direttore Paolo Di Maira

AFIC / I Festival, Agorà dei Territori

“Noi a volte andiamo ai festival anche contro voglia, e poi finiamo per innamorarci di quei luoghi e per volerci lavorare. E’ successo con il Noir in festival di Courmayer, dove poi abbiamo deciso di costruire la storia di Diabolik. Abbiamo girato anche nelle sale dove si facevano gli incontri del festival.”

L’intervento dei Manetti Bros durante l’incontro organizzato da AFIC “Spazio ai festival: quali nuovi territori?”,  ieri, 18 marzo alla Casa del Cinema di Roma, evidenzia quanto il rapporto di promozione fra festival cinematografici e territori sia un interrotto circolo virtuoso che continuamente e si autoalimenta, come ha sottolineato la presidente dell’Associazione dei Festival Italiani di Cinema, Chiara Valenti Omero in apertura della presentazione dei risultati del progetto dedicato al fondamentale ruolo svolto dai festival cinematografici nella promozione e valorizzazione del territorio, che AFIC ha realizzato con il supporto della Direzione Generale Cinema e Audiovisivo del Mic. 

Anche lo scrittore e regista Donato Carrisi, ricorda il direttore della Casa del Cinema, Giorgio Gosetti, si è fatto conquistare dal Noir in Festival, nella sua nuova sede di Como: “appassionato di festival di gialli, è sbarcato a Como per il Noir in Festival e ha deciso poi di ambientare il suo nuovo film, che vedremo fra poco, proprio lì: in questo momento è diventato il suo più grande sponsor.”

E’ dunque particolarmente felice la definizione coniata da Cristina Priarone, presidente di Italian Film Commissions, di festival come” agorà virtuose, dove le cose emergono prima che altrove. Non solo in senso romantico, ma anche culturale e industriale, sono il luogo dove, ad esempio, un regista può trovare un produttore, e un produttore un co-produttore” A questo proposito, è significativo che il 66,6% dei festival presi in esame organizzi in parallelo un evento industry.

“E se un territorio può molto giovarsi di un festival, – continua Priarone -altrettanto importante può essere il ritorno che il territorio dà alle manifestazioni in termini identitari e di caratterizzazione.”

Tre esempi illuminanti di questo, anche se non italiani, sono la Berlinale, (tanto che, “nell’edizione dello scorso anno, svoltasi online, abbiamo comunque portato le proiezioni dei film del festival nei diversi quartieri della città, sfruttando le arene estive” ha detto il suo direttore Carlo Chatrian), il Festival di Locarno (che da piccola manifestazione è diventato l’evento internazionale che è oggi anche grazie alla sua leggendaria piazza, che lo rende un “festival di pubblico, ma anche un formidabile test per verificare la tenuta di un film da parte dei sales agent” nota il direttore Giona Nazzaro), e quello di Karlovy Vary, “una Woodstock del cinema negli anni 90, con i ragazzi che si accampavano con il sacco a pelo per seguire i film che rappresentavano il ponte fra l’Est e l’Ovest. Questo lavoro di ridefinizione del festival, che è stato fatto all’indomani della caduta del comunismo, e a cui ha dato un contributo fondamentale Eva Zaoralová, è stato fondamentale per ancorare la manifestazione al territorio” ha spiegato Karel Och, ricordando la allora storica direttrice del festival, recentemente scomparsa.

Il contributo della presidente di Italian Film Commissions si ritrova, più articolato, in apertura del Libro Bianco che raccoglie i risultati dello studio che ha coinvolto 72 festival italiani, e che a breve sarà pubblico sul sito di AFIC, spiega Joana Fresu de Azevedo, che ha curato il lavoro e ne ha illustrato i punti principali.


Quello che lega festival e film commission è un legame forte e crescente, lo confermano i dati: il 26,8% dei festival interpellati ha come riferimento una film commission, e il 22,2% viene finanziato direttamente da esse. Un dato, quest’ultimo, che non tiene conto degli altri tipi di sostegno non finanziari ma altrettanto importanti, in termini di agevolazione dei rapporti con il territorio o promozione attraverso i propri canali: “si deve considerare che non tutte le film commission hanno linee di finanziamento per la promozione cinematografica” spiega Priarone.
Lo studio rivela, inoltre, che sono molto più numerosi i festival finanziati dalle Regioni (l’80,6%) che quelli sostenuti dai propri comuni di appartenenza (60,5%).

Priarone sottolinea, infine, la sintonia fra il lavoro caleidoscopico dei festival e quello delle film commission, “che parte da alcune coordinate e poi si moltiplica: ci occupiamo entrambi anche di formazione, creatività, nuove istanze, ecologia. Nella nostra associazione abbiamo dato vita ad un gruppo di lavoro dedicato ai festival, così come abbiamo un gruppo specifico per i festival anche nel tavolo di lavoro presso la DG Cinema”.

E sempre su questa linea, i Manetti hanno raccontato come oltre ai festival siano proprio le film commission gli altri attori che li hanno fatti diventare produttori raminghi, che hanno scelto di lavorare nei luoghi di cui via via si innamoravano, come Trieste: “che conoscevamo già ma che la cura della film commission nell’accompagnarci ci ha fatto vedere i posti con altri occhi.” O Napoli, “che abbiamo amato proprio squisitamente per i suoi luoghi, tant’è vero che ci abbiamo girato due film quando la film commission ancora non esisteva”.
O Bologna, la loro Cinecittà: “che per Diabolik abbiamo usato per girare gli interni, proprio negli uffici dell’Emilia Romagna film commission, alla quale ci lega un rapporto molto proficuo. La sua sede, nelle torri Kenzo, era particolarmente adatta, nel piazzale abbiamo ambientato anche una scena di sparatoria.” E la presenza dei locali della film commission aumenterà nei prossimi due capitoli della saga, assicurano i Manetti, che a Bologna hanno appena girato Diabolik 2 e 3.

Il progetto Spazio ai festival: quali nuovi territori?” è stato realizzato da luglio a dicembre 2021 e ha visto il coinvolgimento di un tavolo di lavoro composto da: Porretta Cinema, Corto Dorico, Cinemambiente, Animaphix, Figari Film Fest, Sguardi Altrove Film Festival, Ischia Film Festival, e dalle persone di Claudia Maci Luciano Schito (per Apulia Film Commission).

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