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direttore Paolo Di Maira

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Confini, conflitti e legami familiari: dal 16 al 24 gennaio la 36° edizione

Si svolgerà dal 16 al 24 gennaio il 36. Trieste Film Festival, diretto da Nicoletta Romeo, e si aprirà con un autore ben noto al festival e al suo mercato audiovisivo When East Meets West: Peter Kerekes, che ‘riporterà a casa’ il suo esilarante documentario Wishing on a star, che ha esordito alla Mostra di Venezia, distribuito ora da Lab 80), ma il cui percorso era iniziato proprio da Trieste, vincendo l’edizione 2017 di WEMW.

Una seconda apertura, il 20 gennaio, al Politeama Rossetti, è affidata all’anteprima italiana de Lo Spartito della Vita (Sterben) di Matthias Glasner, comedy-drama tedesca presentata alla Berlinale (presto in sala in Italia con Satine Film), ironica e graffiante, sul rapporto tra affetti e morte in una famiglia disfunzionale eppure ancora viva.

Lo Spartito della Vita

Quello delle famiglie, disfunzionali, messe alla berlina o rifugio, allargate, ricomposte o queer, è uno dei temi forti della programmazione di quest’anno, composta da 130 film, tra anteprime italiane ed eventi speciali, concorsi internazionali e sezioni tematiche, che indagano e incontrano la realtà oltre i confini, l’immaginario apolide di un mondo in fermento, in cerca di presente e futuro, per ricostruire il recente passato degli anni Novanta nei Paesi balcanici. 

Rapporti familiari e ricerca di nuove possibilità sono al centro anche dell’evento di chiusura, con la prima nazionale di Crossing di Levan Akin (prossimamente nei cinema italiani con Lucky Red), viaggio dalla Georgia alla Turchia, incontro inaspettato con il mondo queer. 

Crossing (@Lisabi Fride)

Ci sarà l’anteprima italiana di The invasion di Sergei Loznitsa che, dieci anni dopo l’uscita del suo film epico Maidan, continua le sue cronache ucraine e documenta la lotta del suo Paese contro l’invasione russa, il nuovo lavoro del Premio Oscar Danis Tanović My Late summer.

Ampio spazio alla Romania con miglior film a Venezia Orizzonti 2024, The new year that never came di Bogdan Mureşanu, commedia corale e dolce-amara sull’orlo della rivoluzione nella Romania del 1989, dove sei vite si incrociano tra proteste e lotte personali, portando alla caduta di Ceaușescu e del regime comunista. Dalla Romania post-socialista, attinge Eight Postcards from Utopia di Radu Jude – presente nella sezione Romanian experimental cinema programme: Expanded – tra le ultime trovate del regista rumeno, documentario di found-footage assemblato esclusivamente con pubblicità di quel periodo storico, era di transizione, rimbalzando tra poesie ritrovate e un’enciclopedia obsoleta, tra trash art e mitologia capitalista (in collaborazione con il filosofo Christian Ferencz-Flatz). Fra i sette titoli del Concorso Internazionale in anteprima italiana c’è poi il Candidato dalla Romania agli Oscar, passato in concorso a Cannes, Three Kilometres to the end of the world di Emanuel Pârvu (distribuito in Italia da Academy Two), dove protagonista è Adi, 17enne nel villaggio natale nel Delta del Danubio, quando viene brutalmente aggredito per strada e si incrina l’apparente tranquillità della sua vita.

Feketepont


Molte le famiglie in Concorso: quella cecoslovacca, tradizionale, di Mord (Our Lovely Pig Slaughter) opera prima di Adam Martinec, alle prese con l’uccisione del maiale in una vecchia fattoria; quella benestante, che conduce una vita di facciata (che verrà sconvolta) di Family Therapy di Sonja Prosenc, candidato sloveno agli Oscar (distribuito in Italia da Emera Film); quella in ricomposizione di Kyuka – Before summer’s end di Kostis Charamountanis: viaggio di maturazione con una famiglia di tre persone, un padre single e i suoi due figli gemelli sulla soglia dell’età adulta, che salpano per le vacanze sull’isola di Poros, dove a loro insaputa incontrano la loro madre naturale che li ha abbandonati. In Concorso anche il vincitore del Festival di Locarno di quest’anno, Toxic di Saulė Bliuvaitė, e Fekete pont (Lesson Learned) di Bálint Szimler, Pardo per la migliore interpretazione  a Anna Mészöly e menzione speciale Concorso Cineasti del presente: riflessione sul sistema scolastico ungherese oggi in crisi (e girata senza il sostegno del governo di Budapest), un sistema oppressivo sfidato dalla giovane insegnante Juci. 

