Le donne sono state sicuramente protagoniste dei due giorni industry di Visioni Incontra, all’interno della 10° edizione del Festival Internazionale di Documentario Visioni Dal Mondo. Fra le storie al femminile che sono state particolarmente apprezzate e premiate, c’è quella di Elvira Notari, prima donna del cinema italiano, regista e produttrice nella Napoli degli anni 20 e 30, raccontata da Transizioni, diretto Valerio Ciriaci da e prodotto da Antonella Di Nocera di Parallelo 41 Produzioni, Awens Film e Cinecittà, che ha vinto il Premio La Compagnia e il Co-Pro Award (leggi qui).
La storia di questa straordinaria pioniera di cui nel documentario parleranno vari studiosi ha l’ambizione di far trasformare quello che è stato patrimonio quasi settario, di poche elette in patrimonio comune. Cosa che, se si vuole, è anche l’obiettivo di Women in Film, Television & Media Italia, che a Visioni Incontra sono state protagoniste del panel Non Siamo Un Genere: il cinema del reale e il racconto delle donne. Canonizzare l’eccezionalità o restituire la complessità? coordinato da Cinzia Masotina, responsabile della sezione industry di Visioni dal Mondo, e Domizia De Rosa, presidente di WIFMTI.
De Rosa è convinta che il percorso del documentario su Elvira Notari sarà simile a quello di Alice Guy, altra pioniera del cinema che è diventata patrimonio comune che grazie alla circolazione su Sky Arte di Be Natural: la storia mai raccontata di Alice Guy-Blaché, in cui la voce narrante di Jodie Foster ci accompagna alla scoperta della prolificissima produzione di questa regista e imprenditrice cinematografica, che dopo il successo e la fama iniziale fu esclusa dall’industria che contribuì a costruire.
In apertura del panel, De Rosa ha brevemente citato i dati più significativi presentati recentemente a Venezia nel seminario sulla parità di genere (leggi qui), evidenziando come il documentario sia un ‘genere’ a forte presenza femminile (circa il 40%, secondo la ricerca condotta da Cattolica e MIC) e come nella categoria ricercatrici le donne rappresentino il 71% (questo invece emerge dalla ricerca Eurimages).
La produttrice Gloria Giorgianni (di Anele) nota però che i numeri del MIC indicano anche che se le registe di cinema di finzione sono cresciute dal 13 al 17% (dal 2019 al 2023), c’è stata una deludente inversione di rotta nel settore dei documentari, dove il gender gap è tornato a livelli precedenti quelli del 2019.
Ma anche i dati sono portatori di una canonizzazione che lascia fuori molta complessità nota proprio Antonella Di Nocera, che ha mostrato un teaser con alcuni dei titoli del catalogo di Parallelo 41: “una buona metà dei miei film o hanno una donna come regista, o un uomo che mette al centro storie di donne. Tanti esempi di cos’è la non eccezionalità nel cinema documentario al femminile” (dove eccezionalità non è riferito alla qualità delle storie ma al fatto che queste abbiano come protagoniste persone comuni, n.d.r.).
Fra queste, Aperti al Pubblico di Silvia Bellotti, Rosa Pietra Stella di Marcello Sannino, Le cose belle di Agostino Ferrente e Giovanni Piperno, Il vangelo secondo Ciretta di Caroline Van Der Tann, Procida degli allievi del Procida Film Atelier 2022.
“Di fronte a dati del MIC mi sorprendo perché manca tanto mondo, tanta produzione non canonizzata, questo forse perché tanti dei miei film non sono iscritti sulla piattaforma MIC eppure molte persone si sono formate così”. Nocera cita anche l’Atelier di Cinema del Reale, dove la partecipazione femminile è del 70% e, ammette, “la sproporzione fra il numero donne che si preparano alla professione e quelle che poi la realizzano è impressionante.”
É la ‘riserva indiana’ del cinema che si produce lontano del centro, con le risorse periferiche ma preziose dei fondi regionali ad esempio, che sono un baluardo a difesa della diversità e dell’eccezione culturale, adesso messi a rischio dal nuovo decreto sul Tax Credit.
