direttore Paolo Di Maira

CAROFIGLIO/Le mie storie sul grande schermo

di Anna Pomara


Parliamo de “Il passato è una terra straniera”.
Un romanzo che presto diventerà  un film e che lei ha sceneggiato insieme a Massimo Gaudioso, a suo fratello Francesco e allo stesso regista, Daniele Vicari.
In che modo si è avvicinato di nuovo a quella storia? Che cosa ha significato per lei riscriverla per il cinema?


Del primo traghettamento della storia dal linguaggio letterario a quello cinematografico, che è poi la prima e più consistente parte di scrittura, si è occupato Massimo Gaudioso e poi Francesco Carofiglio.
Io sono intervenuto, ovviamente, anche nel corso di questa prima stesura, senza però scrivere, piuttosto discutendo alcune scelte strutturali.
Tra queste, quella di tagliare la storia parallela del tenente dei carabinieri che avrebbe complicato la resa del film.
Una scelta che ci ha visto tutti d’accordo.
Successivamente ho riletto e riscritto alcune parti, alcuni dialoghi. Naturalmente lavorare su un testo già  sceneggiato è stato meno difficile che sceneggiare il proprio romanzo.


Ha mai avvertito il timore che il passaggio dalla parola all’immagine potesse snaturare il clima del racconto, semplificarne le ambiguità , dissolverne le sfumature?


Se si accetta l’idea che il proprio romanzo arrivi al cinema, si deve anche accettare che cambierà  rispetto all’idea originaria.
La speranza, che credo sia in questo caso ben riposta, è che il film mantenga lo stesso spirito del libro, ma che sia allo stesso tempo altra cosa rispetto al libro.
“Il passato è una terra straniera” racconta il confine tra il bene e il male, tra la giovinezza e l’età  adulta.
Daniele Vicari mi è sembrato particolarmente interessato a questo punto.


Recentemente due suoi romanzi, “Testimone inconsapevole” e “Ad occhi chiusi” sono diventati due film tv, per la regia di Alberto Sironi, lo stesso del Commissario Montalbano.
Anche in questo caso lei ha partecipato alla sceneggiatura.
La scrittura cinematografica si allontana nel metodo da quella della fiction televisiva?


No.
Sono intervenuto anche nel caso dei due film tv dopo la prima stesura e non ho trovato differenze nel metodo di lavoro.
Differenze nelle richieste di chi poi ha li ha prodotti e girati, questo sì. Si richiedono tempi rapidissimi e uno spazio minimo per le sfumature psicologiche dei personaggi.
Questo l’ ho avvertito chiaramente, pur nella certezza che Palomar e Sironi facciano una televisione sicuramente di qualità .
Nel cinema, fortunatamente, c’è un’attenzione diversa allo sviluppo dei personaggi.

In televisione si ha maggior bisogno di mostrarli in azione, piuttosto che di indagarne il mondo interiore?


Direi di sì.
Però, attenzione, lo scavo psicologico lo si può perseguire “” ed io tendo a farlo in questo modo “” attraverso le azioni, a patto però che abbiano quel tipo di prospettiva.
In televisione, invece, lo scopo ultimo è per lo più quello di far quadrare la storia.

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