Adrian Ward è un banchiere “amico del cinema”, e, come dice nell’intervista, uno dei pochi rimasti.
Lavora alla Pacific Mercantile Bank, di cui è vice-Presidente con la delega per tutto il settore “entertainment”, il cui cuore è a due passi dagli uffici di Ward, nel quartiere di Century City a Los Angeles. Adrian Ward ha una conoscenze diretta e profonda del mondo del cinema, anche e soprattutto di quello indipendente, che ha contribuito a finanziare per oltre 25 anni.
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Quale è il ruolo delle banche nel finanziamento dei film e come è cambiato dal 2008?
Per 25 anni ho lavorato nel campo del finanziamento del cinema per le banche, e ovviamente in questo periodo ci sono stati molti alti e bassi. Quando ho iniziato c’erano 20, 30 banche in tutto il mondo, e alcune in Europa.
Oggi invece ce ne saranno una decina, dodici, e tra queste 3 o 4 che danno finanziamenti al cinema indipendente e tutte in Nord America. Ci sono alcune banche regionali in Europa, ma non al livello di una volta.
C’è la banca francese, quella britannica, ma la maggior parte è concentrata a Los Angeles.
E’ diventato un business molto più specializzato, per molte ragioni. Una di queste è sicuramente quello che è accaduto fra il 2008 e il 2009: quando molte banche non avevano esperienza, il mercato è cambiato e hanno perso soldi. Per questo molte banche hanno deciso di uscire dal business dell’entertainment.
Vuoi dire che restare all’interno del business oggi richiede una conoscenza molto più approfondita del funzionamento dell’industria?
Assolutamente, bisogna portarsi ad un altro livello, capire cos’è oggi il mercato e come funziona, conoscere le persone che ci lavorano, non solo i produttori, ma anche gli agenti di vendita, i distributori esteri, capire i dettagli.
Per questo c’è un numero molto ridotto di banche che concedono prestiti alla produzione, e un numero più alto, invece, di banche che prendono parti di accordi sindacali perché ciò richiede meno conoscenza.
Quanto è diventata importante la componente estera (venditori esteri, agenti di vendita stranieri e internazionali) nel business del finanziamento al cinema? E’ corretto dire che il business è diventato più “internazionale”, e quindi non basta più conoscere solo cosa succede negli Stati Uniti?
Si, sicuramente. Dipende dal tipo di film, ma in generale i mercati internazionali hanno più valore per un film rispetto ai diritti domestici.
Per questo è fondamentale conoscere il valore dei diritti di distribuzione internazionale, specialmente nel caso dei film indipendenti.
Ci sono sempre più segnali di un’importanza crescente della Cina nel business del cinema globale. Hai esperienza diretta di questo?
Si, ovviamente la Cina ha fatto molti progressi nell’integrazione verso il business globale dell’entertainment. Ad un livello molto alto, si vedono acquisizioni significative, da parte di società cinesi, di altre società dell’entertainment, statunitensi e non.
Ma se parliamo di singoli produttori indipendenti, è molto difficile avere un vantaggio in un mercato così vasto.
Non dobbiamo scordare che la Cina è ancora un mercato chiuso per molti film.
Ma la Cina sta anche guardando sempre più al di fuori dei suoi confini, con investimenti in società di entertainment straniere, quindi la speranza è che questa situazione cambierà.
Come descriveresti il ruolo dei nuovi servizi di streaming quail Netflix, Hulu, iTunes, nel finanziamento al cinema?
E’ un ruolo molto importante, direi cruciale.
Non è solo un grande passo in avanti nell’avanzamento tecnologico dell’industria, ma anche per il sostengo della distribuzione e del finanziamento di molti film e serie Tv.
Netflix è sulla scena da un bel po’, ed ha una grossa fame di prodotti, molti produttori ci stanno già facendo affari. Poi c’è Amazon, con un sempre maggiore potere di acquisto, e altri players come Hulu. E’ un’importante evoluzione del mercato.