direttore Paolo Di Maira

AGRODOLCE/ La soap, il territorio

di Adriana Marmiroli


L’idea è ambiziosa.
Il progetto nella sua semplicità  collaudato.
La novità  sta negli intenti: fare di una soap una scuola di cinema e un motore di sviluppo economico.
E per produrla utilizzare (anche) i finanziamenti previsti da leggi regionali ed europee che hanno come fine la creazione di attività  produttive su territori ad economia depressa, nella fattispecie legate al mondo dell’audiovisivo.


Giovanni Minoli, attuale direttore di Rai Educational, forte dell’esperienza di “Un Posto al Sole”, ideatore di una serie imponente di programmi tv, dal docu-reality “Davvero” ai vari “Mixer”, “Blitz”, “Report”, “Elisir” (è anche stato direttore di Raitre), lo ha fatto con “Agrodolce”: soap in striscia quotiodiana infrasettimanale che, collocata nel preserale di Raitre tra “Blob” e “UPaS”, racconta di un’intera comunità  siciliana, i diversi ceti, le attività  produttive, il territorio, le problematiche socio-economiche, avendo in primo piano le vicende di una ventina di personaggi le cui storie si intersecano.

L’idea ambiziosa “” didattico-economica – è quella di far diventare il centro produttivo creato a Termini Imerese (qui c’era la Fiat, una volta”¦) una scuola di formazione per nuove professionalità  tecnico-artistiche, replicando cioé quanto è avvenuto a Napoli a partire proprio da “Un posto al sole”, e contemporaneamente creare una struttura industriale radicata nel territorio destinata a non esaurirsi con la fine della produzione che l’ha generata.
Insomma non la solita toccata e fuga del cinema in location esterne.

Un progetto partito qualche anno fa, che ha convolto Rai e Regione Sicilia “” Assessorato ai Beni Culturali e Film Commission – che hanno cofinanziato l’operazione, ed è giunto a maturazione a fine 2007: primo ciak il 12 novembre, fine delle riprese a metà  dicembre 2008. In onda dall’8/9 (con uno share medio del 5%), per la prima stagione di “Agrodolce” sono previste 230 puntate da circa 30 minuti l’una realizzate con un investimento di 24 milioni di euro (circa 108mila a puntata).
A dicembre, poi, si inizierà  a ragionare sul futuro, non tanto in termini produttivi che paiono certi, quanto di linea narrativa, sviluppo delle storie e dei personaggi, nuovi temi da affrontare.
In questi mesi “” comparse e indotto escluso “” hanno lavorato stabilmente alla soap circa 150 persone.
Tre le unità  produttive in campo “” esterni, interni, mista “” impegnate a ruotare sul lavoro di 4 registi attivi contemporaneamente alternandosi ciascuno su blocchi di 5 episodi (tempi di lavorazione: 1 settimana per ogni fase di preparazione, riprese in esterni, interni, montaggio-postproduzione).
«Se fino all’inizio della messa in onda a Termini vivevamo in una specie di splendido isolamento, guardati un po’ come degli estranei dalla gente del posto, ora l’atteggiamento è molto cambiato, c’è curiosità , calore», dice Reneé Cammarata della produzione.


Le polemiche, comunque, non sono mancate: critiche anche aspre all’utilizzo improduttivo di fondi pubblici per un’attività  futile qual è la fiction televisiva (quando invece i finanziamenti al cinema, in quanto “padre nobile”, non vengono in genere mai mesi in dubbio) e alla qualità  del prodotto, prima ancora se ne vedesse unsolo fotogramma (un a priori che discendeva dalle valutazioni sul genere in quanto tale). Qualcosa di simile a quanto si è visto poche settimane dopo accadere in Spagna circa i finanziamenti dati dalla città  di Barcellona e dalla Regione catalana a Woody Allen per “Vicky Cristina Barcelona”.


Creazione di un polo cinematografico che favorisca l’arrivo sul territorio di ulteriori produzioni audivisive, sviluppo di nuove professionalità , crescita dell’indotto, espansione del turismo a partire dalle località  in cui la fiction è ambientata.
Non poco per una soap.


«Sono riuscito a coinvolgere lo Stato attraverso il Ministero dell’Industria e dell’Economia “” spiega Giovanni Minoli – perché grazie anche ai finanziamenti Cee destinati a iniziative imprenditoriali in aree economicamente depresse, si creasse una moderna industria della fiction seriale: prodotti locali per il mercato globale.
Si tratta di posti di lavoro veri, non sovvenzionati e sterili: al momento la quasi totalità  delle persone che vi lavorano è di provenienza locale, come i 2/3 dei protagonisti e la maggior parte degli attori coinvolti.
Per promuovere il territorio, inoltre, almeno il 40 per cento delle riprese è avvenuto in esterni: tantissimo per una soap, fondamentale per i nostri fini, ottimo per la qualità , di tipo cinematografico, del prodotto. Abbiamo firmato una convenzione di tre anni con la Regione Sicilia».


All’origine del progetto una promessa mantenuta.
«Avevo un debito di riconoscenza con Elvira Sellerio: quando era nel cda Rai mi aiutò con “Un Posto al Sole”.
Fu l’unica, quando non ci credeva nessuno. Mi chiese e le promisi di fare altrettanto in Sicilia. Una cambiale aperta che ho saldato». Prosegue poi puntualizzando: «Non parlerei di soap o di fiction, ma di un grande romanzo popolare.
Ci sono due protagoniste al centro della narrazione, ma in realtà  è la città  che fa loro da sfondo a essere il cuore di “Agrodolce”.
E il racconto è corale».

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