“Una norma che senza dubbio necessitava una riforma, perché sono stati spesi troppi soldi legati al credito d’imposta, ma è un problema che non può riguardare le piccole e medie imprese.” Sottolinea Ivan Olgiati, produttore di Articolture e Presidente di CNA Cinema e Audiovisivo Emilia Romagna e vicepresidente di CNA Cinema e Audiovisivo Nazionale, intervenendo all’interno del confronto sui Modelli regionali di sostegno all’audiovisivo che ha visto protagonisti i raggruppamenti CNA Cinema e Audiovisivo di Emilia-Romagna, Veneto, Liguria, Lombardia, Basilicata, Piemonte e Toscana e le film commission di Lombardia, Toscana, Piemonte, Emilia Romagna.
All’interno del panel sono state ribadite le preoccupazioni e perplessità espresse nell’incontro di Venezia (leggi qui) a seguito del quale le film commission hanno avuto in incontro con la DG Cinema e la Sottosegretaria Borgonzoni, dove “abbiamo posto due temi: uno dal probabile esito ottimistico relativo alla necessità di una norma transitoria per quei produttori che si sono trovati nel limbo determinato del passaggio dal vecchio al nuovo Tax Credit. L’altro è invece relativo al mancato riconoscimento dei nostri contributi come qualificanti per i contributi selettivi, che, fra le altre cose, porta con sé il rischio che le regioni arretrino il loro sostegno dalle opere cinematografiche verso quelle televisive per un problema di liquidità della nostra spesa.” osserva Fabio Abagnato, direttore di Emilia Romagna Film Commission.
Altro rischio legato alla perdita di forza dei fondi regionali, sottolineano Alfonso Cioce (presidente CNA Cinema e audiovisivo Liguria) e Angelo Rocco Troiano (CNA Basilicata) è quello di perdere opportunità sul campo delle co-produzione europee, dove molti produttori associati CNA sono impegnati.

Una riserva indiana è anche Rai Documentari: lo dice il suo direttore, Fabio Mancini, che insiste sul fatto che la discriminante, nel suo canale, riguarda solo la capacità delle storie di essere emozionanti. “Per 7 anni ho raccontando donne e uomini di tutto il mondo, storie di persone non eccezionali di cui sono molto orgoglioso, ma non siamo mai andati oltre il 2,8%. Siete sicuri di volerle ascoltare queste storie?” Chiede provocatoriamente Mancini, sottolinenando come l’aumento della produzione dovrebbe andare di pari passo con quello degli spazi.
A questo punto Di Nocera mette l’accento sui 237 documentari prodotti ogni anno in Italia contro i quasi 2000 prodotti in Francia, (con France Tv che ha un budget di 100 milioni annui per i documentari), o su contesti come quello finlandese, dove “già 20 anni fa, il broadcaster pubblico YLE programmava in prima serata il lunedì del documentario. É un problema di cultura del paese.”
La produzione al femminile è associata al nuovo, alla scoperta e alla sperimentazione: lo sostengono I Wonder Pictures e per Rai Cinema
“Fra i pochissimi, selezionati documentari che produce I Wonder (che pur era nato dal documentario ma adesso è sempre più specializzando in cinema di finzione), non è un caso che gli unici due di questi anni siano La timidezza delle Chiome di Valentina Bertani e Frammenti di un Percorso Amoroso di Chloe Barreau , – dice Caterina Mazzuccato. – E che, per quanto riguarda la fiction, a breve uscirà The Substance, che assieme al precedentemente distribuito Titan, è un esempio di due registe che fanno un genere, (il body horror, n.d.r.) di cui una volta si sarebbe detto non è un genere da donne.”
Gabriele Genuino cita invece Amor di Virginia Eleuteri Serpieri “che esplora un percorso interessante, particolarmente al femminile, rompendo anche i canoni classici della narrazione classica come aveva fatto anche Martina Melilli con My Home in Libia, creando un’ ibridazione di linguaggi e di mondi.”