di Paolo Di Maira
Cannes è unica perché ciascuno vive un festival diverso.
Per non parlare di coloro che la considerano un grande mercato con dentro un festival o, addirittura, di chi la identifica con due simbolici luoghi comuni, automobili e donne, ambedue belle ed esagerate.
Ma torniamo al festival.
E’ difficile trovare un filo rosso che leghi questa colossale 60ma edizione dei tre moschettieri della Croisette: Gilles Jacob, il suo delegato artistico Thierry Fremaux e Jérà´me Paillard, il direttore del Marché du film.
Si è andati dal massimo della cinefilia e dell’attenzione ai Paesi finora ritenuti “marginali” con la Romania, vincitrice dei due massimi premi al concorso ufficiale e a Un certain regard, all’apice dello star system hollywoodiano vivente con l’accoppiata George Clooney- Brad Pitt (e a seguito la diva-compagna Angelina Jolie) in pasto all’isteria popolare per la premiere di “Ocean’s 13”.
Si è parlato di qualunque tema impegnato, specie -come era prevedibile di questi tempi- di denuncia militante contro Bush e Putin negli acclamati documentari “Sicko” di Michael Moore e “Rebellion “” Il caso Litvinenko” di Andrej Nekrassov, sul tragico episodio dell’agente segreto russo avvelenato lo scorso 23 novembre.
Nascosto tra i top title del festival, il docu-film che contiene anche interviste ad Anna Politkovskaà¯a, è diventato un vero evento sulla Croisette e in Italia lo vedremo nei cinema grazie alla Lucky Red, che si è portata a casa anche la Palma d’oro “4 mesi, 3 settimane e 2 giorni” di Cristian Mungiu.
Il film, teso e sconvolgente sul dramma degli aborti clandestini nella Romania di Ceausescu, ha meritato il massimo riconoscimento con il benestare accordatogli dalla critica fin dalla sua prima proiezione a Cannes.
E ancora, tra un party e un cocktail, la denuncia ha colpito le contraddizioni della Turchia, la guerra in Cecenia, la libertà incondizionata di girare armati in USA, la condizione della donna in Iran, gli orrori della condizione umana in Ucraina, così come non sono mancati i drammi personali attraverso l’esibizione ciematografica del dolore fisico, psichico e spirituale.
Ma al “festival dei festival” si è riusciti a toccare anche l’estrema facezia con “Go Go Tales” di Abel Ferrara.
E il ragazzaccio Quentin Tarantino, esploso proprio con “Pulp Fiction” sulla Croisette 13 anni orsono, ha portato a Cannes un estremo , non indispensabile B-movie (Death Proof) e si è dilettato a sparlare del nuovo cinema italiano, dichiarazioni a cui ha abboccato tutta la stampa nostrana aprendo un infinito dibattito.
Senza dimenticare le celebrazioni del 60mo compleanno, culminate con la messa in scena di un pantheon di 60 autori (tra cui il nostro Nanni Moretti), che oggi sono il simbolo del cinema vivente: “A ciascuno il suo cinema” è il titolo della collettiva di cortometraggi che ognuno dei magnifi ci 60 è stato chiamato a girare in onore dei festeggiamenti. Tornando al Palmares, l’onore è andato all’impegno e alla raffinatezza da cinephile, ma anche alla diversità culturale e geografica: accanto alla Romania sono state premiate Sud Corea, Russia, Francia, Usa, Germania, Turchia, Iran, Messico e Israele.
Manca l’Italia, ovviamente, essendo assente dal concorso ufficiale e presente solo a Un Certain Regard con “Mio fratello è figlio unico” di Daniele Luchetti, che non ha vinto.
E il mercato?
Gran successo, dicono gli operatori e gli organizzatori che segnalano un +4% degli accreditati.
E non poteva che essere così, visto che il mercato è sempre lo specchio del suo festival.
Lo dicono in varie lingue e da diversi Paesi su base mondiale.
Ma attenzione, non generalizziamo.
Il cinema europeo non anglofono ha faticato più del previsto a circolare fuori dai confi ni continentali (soprattutto verso l’Asia) ma anche al suo interno, oltrepassando le frontiere nazionali.
Le ragioni “” dicono i venditori – sono un crescendo di offerta americana e britannica forti di una lingua globalizzata ma anche di nuove modalità di finanziamenti privati (private equity) che incentivano gli indipendenti. Tra i titoli più richiesti in pre-vendita sulla Croisette è spiccato fin dai primi giorni il progetto “Pompei” di Roman Polanski, ma anche il nuovo script dei prolifi ci fratelli Coen, “Burn Aft er Reading” che sarà interpretato da Clooney e Pitt.
“Pompei” purtroppo verrà girato in Spagna, non in Italia, che sarebbe la sua naturale location.
La consolazione arriva però dall’India, perché Roma e in particolare Cinecittà (celebrata anche sulla Croisette per i suoi 70 anni) ospiterà per la prima volta e interamente una produzione di Bollywood dal titolo “Chase”.
à‰ stato ufficializzato sempre a Cannes l’avvio di un accordo di coproduzione con l’Argentina; cofirmatario italiano è l’Istituto Luce. Quanto alle vendite dei nostri titoli sul mercato internazionale c’è da segnalare l’apertura “” finalmente “” del territorio britannico, sempre ostico alla penetrazione di opere non anglofone: “Mio fratello è figlio unico” (Think Films) di Luchetti e “Notturno Bus” (Intramovies) di Davide Marengo usciranno infatti nei cinema britannici.
Cinema&Video International n. 6-7 Giugno/Luglio 2007