FamilyTherapy

Due i documentari romeni fra i 10 in Concorso: Alice on & off di Isabela Tent, girato nell’arco di dieci anni, storia della sedicenne Alice, che diventa madre di Aristo, dal rapporto con Dorian, più grande di lei di 35 anni, e Tata di Lina Vdovîi e Radu Ciorniciuc, girato anche in Italia, ritratto crudo di una famiglia bloccata tra lavoratori migranti e violenza domestica. Sembra legato all’Italia, visto il titolo e il tema (ma non lo è) Termini con cui la regista lettone Laila Pakalniņa osserva il continuo movimento tra le persone che entrano ed escono dal campo visivo sul trasporto pubblico. Dalla Lettonia arriva anche To be continued. Teenhood firmato dal duo Ivars Seleckis e Armands Začs, che per sette anni segue cinque bambini in diverse parti della Lettonia.
Torniamo al mondo dei trasporti con il film vincitore all’IDFA 2024 Trains di Maciej J. Drygas, ritratto collettivo in bianco e nero delle persone del ventesimo secolo realizzato esclusivamente con materiali found-footage, tra i vagoni del treno e le stazioni ferroviarie.
Nominato agli EFA nelle categorie di Miglior film e Miglior documentario è In Limbo di Alina Maksimenko, storia di una famiglia ucraina catapultata nel conflitto con la Russia, che dovrà prendere drammatiche decisioni per sopravvivere.

Fuori Concorso, I diari di mio padre di Ado Hasanović, che dai video-diari realizzati dal padre indaga sul suo passato a Srebrenica, cercando di capire come sia riuscito a sopravvivere all’atroce genocidio. Due documentari legati a Trieste: C’era un comico di nome Cecchelin di Alessio Bozzer, ritratto del geniale e istrionico comico Angelo Cecchelin, diventato un vero e proprio divo tra i triestini, e Noi siamo gli errori che permettono la vostra intelligenza di Erika Rossi, omaggio all’attore e regista Claudio Misculin, scomparso improvvisamente nel 2019, che nei primi anni Settanta ha dato vita all’Accademia della Follia, la compagnia teatrale creata negli spazi dell’ex Ospedale psichiatrico di Trieste. É autobiografico Mother and Daughter, or the Night Is Never Complete di Lana Gogoberidze co-diretto da Salome Alexi, incontro tra tre generazioni di madri e figlie alla scoperta della prima regista donna della Georgia.

A proposito di donne registe, la sezione Wild Roses, curata dal regista Stefan Ivančić, produttore e membro del comitato di selezione del Festival di Locarno, quest’anno presenta 11 titoli di registe della Serbia contemporanea. Tra le protagoniste, le cineaste Iva Radivojević con il suo When the phone rang, lungometraggio che l’ha posta sotto i riflettori internazionali grazie alla menzione speciale ricevuta all’ultimo Festival di Locarno, e Emilija Gašić con il suo ultimo lavoro 78 days, presentato in anteprima mondiale al Festival di Rotterdam e già vincitore di numerosi premi in festival europei.

I film italiani che concorrono per il Premio Corso Salani sono: l’anteprima assoluta de Il canto di Alina di Ilaria Braccialini e Federica Oriente, girato in parte in Friuli Venezia Giulia; l’anteprima europea di Charlotte, una di noi di Rolando Colla che immortala una donna schizofrenica alle prese con una decisione importante: vivere la sua vita in modo autonomo; Song of All Ends di Giovanni C. Lorusso, spaccato di una famiglia nel campo profughi libanese di Shatila a Beirut, dopo la terribile esplosione del porto, Terra incognita di Enrico Masi, documentario sul rapporto tra uomo e transizione energetica post-atomica, e Anime galleggianti di Maria Giménez Cavallo, viaggio nelle mistiche terre sarde ispirato alle Metamorfosi di Ovidio.

Unico Cortometraggio italiano in un Concorso che vede 16 titoli innovativi e sorprendenti, è Majonezë di Giulia Grandinetti, spaccato di un atto di ribellione verso strette regole rigide familiari. Troviamo inoltre film già vincitori di importanti premi internazionali come The man who could not remain silent di Nebojša Slijepčević, Palma d’Oro al Miglior Corto a Cannes 2024 e vincitore EFA, che racconta i tristi fatti di Štrpci del 1993, quando 24 bosniaci musulmani furono uccisi dal gruppo paramilitare serbo delle Aquile Bianche, e Hymn of the plague del collettivo Ataka51, che si è aggiudicato il premio Pardi di Domani a Locarno, o Truth of Dare della rumena Simona Borcea, ritratto di due sorelle adolescenti, che ha vinto nel 2024 il Transilvania International Film Festival.

Infine, a ottant’anni dalla fine del secondo conflitto mondiale, il festival presenta la retrospettiva 1945. La guerra è finita? Traumi, rovine, ricostruzione, a cura di Francesco Pitassio, un percorso cinematografico declinato in 19 proiezioni, tra cui pellicole inedite,volto a mappare da più punti di vista un periodo così controverso e complesso come quello del dopoguerra. La sezione si concentrerà nelle giornate del 20 e 21 gennaio al Teatro Miela di Trieste e poi il 20 e 21 marzo alcuni titoli saranno riproposti nella città di Gorizia al Kinemax in occasione delle iniziative per Nova Gorica-Gorizia Capitale Europea della Cultura 2025




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