Menocchio era un mugnaio di Montereale, nel Friuli delle streghe e degli eretici, che nonostante le umili origini sapeva leggere e imparò a pensare: cominciò a farsi e a fare domande sull’origine della vita e sulla fede.”Menocchio” è il titolo del film, attualmente in post produzione, scritto e diretto da Alberto Fasulo, regista vincitore del Marc’Aurelio d’Oro con “TIR” alla Festa del Cinema di Roma 2013.
“La controriforma del XVI secolo è probabilmente la prima, vera, sistematica battaglia ideologica che uno Stato moderno abbia sferrato per il controllo dei suoi sudditi”, premette Fasulo.
“Ma non è un film storiografico” assicura.
Nella libera ricostruzione del personaggio, inventore di una bizzarra cosmogonia, assurto agli onori della Storia grazie a un saggio di Carlo Ginsburg ( “Il formaggio e i vermi”), Fasulo ha attinto ai verbali originali dei processi a Menocchio.
“Ho voluto sfidare il genere storico per creare un cortocircuito con la realtà, e spostare l’attenzione del pubblico sul valore intrinseco del Menocchio”.
La sua non è semplicemente la storia di un martire che si immola per le proprie idee, sostiene Fasulo, “la sua storia è più complessa, contraddittoria: più umana”.
Menocchio ebbe infatti due processi, nel mezzo dei quali fu costretto all’abiuria.
Nel film tutta la vicenda di Menocchio si sviluppa all’interno del triangolo Potere del Sistema-Individuo-Comunità. Quest’ultimo elemento è fondamentale, perché “un eretico che decide di rinnegare le proprie idee, deve poi fare i conti non solo con la propria coscienza, ma anche con la macchia che questa abiura comporterà all’interno della sua comunità di appartenenza”.
“Cosa sarebbe stato giusto pensare, dire, fare”? Il regista lascia che sia lo spettatore a schierarsi, se vorrà, a favore o contro quest’uomo “la cui unica colpa era quella di voler migliorare il mondo in cui viveva”.
“Non credo esista quel che è giusto e quel che non è giusto, tra questa dicotomia c’è una verità indiscutibile che è la vita in sé”, disse Fasulo in una nostra intervista di qualche anno fa:
“Il lavoro è rivelazione, e mi interrogo continuamente su quali siano i lm necessari da fare”.
La ricerca di “verità” sembra essere il vero, forte legame, in tutta la sua produzione artistica, nel passaggio dal documentario (“Rumore Bianco”) alla finzione (“TIR”), così come nel salto di quattro secoli, con “Menocchio”.
La necessità di “Menocchio” sta nel raccontare “un dilemma fondamentalmente etico”. E per far questo all’ambientazione storica il regista ha privilegiato “l’azione umana”, scegliendo una messinscena “semplice, scarna, forse figlia dell’Olmi de “L’albero degli zoccoli”.
Si spiega così la scelta di usare persone che non hanno mai recitato (“un professionista ostacolerebbe il processo di identificazione con il per- sonaggio”); di girare in sequenza cronologica, permettendo agli interpreti di crescere con lo svilupparsi della storia; di utilizzare solo la luce naturale (“non aggiungiamo luce, la aspettiamo, se necessario”), e di girare in location reali.
Due settimane di riprese nel Castello del Buonconsiglio di Trento, reale residenza del Vescovo durante il Concilio di Trento nel 1545, cinque in Carnia, precisamente inVal Pesarina (Friuli Venezia Giulia) e una giornata tra Concordia Sagittaria e Portogruaro, dove Menocchio è stato realmente incarcerato e processato.
Sono passati 4 anni dall’uscita di TIR. Un tempo necessario per Fasulo; come accade ai migliori filmmaker indipendenti, anche per lui il processo creativo s’intreccia con la costruzione del budget. 1,5 milioni di euro messi assieme dentro e fuori dell’Italia, in contesti dove le idee, il rigore e la professionalità, hanno il punteggio più alto.
Prodotto da Nadia Trevisan, una produzione Nefertiti Film con Rai Cinema (che torna a credere nel regista dopo aver partecipato alla produzione di “TIR”) e Hai-Hui Entertainment di Bucarest, “Menocchio” è stato sviluppato con Eave Producers Workshop, sostenuto da MiBACT ( sviluppo sceneggiature originali), Fondo per l’Audiovisivo del Friuli Venezia Giulia, Film Commission Friuli Venezia Giulia, Trentino Film Commission,CNC Romania.
Il film sarà pronto nel 2018, e vorremmo che non si affidasse alle logiche distributive tradizionali (non ripetesse, cioè, l’errore fatto con “TIR”) ma partisse dall’individuazione di un proprio pubblico e individuasse successivamente i modi e i luoghi di fruizione.