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direttore Paolo Di Maira

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CALABRIA/Frammartino gira sul Pollino

Sono in corso nel Parco Nazionale del Pollino, al confine tra Calabria e Basilicata,  le riprese de “Il buco” di Michelangelo Frammartino. Il film racconta la storia della straordinaria impresa dei giovanissimi membri del Gruppo Speleologico Piemontese che, calandosi nel buio della terra, scoprirono la seconda grotta più profonda del mondo, l’Abisso di Bifurto.

“Il buco” è una produzione Doppio Nodo Double Bind con Rai Cinema, in coproduzione con Société Parisienne de Production (Francia), Essential Filmproduktion (Germania), con il sostegno della Calabria Film Commission, del Mibact, del CNC, Artè/ZDF, Eurimages e con la collaborazione e il Patrocinio del Parco Nazionale del Pollino. Coproduction Office è il distributore internazionale.

La fotografia è firmata da Renato Berta che ha lavorato con maestri della cinematografia come Godard, Resnais, Rohmer, Rivette, Malle, Téchiné, Huillet-Straub, De Oliveira, Gitai, e ha ricevuto, tra gli altri, riconoscimenti anche in Italia con Martone (David di Donatello per la Migliore fotografia di “Noi credevamo”).

Con i suoi picchi impervi incontaminati, il Pollino è conosciuto anche come luogo d’incontro tra le uniche tipologie umane in grado di affrontarlo e abitarlo: un gruppo di speleologi e una comunità di pastori locali, i protagonisti di questa storia (gli attori sono i veri pastori del Pollino e 12 speleologi selezionati nel corso di un anno e mezzo di casting in tutta Italia). Le riprese, iniziate ad agosto, si concluderanno il 26 ottobre.

«Nel 1961, il boom economico mondiale è nel suo pieno, dilaga ovunque un clima di ottimismo e di rincorsa al vertice, che vede in Italia la realizzazione del monumentale grattacielo Pirelli, simbolo del massimo traguardo verticale. Contemporaneamente Mosca proietta il suo avamposto oltre il cielo, bucando addirittura l’atmosfera, con il lancio di un suo cosmonauta nello Spazio. In senso contrario di marcia, dei giovani speleologi poco più che ventenni si immergono nella terra per esplorare altre profondità…». Dichiara il regista Michelangelo Frammartino, qui al suo terzo lungometraggio dopo “Il Dono” (Locarno Film Festival) e “Le quattro volte” (Cannes, Quinzaine).
E aggiunge: «Per usare un termine cinematografico, potremmo dire che le grotte costituiscono un fuori campo assoluto, anche perché la notte eterna che regna al loro interno sembrerebbe quanto di più ostile alla macchina da presa. Eppure, chi ama il cinema sa bene che il fuori campo, l’invisibile, rappresentano la sua “sostanza” più profonda. Mi colpisce la coincidenza che Speleologia, Cinema e Psicoanalisi abbiano il loro battesimo nella stessa data, il 1895…».

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