di Paolo Di Maira
Difficile, in questa 62° edizione del Festival di Cannes, rintracciare segni di protagonismo italiano: con un solo film in concorso, anche se di un maestro del nostro cinema come Marco Bellocchio – il beneaugurate “Vincere” – e nessun altro nelle principali sezioni collaterali, non è facile sognare come nella trascorsa edizione ( fu l’anno di “Gomorra” e del “Divo”, ma anche dei film di Munzi e di Giordana).
Facendo una nuova ricerca, si scopre qualcos’altro: che l’Italia del cinema a Cannes 2009 è affidata alle donne.
Il primo impatto è con Monica Vitti ritratta nell’affiche ufficiale del Festival: è un’immagine presa da una scena de “L’avventura di Antonioni”.
C’è poi Asia Argento, che rappresenta l’Italia in giuria.
La galleria di donne italiane continua con Monica Bellucci, protagonista, assieme a Sophie Marceau, di “Ne te retournè pas” della giovane regista francese Marina De Van, il film girato in parte a Lecce con il sostegno dell’Apulia Film Commission (“Midnight Screenings”).
Si prosegue con la giovane produttrice Giorgia Priolo, scelta da European Film Promotion in “Producers on the move”.
E poi, setacciando le sezioni collaterali, si approda all’unico nome italiano della “Quinzaine des Réalisateurs”: è l’altoatesina Tizza Covi, che assieme a Rainer Frimmel, firma il film austriaco “La pivellina”.
E’ donna la protagonista del film di “Vincere”: il suo nome è Ilda Dalser, moglie segreta di Mussolini.
“Non avevo mai sentito parlare di questa storia”, racconta Bellocchio: “L’ho scoperta da un documentario visto in TV qualche anno fa:
“Il Segreto di Mussolini” realizzato da Fabrizio Laurenti e Gianfranco Norelli.
Questa Ida Dalser, che da Mussolini ebbe un figlio prima riconosciuto e poi rinnegato, mi sembrò una donna straordinaria.
Una donna che gridò la sua verità fino alla fine, nonostante il regime cercasse di distruggerne ogni traccia.
La moglie e il figlio segreto di Mussolini erano uno scandalo da nascondere.
Al punto da cancellare le loro esistenze, non solo fisicamente, entrambi furono rinchiusi in manicomio dove morirono .
Ma se si va ancora oggi nella terra della Dalser, in Trentino, è incredibile quanto la memoria collettiva abbia conservato il ricordo vivissimo di questa tragedia omessa dalla storia ufficiale.
Su cui sono stati scritti due libri (“La moglie di Mussolini” di Marco Zeni e “Il figlio segreto del duce” di Alfredo Pieroni) ricchi di documenti e testimonianze. Come ad esempio le lettere che la Dalser scriveva numerosissime alle più alte autorità , persino al Papa (e naturalmente a Mussolini), implorando di essere riconosciuta come la moglie legittima di Mussolini e la madre del suo primogenito.
E anche alcune lettere di risposta del duce”.
“Non mi importava “” spiega ancora il regista – marcare e denunciare le nefandezze del regime fascista. Sono rimasto profondamente colpito da questa donna e dal suo rifiuto assoluto di qualsiasi compromesso”.
Ida Dalser è interpretata da Giovanna Mezzogiorno, mentre Filippo Timi fa la parte di Mussolini e di suo figlio.
Il film, scritto dallo stesso Bellocchio assieme a Daniela Caselli, esce in Italia contemporaneamente alla prima di Cannes, distribuito da 01.
E’ una coproduzione italo-francese Rai Cinema, Offside e Celluloid Dreams.
Dopo le donne si salta ai maestri del passato: Antonioni, Visconti, Leone, Germi, che con le loro opere restaurate( “L’avventura”,”Senso”,”Giù la testa” e un documentario di Mario Bondi “Pietro Germi, il bravo, il bello, il cattivo”), monopolizzano la sezione “Cinema Classic”.
IL CONCORSO/BENVENUTI AL CLUB DELLA CROISETTE
Mai credere ai direttori dei Festival.
Quando sono costretti a costruire complesse architetture concettuali per legare le loro scelte.
Se l’anno scorso sembrava che il Festival avesse decisamente imboccato la strada della scoperta di nuovi talenti, quest’anno l’elenco dei registi in concorso sembra la didascalia di una foto di famiglia: quattro dei venti autori dei film selezionati hanno già vinto la Palma D’Oro: Jane Campion, Ken Loach, Quentin Tarantino e Lars Von Trier. Quest’ultimo marca addirittura l’ottava presenza.
Già premiati anche Michael Haneke, Alain Resnais, Jacques Audiard. Hanno grande familiarità con la Croisette il nostro Bellocchio, Pedro Almodovar e Ang Lee.
E allora, l’immagine della vendemmia ( annate buone, annate cattive. In altre parole: si raccoglie quel che c’è), anche questa molto usata dai direttori dei Festival, è senz’altro la più credibile.
Con tanti importanti nomi, il 2009 è un’annata molto buona per Cannes. Ci riserva poche sorprese ma, sulla carta, un grande cinema.
Gli USA schierano stavolta un solo film in concorso, l’atteso “Inglorious Basterds” di Tarantino ( ma possiamo aggiungerci “Woodstock” di Ang Lee).
Penalizzati ( ha giustificato il direttore Fremaux), dallo sciopero degli sceneggiatori, gli americani hanno tuttavia l’onore dell’apertura con il film d’animazione “Up”, diretto da Pete Docter.
La bandiera a stelle e strisce sventola sulla Quinzaine des Réalisateurs con ben cinque film in selezione, guidati da “Tetro” di Francis Ford Coppola, storia di due fratelli che dall’Italia emigrano in Argentina.
Su una sceneggiatura originale dello stesso Coppola, e girato in bianco e nero, il film si collega idealmente al vecchio “Rumble Fish” con un allora promettente Mickey Rourke.
Tornando al concorso,è ben nutrito il contingente asiatico ( cinque film, firmati da Johnny To, Park Chanwook, Brillante Mendoza, Tsai Ming-liang e Lou Ye) e la cinematografia spagnola torna ad alzare la testa con i citati Almodovar (“Los Abrazos Rotos”),”e Isabel Coixet (“Map of the Sounds of Tokio”), cui si aggiunge, fuori concorso, “Agorà ” di Alejandro Amenabar.
Ma la presenza più potente la segna quest’anno il cinema francese.
E’ in concorso con tre film: “Les Herbes folles” di Alain Resnais, “Un prophete” di Jacques Audiard e « A l’origine » di Xavier Giannoli.
Il cinema francese è presente in tutte le sezioni: in questa edizione del Festival la sua industria può vantare ben 36 film, tra produzioni e co-produzioni.
Unifrance alla vigilia del festival si promuove con un documentario dal titolo eloquente: “Il cinema francese va in viaggio d’affari”. Non si può dire lo stesso dell’industria cinematografica italiana, il cui unico film in concorso, “Vincere” di Marco Belloccio, è venduto nel mondo dalla Celluloid Dreams ( società , manco a dirlo, francese).