La speciale relazione del territorio con il genere documentario si riverbera nel Bolzano Film Festival Bozen, che il 5 aprile aprirà la sua 31° edizione nel capoluogo altoatesino.
“Inizialmente il “Concorso” era unicamente per i film di finzione- ricorda la direttrice Helene Christanell – ma nel tempo abbiamo sentito la necessità di crearne uno parallelo per i documentari. Se i documentari sono cresciuti nel nostro Festival, è perché questo genere sta crescendo nelle scelte creative e produttive, e incontra sempre più i gusti del pubblico”.
Infatti, il cinema del reale non soltanto campeggia in una delle due sezioni competitive, ma domina in Local Artists, sezione dedicata ai lmmakers locali, è presente in Panorama, nel focus quest’anno dedicato al Lussemburgo, e, last but not least, è protagonista nel tributo che il 31° Bolzano Film Festival Bozen dedica all’attività della casa di produzione bolzanina Miramonte Film.
Uno dei tre progetti sottoposti agli esperti di Final Touch 2016 dal giovane cineasta altoatesino Mike Ramsauer è diventato un film, e verrà presentato al festival: il titolo è “Quellmalz”, e rievoca con originalità un momento doloroso della storia del
Tirolo, quello della grande migrazione verso la Germania nazista verificatasi in seguito alle “opzioni” tra il ’39 e il ‘43.
La storia torna come una ferita in “Verzeihen ja, vergessen nie” di Franz Oberkofer, film su Franz Thaler, figura simbolo della resistenza antinazista sudtirolese; e riaffiora, per cambiarne il senso, in “Café Waldluft ” di Matthias Koßmehl: a Berchtesgaden, località turistica ai piedi delle alpi settentrionali salisburghesi passata alla storia per il Berghof (la residenza estiva che fu di Hitler), da oltre due anni la proprietaria del Cafè Waldluft , storica residenza turistica, ospita rifugiati mediorientali e africani. Un altro
singolare caffè è costruito a forma di nave tra le dolomiti al con ne tra Italia e Austria, è raccontato con i toni della commedia in “Bar Mario” di Stefano Lisci.
I luoghi sempre protagonisti: Julia Gutweniger e Florian Kofler in “Brennero/Brenner” hanno filmato per un anno la quotidianità degli abitanti di un posto molto particolare qual è il confine del Brennero, mentre Walter Steffen con “Fahr ma obi am Wasser”, seguendo il corso del fiume Isar, utilizzato per il trasporto del legname, ha ricostruito la storia di una regione, il Tirolo.
Citiamo ancora, dal denso cartellone (i documentari sono circa una ventina), “Anita Pichler. Ich will einfach erzählen” di Evi Oberkofler e Edith Eisenstecken, ritratto della scrittrice sudtirolese Anita Pichler a venti anni dalla sua morte, e “T.Raum. Una concreta utopia”, documentario sull’unica compagnia in Italia composta da attori e attrici professionisti con disabilità psico-motorie: “Teatro la Ribalta – Kunst der Vielfalt”, diretto dal carismatico Antonio Viganò.
Infine i sette documentari in concorso: della tedesca Carolin Genreith è “Happy”, mentre la regista ligure Federica Di Giacomo porta anche a Bolzano “Liberami”; ancora dalla Germania arriva “Peter Handke – Bin im Wald. Kann sein, dass ich mich verspäte” di Corinna Belz, sulla vita e l’opera di Peter Handke, il regista romano Enrico Maria Artale firma “Saro”, e “The good intentions” è opera della giovane regista bresciana Beatrice Segolini.
Dalla Svizzera arriva “Unerhört Jenisch” di Karoline Arn e Martina Rieder, che accompagna il musicista Stephan Eicher tra le montagne svizzere alla ricerca delle tradizioni e della musica jenisch, popolazione nomade che vive in Svizzera n dal Medioevo. Invece “Unten”, dei registi Dordje Čenić e Hermann Peseckas parte da Linz, Austria, a metà degli anni Settanta per raccontare in un viaggio autobiografico le storie dei lavoratori stranieri.
Un tema, quello delle migrazioni, centrale nel nostro secolo, che spesso attraversa la forma del documentario, ma alimenta sempre più storie per il cinema di finzione. E’, per Helene Christanell una conferma che: “i generi tendono sempre più l’uno verso l’altro, è sempre meno netta la distinzione tra documentario e finzione”. E porta ad esempio uno dei titoli nel concorso dei lungometraggi di finzione, “Geschwister” di Markus Mörth, storia di due giovani fratelli moldavi che decidono di lasciare il loro paese per cercare un futuro migliore: “qui la parte documentaria è molto forte”.
TRIBUTO/I primi passi di Miramonte Film
La casa di produzione bolzanina Miramonte Film è stata fondata nel 2004 dal produttore Valerio Moser e dal regista e autore Andreas
Pichler.
Per l’occasione il Bolzano Film Festival proietterà una selezione dei primi, e forse meno conosciuti, lavori dei due soci fondatori, dai cortometraggi ai documentari lunghi per il cinema. La casa di produzione è nata con l’intento di produrre soprattutto documentari, ma in forma minore si occupa anche di progetti per il cinema e la TV. Molti dei documentari prodotti sono stati realizzati e finanziati come co-produzioni europee, un formato nel quale la società crede molto.
Miramonte Film ha lavorato negli anni anche con diversi registi altoatesini, come Maura Delpero, laureata alla scuola Zelig di Bolzano, con la quale è stato realizzato il documentario “Nadea e Sveta”, storia al femminile di due donne moldave emigrate in Italia per ragioni economiche, nominato per i premi David di Donatello e vincitore della menzione speciale al Premio Solinas oltre che di diversi altri premi al TFF.
Tra le ultime produzioni della Miramonte Film figurano il documentario per il cinema “Lampedusa in Winter” di
Jakob Brossmann, “I want to see the manager” dell’altoatesino e “Der sechste Kontinent” (in post-produzione), scritto e diretto dallo stesso Pichler.