C’è anche un pezzo d’Italia nel film che ha conquistato l’Orso d’Oro di questa 72esima edizione della Berlinale, che è tornata in presenza in forma ridotta, e ha consegnato ieri sera, 16 febbraio, i premi ai vincitori.
Alcarràs opera seconda della regista catalana Carla Simón, è una co-produzione italo spagnola, fra Avalon Pc, Elastica Films, Vilaüt Films, Alcarràs Film Aie e la Kino Produzioni di Giovanni Pompili, ed è proprio ai produttori che va il massimo riconoscimento del festival berlinese.
La storia, quella della famiglia spagnola dei Solé, che dopo 80 anni nella stessa terra si riunisce per l’ultimo raccolto interfacciandosi per la prima volta con un futuro incerto, è passata inoltre dal Torino Film Lab nel 2018, dove la sceneggiatura è stata sviluppata nel contesto del programma TFL ScriptLab.
Si conferma vincente la scommessa della Berlinale sui giovani talenti, che coinvolge anche il suo Co-Production Market: Simòn, che aveva già conquistato, nel 2017, il GWFF Best First Feature Award e il Generation Kplus Grand Prix Jury Award con il suo film d’esordio, Summer 1993, nel 2019 aveva partecipato, con Alcarrás, al mercato di coproduzione che corre parallelo al Festival, dove i produttori avevano vinto l’Eurimages Co-Production Development Award.
Il film è stato, fra l’altro, oggetto della case study di quest’anno del mercato diretto da Martina Bleis, dove il premio di Eurimages è andato alla francese Caractères Productions e all’iraniana Honare Khiyal per il progetto My Favourite Cake, diretto da Behtash Sanaeeha e Maryam Moghaddam.
Anche l’altro film (totalmente) italiano in Concorso, Leonora Addio di Paolo Taviani, che sarà nelle sale dal 17 febbraio, distribuito da 01 Distribution, torna a casa con il Premio FIPRESCI. Il film è una produzione Stemal Entertainment con Rai Cinema – prodotto da Donatella Palermo – in associazione con Luce Cinecittà, in associazione con Cinemaundici realizzato con il sostegno della Regione Siciliana – Assessorato Turismo Sport e Spettacolo – Sicilia Film Commission con il contributo del MIC – DG Cinema e Audiovisivo.
E se i vincitori italiani sono due uomini, è prevalentemente femminile il palmarès di questa edizione del festival, dove le donne sono anche il motore delle storie.
Anche della loro scrittura: è Leila Stieler, l’autrice della migliore sceneggiatura, che ruota attorno a un’esplosiva figura femminile: quella di Rbiye Kurnaz, una madre tedesco-turca in lotta per il figlio detenuto a Guantanamo, che intraprende un viaggio, raccontato con ironia e sensibilità, fino alla suprema corte di Washington.
E’ tratto da una storia vera Rbiye Kurnaz vs George W. Bush, diretto da Andreas Dresen, e interpretato dall’attrice Meltem Kaptan, anch’essa di origine turca, che ha conquistato l’Orso d’Argento per il miglior ruolo da protagonista.
Dall’anno passato, la Berlinale ha deciso di eliminare il genere dai premi per gli attori, e sono le donne, fino ad oggi, a portare a casa le statuette.
La migliore attrice non protagonista è l’indonesiana Laura Basuki per Nana di Kamila Andini.
L’Orso d’Argento alla miglior Regia va a Claire Denis, che dirige Juliette Binoche in un triangolo amoroso in Both Sides of Blade, tratto dal romanzo di Christine Angot Un tournant de la vie, che ha scritto la sceneggiatura (è la seconda collaborazione con Denis dopo Un beau soleil intérieur).
Robe of Gems, esordio alla regia della messicana Natalia Lopez Gallardo, (già montatrice Amat Escalante, Lisandro Alonso and Carlos Reygadas), vince invece il Silver Bear Jury Prize, in una storia di perdita e violenza psicologica e sociale, dove la realtà di una delle regioni più povere del Messico si intreccia con sogni e metafore. Ed è proprio alla “gente dello stato di Morelos” che Gallardo dedica il suo premio.
Completano il Palmarés, il Gran Premio della Giuria al regista coreano Hong Sang Soo per The Novelist’s Film, il Premio per ‘Outstanding Artistic Contribution’ al franco-cambogiano Rithy Panh (assieme a Sarit Mang) per Everything will be ok, e la menzione speciale a A piece of Sky di Michael Koch.