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direttore Paolo Di Maira

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BREAKFAST&Books/Un pitch è come un claim

Un pitch è come un claim pubblicitario, che deve rispondere alla domanda “perché ti è piaciuto questo libro?” e “cosa c’è di cinematografico in esso?”
E’ insomma il primo, breve passo della trasposizione dalla pagina allo schermo, e può essere fatto solo descrivendo i passaggi salienti come se fossero scene di un film.
Questi alcuni dei preziosi consigli di, che da sei anni prepara gli editori per Breakfast&Books, l’incontro ospitato all’interno del Coproduction Market della Berlinale, dove dieci romanzi selezionati vengono presentati dai rappresentanti editoriali ad una platea di produttori internazionali.
“Dopo aver letto il materiale, parlo con ciascun rappresentante dei romanzi selezionati per telefono e poi fissiamo un incontro di persona, in cui lo preparo      (foto di Georg Roske)
per l’evento. Gli suggerisco di concentrarsi su tutti quei dettagli che i produttori vogliono sentire (riferimenti ad un eventuale budget, al cast, alle location), e gli insegno anche piccoli trucchi del parlare in pubblico, cosa a cui molti di loro non sono abituati.”
Dalla postura, a come “agganciare” lo sguardo dei presenti.
Syd Atlas in questo è una vera professionista, come dimostrano le sue vivaci introduzioni ai romanzi, nel corso delle quali è lei a raccontare la sinossi: “prima non lo facevo, ma poi abbiamo capito che è meglio così: l’audience ha le idee chiare da subito.”
Il pitch è poi costruito sulle sue domande, che lasciano più o meno spazio alla parlantina dell’editore: “anche a seconda della sua facilità  ad esprimersi in inglese, e delle personalità  più o meno vivaci”¦”


Fra i libri presentati a Breakfast&Books dalla sua prima edizione, “Die Habenichtse” (“The Have-Nots”) di Katharina Hacker, (Suhrkamp Verlag) è adesso in coproduzione, e ne sono stati opzionati sei.
Uno di questi è un titolo italiano”Colui che gli dei vogliono distruggere” di Gianluca Morozzi.
“La casa di produzione canadese Perfect Circle ne farà  una serie tv”, rivela Silvia Brunelli di Nabu International Literary Agency, che quest’anno è tornata a Berlino con “Non ci sono pesci rossi nelle pozzanghere” di Marco Truzzi, per il quale, dice, “ho già  avuto dei contatti interessanti con produttori tedeschi e francesi. Peccato che qui i produttori italiani non si vedono mai!”


“Il processo che porta a trasformare un libro in film è chiaramente molto lungo e lento, appare ancora più ovvio se si paragonano questi risultati a quelli del coproduction market (circa il 40%dei progetti viene prodotto), ma siamo molto soddisfatti,- dice Sonja Heinen, alla guida del Coproduction Market. – Siamo nati ripetendo ogni anno di voler costruire un ponte fra cinema e letteratura, ora abbiamo la sensazione che questo ponte ci sia.
Inoltre stiamo diventando sempre più internazionali: all’inizio la metà  degli editori erano tedeschi, adesso non è più così (quest’anno ce n’erano 3 su dieci).
E’ cambiato anche il processo di selezione, perché all’inizio ci arrivavano prevalentemente romanzi storici, biografie.
Quelli del coproduction market, però, sono generalmente produttori indipendenti, a cui non interessano i film in costume o i biopics.
Ora le tematiche sono più contemporanee, e toccano più generi.
Il problema non era l’adattabilità  di un film, spesso i produttori vedevano subito che il romanzo aveva potenziale cinematografico, magari però era più congeniale ad uno studio hollywoodiano.”

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