Orgogliosi ma non sorpresi: il meritato Orso d’Oro a “Fuocoammare” di Gianfranco Rosi sembra l’epilogo naturale di questa edizione della Berlinale, che sul tema dei rifugiati ha concentrato attenzione, energie e iniziative: dagli ingressi al cinema sponsorizzati (biglietti gratuiti messi a disposizione per rifugiati, in collaborazione con i volontari dei programmi di aiuto), ai box per le donazioni sparsi in vari punti della Berlinale, all’iniziativa di Culinary Cinema, che ha visto il celebre chef sardo Roberto Petza servire i suoi piatti di alta cucina all’interno di un veicolo itinerante in collaborazione con alcuni rifugiati siriani, dell’associazione «Über den Tellerrand kochen”, che stanno muovendo i primi passi nel settore della ristorazione.
Quella dell’accoglienza è sempre stata la vocazione della Berlinale. Lo ricorda il suo direttore Dieter Kosslich, in un interessante editoriale uscito su Tagesspiel nello scorso 6 dicembre, passando in rassegna i momenti e i film che hanno contribuito a creare quest’aura speciale che caratterizza il festival, in cui la realtà riesce a fondersi con lo spazio protetto e magico del cinema: da “In this World” di Michael Winterbottom (Orso d’Oro 2003), a “Grbavica” di Jasmila Zbanic (Orso d’Oro 2006), all’Orso d’Oro dell’anno scorso, “Taxi” di Jafar Panahi.
La realtà degli esclusi, vorremmo aggiungere, è salita sul podio della Berlinale anche con “Cesare deve Morire” il film Orso d’Oro alla 62° edizione realizzato dai fratelli Paolo e Vitorio Taviani con i detenuti del carcere di Rebibbia.
L’Orso d’oro a “Fuocoammare” è motivo di grande soddisfazione per il cinema italiano e per Rai Cinema in particolare, che ha co-prodotto il film insieme a Donatella Palermo e a Istituto Luce – Cinecittà, e che da anni segue e sostiene il talento creativo di Rosi.
Paolo Del Brocco, amministratore delegato di Rai Cinema ha dichiarato: “ Fuocoammare” rappresenta in modo esemplare la nostra visione di servizio pubblico nel cinema. Perché è un film di grande qualità artistica che entra con una straordinaria puntualità nel vivo di una riflessione sociale e politica globale sui nuovi fenomeni migratori”.
Senza voler rovinare la festa, bisogna infine registrare che le vendite internazionali di “Fuocoammare” sono curate da una società non italiana (la francese Doc & Film International) come accade da diversi anni per la maggior parte dei film italiani che vanno ai grandi festival e spesso vincono premi.
Oltre all’Orso d’Oro “Fuocoammare” ha conquistato anche il Premio della Giuria Ecumenica, quello di Amnesty International (condiviso con “Royahaye Dame Sobh” di Mehrdad Oskouei), quello della giuria dei lettori del Berliner Morgen Post.
L’Orso d’Argento (Grand Jury Prize) va a Danis Tanovic per “Death in Sarajevo” (anche Premio Fipresci), a Lav Diaz (Alfred bauer Prize, al film che apre nuove prospettive ) per “A Lullaby to the Sorrowful Mystery” e a Mark Lee Ping-Bing (per lo straordinario contributo artistico), direttore della fotografia del film cinese “Crosscurrent” di Yang Chao. L’Orso d’Argento come miglior regista è di Mia Hansen Love con “Things to come” e migliore attrice è Trine Dyrholm per “La Comune” di Thomas Vinterberg. Migliore attore è Majd Mastour protagonista del film tunisino “Hedi” di Mohamed Ben Attia, mentre a Tomasz Wasilewski va l’Orso d’Argento per la sceneggiatura del film polacco “United States of Love”, da lui diretto.