ‘portano fuori da noi stessi’?”

Uno di questi potrebbe essere Sidonie au Japan, in concorso alle Giornate degli Autori, con Isabelle Huppert nel ruolo di una scrittrice in viaggio in Giappone. Lo firma la regista e sceneggiatrice Elise Girard, che è intervenuta per raccontare l’esperienza della co-produzione con il Giappone (“molto stimolante ma difficile, perché ad alcune professionalità non corrisponde esattamente lo stesso lavoro in Francia e in Giappone”) e ha parlato anche della passione del pubblico francese per i film di genere, soprattutto horror, a cui ultimamente si dedicano anche molti giovani cineasti (una per tutte Julia Ducournau, regista di Titanie). “L’horror è comunque considerato un genere un po’ a se’ nel panorama produttivo francese, un po’ lasciato da una parte”

Paolo Bertolin, programmatore di festival (fra cui la Mostra del Cinema e la Quinzaine des Realisateurs di Cannes), sottolinea invece come la divisione fra ciò che è considerato  cinema di genere e  ciò che non lo è (i film drammatici, ad esempio) stia sempre più sfumando, tanto nel cinema arthouse che in quello commerciale: “ne sono una prova i tre film che passano oggi in Concorso qui a Venezia: The Killer, di David Fincher, che non può essere definito nient’altro che un thriller, ma che ha al suo interno un’indagine psicologica sul personaggio che strizza occhio al cinema autore, The Beast di Bertrand Bonello, cinema d’autore che re-inventa in modo unico elementi di sci-fi e thriller ed è anche un film in costume, e The Theory of Everything di Timm Kröger re-immaginazione contemporanea di cinema d’autore con un mix di generi: dai thrillers dark degli anni 50-60, passando per  Fassbinder e il Mutliverso. Ci troviamo ad un crocevia interessante e lo si vede anche nei successi al box office degli ultimi anni: Parasite, che è assieme cinema d’autore e grande intrattenimento, Everything everywhere all at once, che accompagna l’intrattenimento con lo stimolo alla riflessione, Oppenheimer, dramma serio, con elementi  sci-fi, che intrattiene e spaventa. E questa tendenza non può che dimostrare che il cinema, contrariamente a quanto spesso si sente dire, oggi vive un momento di grande vitalità”

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