“Sostenibilità è la parola d’ordine: basta con la resilienza, andiamo avanti e cerchiamo di mettere in pratica quello che abbiamo imparato”: l’esortazione del presidente Roberto Cicutto ha dato il senso dell’impegno che la Biennale di Venezia mette nel contrasto alla “deriva” climatica.
La Biennale ha avviato un “carbon management plan”, un percorso di “neutralità carbo- nica” delle proprie attività, che sarà applicato a tutte le proprie manifestazioni. S’incomincerà con la Mostra, quantificando tutte le emissio- ni di gas a effetto serra connesse al suo ciclo di vita. Il progetto si svilupperà secondo la metodologia Pas2060 (specifica per la dimostrazio- ne della neutralità delle emissioni di CO2) del British Standard Institution, l’unico standard riconosciuto a livello internazionale per la neutralità carbonica. Il risultato finale sarà veri-icato da un ente certificatore esterno (RINA).
La Mostra di Venezia, ha detto con orgoglio Cicutto, è la prima rassegna cinematografica di livello a intraprendere il percorso di certificazione.
Ancora una volta il festival veneziano fa da apripista a pratiche virtuose (lo scorso anno, lo ricordiamo, sperimentò per primo, con successo, il protocollo anti covid), in sintonia con la vocazione ambientalista della città, recentemente divenuta capitale mondiale della sostenibilità.
Il sesto rapporto dell’Ipcc (il gruppo di scienziati esperti in cambiamento climatico) approvato dai 195 governi dell’Onu e divulgato lo scorso agosto, ha confermato drammaticamente l’improcrastinabilità di certe scelte, con il conforto di numeri impressionanti: nel 2019, le concentrazioni atmosferiche di co2 erano le più alte degli ultimi 2 milioni di anni; negli ul- timi 50 anni la temperatura della Terra è cresciuta a una velocità che non ha uguali negli ultimi 2.000 anni.
Un codice rosso per l’umanità, che fa saltare lo stereotipo dell’appello al “futuro” (nella maggior parte dei casi questa parola avvolge inconfessabili interessi contingenti) dei nostri figli, nipoti etc.
E’ a rischio il nostro presente.
Non occorre andar tanto lontani, nello spazio e nel tempo. Il caldo record e gli incendi dello scorso agosto in Italia (dopo il calcio possiamo vantare un altro primato in Europa, quello per superficie distrutta dagli incendi) sono l’effetto del cambiamento climatico, e contemporaneamente concorrono a irrobustirne la causa.
E’ incoraggiante, a questo proposito, l’insofferenza – per- cepita nel tono – con cui il presidente della Biennale ha pronunciato, nell’intervento di cui sopra, la parola “resilienza”.
La resilienza è definita, nel dizionario Treccani, “la velocità con cui una comunità (o un sistema ecologico) ritorna al suo stato iniziale, dopo essere stata sottoposta a una perturbazione che l’ha allontanata da quello stato”. Ebbene: questa parola, che di questi tempi tanto piace, non ci soddisfa affatto. Qui non si tratta di tornare dov’eravamo rimasti, obiettivo che sembra essere quello degli attuali decisori politici. E non è nemmeno accettabile l’opzione della “gradualità”. E’ urgente – lo rammenta il rapporto ONU – voltare pagina.
Cosa può fare, di fronte a questa minaccia planetaria, la piccola comunità del cinema e dell’audiovisivo?
Poco e molto.
Poco, considerata la sua marginalità rispetto all’intero sistema produttivo; molto, considerando la sua valenza comunicativa.
Lo ha rammentato nel suo intervento al Summit di Matera Katie Carpenter, una delle fondatrici della Green Task Force della Producers Guild of America (ma al momento, stando ai film in Mostra a Venezia, il tema non appassiona particolarmente i cineasti: un solo film, Costa Brava della regista libanese Mounia Aki, pone l’ambiente al centro della storia).
Dell’intervento di Katie Carpenter diamo conto all’interno di questo fascicolo, dove il tema green attraversa trasversalmente la maggior parte dei servizi, presente nelle varie fasi della filiera: dalle riprese del film, in esterni (il caso di Silent Land, girato in Sardegna) ma anche in interni (i progetti futuri di Cinecittà), fino alla sala cinematografica (il Depot, multisala green in Inghilterra).
Le Film Commission sono anche stavolta avanti: non solo con il Green Film, disciplinare ideato da Trentino Film Commission di cui abbiamo esaurientemente scritto nel fascicolo di luglio, ma anche con piccole grandi iniziative. Scriviamo, sempre all’interno del fascicolo speciale Venezia 78., delle più recenti: dal progetto di Apulia Film Commission di inserire una premialità (nell’assegnazione dei contributi) per la pian- tumazione degli alberi come pratica compensativa realizza- ta delle produzioni in accordo con gli enti gestori dei luoghi/ locations, al progetto di Roma Lazio Film Commission di introdurre i Grandi Patriarchi, cioè gli alberi secolari della regione, nel data base delle locations.