Grande soddisfazione per la pre- senza italiana a Cannes: tre film in concorso («Mia madre» di Nanni Moretti, «Youth-La giovinezza» di Paolo Sorrentino, «Il racconto dei racconti» di Matteo Garrone), un doc nel Certain Regard («Louisiana» di Roberto Minervini) e, a rincarare la dose, un lungo e un corto («Mediterranea» di Jonas Carpignano e «Varicella» di Flavio Risuleo) nella Semaine della Critique.
Mai così bene, forse, per la nostra cinematografia: segno di gran vitalità e creatività, anche se poi sappiamo che dietro c’è una realtà cinematografica in affanno.
Più che positivo invece che, in una stagione critica per incassi, si sia deciso di uscire subito nelle sale italiane: Moretti prima di tutti il 16 aprile, Garrone e Sorrentino subito dopo la passerella francese, rispettivamente il 14 e 21 maggio.
All’indomani dell’ufficializzazione del programma del Festival i tre registi, in lizza l’uno contro l’altro, hanno tuttavia fatto capire di sentirsi squadra.
Foto di gruppo e dichiarazioni congiunte, anche se poi Moretti, da Pordenone, dove è andato per accompagnare «Miamadre»,habuttato acqua sul fuoco (o piuttosto benzina?): «Tutto è frutto di exploit individuali, non del “fare sistema”. Alle nostre spalle non ci sono un’industria forte, leggi e politiche che sostengano il cinema, mentre andiamo in un Paese (la Francia, ndr) che il cinema lo prende sul serio, sia come prodotto industriale sia artistico».
Difficile dargli torto, andando a vedere quali sono le società che curano le vendite all’estero dei tre film italiani in concorso: le britanniche Pathè Pictures International per il film di Sorrentino e Hanway per il film di Garrone, la francese Film Distribution per il film di Moretti.
Moretti, allora. Del suo film si è già molto detto: l’elaborazione del lutto per la morte della madre, di cui viene mostrato il progressivo spegnersi, e il transfert con il personaggio di Margherita Buy, regista cui sono attribuite le stigmate che Moretti vede in sé, incertezze, inadeguatezze, moti caratteriali, egoismi e lampi di consapevolezza. Coprodotto dalla Francia, è già stato acquistato in numerosi paesi (Svezia, Giappone, Benelux, Svizzera, Austria, Israele, Brasile, Portogallo) ma certo Cannes gli darà un’ulteriore spinta.
Diverso il discorso per Garrone e Sorrentino: due film italiani nel cuore ma internazionali a tutti gli effetti, coproduzioni italo-franco-britanniche dal cast anglofono.
Da un punto di vista produttivo e progettuale, dopo «This Must Be the Place», «Youth» non è una novità per il regista napoletano: produce Indigo Film in collaborazione con Medusa, in associazione con Barilla G. e R. Fratelli S.p.A. e BNL Gruppo BNP-Paribas per l’Italia, Barbary Films, Pathé, France 2 e Cin.ma per la Francia, Number 9 Films per il Regno Unito e C-.‐Films per la Svizzera, con il contributo di MIBAC, Euri mages e i fondi per l’audiovisivo di Lazio e Veneto. Scritto e diretto da Sorrentino (dal 21 maggio in libreria la sceneggiatura edita da Rizzoli),il film si avvale di un cast tecnico made in Italy (fotografia di Bigazzi, montaggio di Tavaglioli, scenografie di Ferrario e costumi di Poggioli), mentre i protagonisti sono star anglo-americane: Harvey Keitel, Rachel Weisz, Michael Caine, Paul Dano, Jane Fonda.
In un grande hotel alpino di sapore mitteleuropeo si ritrovano due amici ottantenni, un regista e un compositore e direttore d’orchestra: il primo è ancora attivo, impegnato a realizzare un’ultima opera che vorrebbe fosse il culmine di una carriera; l’altro è in pensione senza rimpianti, ma qualcuno vorrebbe riportarlo sul podio. Coscienti di essere giunti alla fine del loro percorso esistenziale, osservano figli, nipoti, collaboratori, le giovani generazioni, insomma, che confusa- mente si arrabattano.
Altrettanto articolato produttivamente ma di tono completamente diverso «Il Racconto dei Racconti» di Garrone che, in un momento in cui le fiabe vincono al box office cinematografico, si rifà a «Lo cunto de li cunti» di Giambattista Basile, seicentesco contenitore delle fiabe della tradizione popolare napoletana, per realizzare una megaproduzione internazionale: musiche di Alexandre Desplat, fotografia di Peter Suschitzky, costumi di Massimo Cantini Parrini e scenografie di Dimitri Capuani. Cosmopolita anche il cast: Salma Hayek, John C. Reilly, Vincent Cassel, Toby Jones, le sorelle Jessie e Bebe Cave, con Alba Rohrwacher, Massimo Ceccherini e Renato Scarpa in quota italiana.
Se questi sono i Tre Moschettieri, Roberto Minervini è D’Artagnan, outsider che ha conquistato un posto in Un Certain Regard: ancora una volta un progetto che parla inglese e batte bandiera franco-italiana (produzione Agat Films & Cie, Okta Film, in coproduzione con ARTE France Cinéma e Rai Cinema, riconosciuto di interesse culturale dal MIBAC e con il sostegno del Centre National de la Cinématographie).
Ambientato in una delle zone più marginali degli States, il documentario «Louisiana» (in sala il 28 maggio) racconta gli emarginati in guerra con il mondo, alla ricerca di riscatto e riconoscimento, di quella regione inospitale.
Già pratico di Festival (il suo «Stop The Pounding Heart Trilogia del Texas, Atto III», vincitore del David di Donatello, ha fatto parte della Selezione ufficiale Fuori concorso nel 2013), il marchigiano Minervini è internazionale come il suo film: ha studiato cinema in Spagna e a New York, vissuto e lavorato nelle Filippine, e ora fa la spola tra America e Italia.
E poi ci sono i due italiani dalla Semaine de la Critique: anche «Mediterranea» è coproduzione tra vari paesi (Italia, Francia, Stati Uniti e Ger- mania). Nel caso dell’italo-afroamericano Jonas Carpignano l’obiettivo è puntato sul mondo dei migranti che dall’Africa vengono in Europa a cercare un futuro per sé e le proprie famiglie, il viaggio interminabile e pericoloso, lo scontro con l’intolleranza nel nostro paese.
Primo lungometraggio del giovane regista, vi confluiscono storie e personaggi/interpreti di precedenti corti, «A Chjana» e «ACiambra» . Presente con i suoi corti in diversi festival (tra cui Venezia), Carpignano ha studiato regia e sceneggiatura a New York e alla Sundance Lab, è stato incluso tra i 25 nuovi nomi del cinema indipendente dalla rivista Usa Filmmaker Magazine e per il progetto «Mediterranea» ha ricevuto in premio dalla San Francisco Film Society 60.000 dollari per la postproduzione.
Tutto italiano invece il corto «Varicella», sull’ansia di una madre che vorrebbe che il figlioletto prendesse la malattia del titolo, inoffensiva se fatta da bambini e invece pericolosa da adulti.
Anche Flavio Risuleo a Cannes non è un neofita: il suo saggio di diploma al CSC, «Lievito madre», si è aggiudicato il terzo premio a Cinéfondation 2014.