LEGGI ANCHE:
Il cinema di Federico Fellini seppe cogliere il lato grottesco della società restituendo un senso di attualità che resiste tuttora, a cento anni dalla nascita.
Probabilmente è per questo, e per la sua eredità colta da tanti registi, che le storie, i volti e i luoghi dei suoi film ci risultano così familiari.
Le location in cui collocava i suoi personaggi non furono mai scontate.
Così Roma, che tante volte ha interpretato se stessa, “recitò” al suo servizio anche la provincia italiana, divenendo ad esempio, assieme al suo litorale, la Rimini dei Vitelloni (1953).
Via Veneto, invece, il centro della Dolce Vita (1960), è reale anche se ricostruita a Cinecittà, ed è frequentata sì da divi paparazzati, ma anche da qualche personaggio un po’ fuori posto, come l’ingenua prostituta Giulietta Masina delle Notti di Cabiria (1957).
Alcuni luoghi felliniani sono più frequenti di altri, tuttavia il regista riesce nell’intento di collocarvi figure che occupano i due opposti gradini della scala sociale: il nightclub esclusivo delle Terme di Caracalla in cui Anita Ekberg si esibisce in una danza sfrenata era stato in precedenza la passeggiata archeologica dove Cabiria e le sue colleghe si guadagnano da vivere.
L’Eur è un altro luogo ricorrente del cinema felliniano: set per La Dolce Vita, dove il Palazzo dei congressi diventa un ospedale, è tempio a cielo aperto di spensieratezza in Le tentazioni del Dottor Antonio (1962), ovvero il luogo dove i peggiori incubi di Peppino De Filippo si incarnano nella florida Anita Ekberg.
Un capitolo a parte merita Fregene.
La sua pineta monumentale incornicia l’ammiccante Alberto Sordi che si dondola a 30 metri ne Lo sceicco bianco (1952); la ritroviamo popolata di quelle figure grottesche che incoraggiano Giulietta degli Spiriti (Masina) a lasciare il marito fedifrago (1965); diviene la sperduta stazione in cui Snàporaz (Mastroianni) segue una donna, prima di trovarsi imprigionato nell’onirica Città delle donne (1980).