Come ha reagito l’industria italiana del cartoon all’emergenza sanitaria causata dal coronavirus? Lo abbiamo chiesto a Anne-Sophie Vanhollebeke, presidente di Cartoon Italia, l’associazione che rappresenta oltre il 95% delle aziende italiane di produzione d’animazione (35 compagnie), membro di Animation in Europe, di cui fanno parte 17 associazioni provenienti da 15 paesi dell’Unione Europea
Come si è attrezzata per l’emergenza la produzione d’animazione italiana?
Quasi tutti si sono attrezzati con largo anticipo. Al Kidscreen che si è svolto a Miami a inizio febbraio, oltre al fatto che gli organizzatori hanno distribuito a tutti i partecipanti delle bottigliette di amuchina – e questo è stato già un bel segnale! – l’assenza totale dei cinesi, che per noi sono comunque dei partner importanti, ci ha fatto capire a che cosa stavamo andando incontro. E il 23 febbraio, quando hanno chiuso le scuole nel Nord Italia, c’è stata una levata di scudi, una mobilitazione generale!
Lavorando giorno e notte abbiamo riorganizzato tutte le nostre infrastrutture tecnologiche, acquistato hardware, software, server, spostando tutti i nostri dipendenti e professionisti a casa. E’ stata un’impresa titanica; uno studio come Rainbow CGI, ad esempio, ha dovuto attrezzare a livello tecnologico 150 abitazioni per garantire la continuità delle sue produzioni.
In un tempo record, abbiamo percorso tutti insieme una strada mai battuta e, in questo modo, siamo riusciti a non bloccare le produzioni garantendo il posto di lavoro alla quasi totalità dei nostri dipendenti senza ricorrere alla cassa integrazione.
Apparentemente l’animazione dovrebbe risentire meno dell’emergenza, dal momento che non ci sono riprese dal vivo. È così?
In effetti pensavamo di risentire meno dell’emergenza con l’attivazione immediata dello smart-working che abbiamo messo in piedi.
Ma ci siamo resi conto che, nonostante il potenziamento delle nostre reti aziendali, tutto il traffico avviene comunque mediante le reti internet che in questi giorni è più sovraccaricata e rallentata, rendendo molto difficoltoso lo scambio di dati e file necessari per produrre in remoto. Inoltre, i nostri collaboratori a casa non sono soli: le scuole sono chiuse e molti di noi hanno i figli a casa; la loro compagnia può essere piacevole ma è anche una bella fonte di distrazione. Il risultato è che, in questa situazione, la produttività da casa è decisamente minore.
Siamo arrivati alla conclusione che per la stessa lavorazione, si perde dal 30% al 50% di produttività, che si traduce immediatamente in 30% al 50% di extra-costi non preventivati nei nostri piani finanziari.
Sono costi che si riflettono subito sull’azienda (anche con una produttività ridotta, alla fine del mese i costi di struttura e stipendi vanno comunque sostenuti) e la mettono di conseguenza in difficoltà finanziaria.
Inoltre, questo abbassamento della produttività ha creato un rallentamento generale della produzione e uno spostamento delle consegne al broadcaster, nel caso della produzione di serie TV, o dell’uscita dei film, che comunque non sarebbero usciti per la chiusura delle sale. Poi è arrivato il colpo finale, quello fatale, il lockdown, oltre che in Cina e in Italia, è arrivato anche negli altri paesi europei, in India e negli Stati Uniti. Sono tutti paesi con i quali siamo in coproduzione e con cui ci dividiamo le lavorazioni. Oggi, il già sofferto rallentamento delle nostre lavorazioni è aumentato in modo esponenziale con la chiusura degli studi esteri con cui lavoriamo.
A questo punto, alcuni associati hanno dovuto bloccare completamente la produzione. In un primo tempo hanno dovuto sostenere degli extra-costi per andare avanti, oggi sono costretti a fermarsi.
Quali sono le produzioni in corso/ferme?
In corso ci sono un paio di lungometraggi, tra cui il prossimo film di Alessandro Rak dello Studio Mad Entertainment, e tante serie televisive co-finanziate dalla RAI. Il film di Alessandro Rak si è fermato, mentre la produzione della maggior parte di queste serie sono rallentate e si prevede uno spostamento nelle consegne RAI. Siamo in contatto costante con Luca Milano, il direttore di Rai Ragazzi, e con il suo staff, anche loro in smart working, che ci danno un bel supporto, in particolare nello snellimento di certe pratiche amministrative. Inoltre per aiutarci nel dopo emergenza, stanno valutando nuovi progetti in sviluppo.
A proposito di sviluppo: qual è la situazione?
Ci sono diversi progetti in animazione che avrebbero dovuto partire in produzione in questi mesi e che sono stati bloccati a seguito della cancellazione o il rinvio di mercati ed eventi internazionali come il Mip TV a Cannes o Cartoons on the Bay a Pescara; seguiranno il rinvio o la cancellazione del Cartoon Digital a Cagliari e del MIFA ad Annecy, uno dei principali appuntamenti dell’anno del settore. Di conseguenza, i produttori italiani non sono riusciti e non riusciranno a chiudere accordi di coproduzione con partner esteri e a completare il loro piani di finanziamento per partire con la produzione.
L’Associazione sta sostenendo iniziative particolari ?
Devo dire che a livello associativo si è creata una forte coesione tra gli studi di animazione, tra i produttori e tra i collaboratori. Riusciamo a sostenerci a vicenda e a rimanere uniti nonostante la distanza. Siamo in continuo contatto tra di noi per monitorare l’andamento dell’insieme delle nostre attività in questo particolare momento. È importante affrontare insieme lo stato di emergenza e non sentirci isolati, ci aiuta a rimanere propositivi e a trovare soluzioni creative per la sopravvivenza del nostro comparto.
Inoltre abbiamo proposto agli associati di liberare i diritti online delle loro serie TV prodotte in questi ultimi 20 anni, in modo che la RAI possa proporle sulla sua piattaforma Rai Play.
E per il dopo emergenza?
Innanzitutto, il comparto dell’animazione italiana dovrà aspettare che tutti i paesi europei, americani e asiatici escano dall’emergenza per poter ripartire in condizione normale di produzione. Secondo le nostre previsioni, non avverrà prima di gennaio 2021.
Devo dire che siamo un po’ preoccupati per questo dopo emergenza, la domanda che ci poniamo è: chi di noi sopravviverà allo tsunami che stiamo attraversando?
La settimana scorsa abbiamo cominciato a raccogliere tutti i dati relativi alle difficoltà finanziarie incontrate da ogni singolo produttore per valutare in modo preciso il danno economico per l’intero comparto e poter proporre al governo delle soluzioni concrete, facilmente attuabili ed “economiche”, ossia non troppo costose.
Sappiamo che possiamo contare sul sostegno di Francesco Rutelli, presidente di Anica, e del Ministro Franceschini che ha sempre aiutato il nostro comparto e, anche quando pensavamo di essere stati abbandonati a noi stessi, in realtà si è dimostrato attento e presente.